FEDE E RAGIONE INCONCILIABILI OPPOSTI? – (PARTE II)
L’A.T.T. (alta teologia trinitaria) è in perfetta sintonia con la T.E.A. (teoria dell’evoluzione acasuale) per mezzo della quale – tra l’altro – si dovrebbe comprendere meglio perché il neoplatonico Sant’Agostino dedicò all’analisi dei tre tempi larga parte del De Trinitate e di Confessioni
ESSERE
PADRE – FIGLIO – SPIRITO SANTO
PADRE: per la t.e.a. è archetipo/matrice del PASSATO
- Secondo l’a.t.t. il Padre presenta delle assonanze con la memoria di noi esseri umani (e.g. Agostino, De Trinitate XV.23, III);
[Per la t.e.a. il passato è un insieme di eventi-trascorsi che, contrariamente a quelli futuri, possono venire archiviati in memoria. Se paragoniamo – pur con le dovute cautele, come fece Agostino – il Padre alla memoria creiamo un’associazione tra il Padre e il passato.];
- Il Padre manifesta se stesso nel proprio Figlio incarnato (e.g. Colossesi 1.15 ed Ebrei 1.3);
[Secondo la t.e.a. il passato può manifestarsi a noi tangibilmente solo nel tempo presente non solo per mezzo dei ricordi come affermò ad esempio Agostino (Confessioni, Libro XI, 18),[1] ma anche per mezzo di echi, reperti, tracce, sedimenti rocciosi, ecc.. Questa manifestazione del passato nel presente differisce infatti a seconda del tramite in cui è avvenuta la registrazione materiale, se nelle sinapsi del nostro cervello, nelle molecole dell’aria, delle rocce, per mezzo di radiazioni, ecc.
In ambito psicologico «ogni coscienza», disse Henry Bergson, «è memoria, conservazione e accumulazione del passato nel presente» . In ambito geologico, George-Louis Leclerc, conte di Buffon dichiarò in Storia naturale [1749]: conosciamo «il passato più recente, ma anche il passato più antico attraverso il solo presente»[2]. Trattasi di una vera e propria legge universale che riguarda l’essere-nel-tempo e dunque non solo gli ambiti studiati dalla psicologia e dalla geologia. Per questa ragione il passato può venire associato al Padre che si manifesta nel Figlio incarnatosi nella temporalità del presente.]
- Il Padre genera eternamente il Figlio (e.g. Credo Niceno-Constantinopolitano, DS 150) mettendolo nella condizione di essere ciò che è (e.g. Agostino, De Trinitate II.1);
[La t.e.a. si allinea ai filosofi che hanno assegnato al passato lo status di fondamento, origine, e causa dell’accadere presente; tra costoro si veda Arthur Schopenhauer, Sulla quadruplice radice del principio di ragione sufficiente; Wittgestein, Osservazioni filosofiche; Gadamer, Verità e metodo. Nel dominio della temporalità, in effetti, ogni singola cosa trae in ogni istante le proprie dinamiche e conformazioni direttamente da quelle avute nell’istante precedente ormai parte del passato. A causa di questa caratteristica universale del tempo-presente l’intero patrimonio genetico viene ereditato dalle generazioni passate e non da quelle future. Premesso che il termine generare significa dare origine e/o vita a un essere della stessa specie e che il passato e il presente, pur essendo diversi, appartengono alla stessa specie (tempo), si può ragionevolmente affermare che il passato genera il presente mettendolo nella condizione di essere quello che è. Restando in ambito psicologico Paolo Taroni affermò che «senza memoria non ci sarebbe nemmeno consapevolezza» . [3] Si tratta di un commento al pensiero di Bergson il quale scrisse «Non vi è coscienza senza memoria»,[4] perché «la nostra intera vita passata condiziona il nostro stato presente».[5]
Per tutte queste ragioni, possiamo associare il Padre e il Figlio rispettivamente al passato e al presente visto che la generazione e l’identità di quest’ultimo è opera del passato, fondamento, origine, e causa dell’accadere presente.]
DALLA NOSTRA PROSPETTIVA TEMPORALE
un evento è ormai parte del PASSATO dopo essere stato dapprima FUTURO e poi fuggevolmente PRESENTE
FIGLIO: per la t.e.a. è archetipo/matrice del PRESENTE
- Secondo l’a.t.t. il Figlio è definito Alpha e Omega, cioè inizio e fine (e.g. Apocalisse 1,8 e Clemente Alessandrino, Stromata, IV, 25)
[Per la t.e.a. il presente è un insieme cronologico di istanti e ogni istante può essere definito alpha e omega perché l’istante è a tal punto fuggevole che l’inizio e la fine coincidono in esso. Questa compresenza di alpha e omega in ogni singolo istante rende possibile associare il presente (e il divenire) al Figlio. La fugacità dell’istante presente è infatti un misto di essere e non-essere e questa sua ambivalenza è l’essenza del divenire. Del resto «il non essere, ciò che non è mai, è sempre tale senza il contrario, così come il contrario, ciò che è sempre, non è mai tale senza il non essere. […è una legge universale come il fatto che…] Non si può arrivare a gioire pienamente del bello, se ancor prima non si è condiviso il suo terribile vuoto derivante dal suo esatto contrario: il brutto, la stortura, il difetto, l’errore» Piccioni Un Angelo d’oro (1996). Non è forse vero che anche grazie al deserto noi amiamo l’acqua e ne apprezziamo appieno il valore? Il fuggevolissimo istante perciò non è solo la diade “alpha e omega” ma può esprimere in sé tutte le diadi (“nascita e morte”, “pace e guerra”, “verità e falsità”, “fame e sazietà”, “bellezza e bruttura”, ecc). Non sono proprio questi contrasti gli stimoli più potenti appassionanti e struggenti per ravvivare l’amore, il desiderio, il dialogo, ecc.?
- Il Figlio è associato all’Intelletto e alla luce e procede, per via di generazione, dal Padre, il quale, come abbiamo già visto è paragonabile alla memoria (e.g. Agostino, De Trinitate XV, 23; Giovanni 8:12; Marco 15,39; Credo Niceno-Constantinopolitano, DS 150)
[Tutto ciò che produce calore (come ad esempio le radiazioni luminose e la stessa attività cerebrale) rientra nell’ambito della termodinamica e definisce la freccia del tempo procedente dal passato verso il futuro. In altre parole, poiché sia la luce sia l’attività cerebrale rientrano nell’ambito della termodinamica, definiscono entrambe il presente e non hanno origine nel futuro ma nel passato. Tenendo conto di ciò, colgo per mezzo della t.e.a. ulteriori assonanze tra il Figlio e il presente da un lato e il Padre e il Passato dall’altro.]
- Per mezzo del Figlio sono state create tutte le cose e in Lui tutte le cose sussistono (e.g. Colossesi, I, 16; I, 17)
[Nella dimensione temporale il presente non scorre ovunque allo stesso ritmo come Galileo e Newton insegnavano. La teoria della relatività di Einstein ha cancellato in un colpo le loro idee intuitive sul tempo presente: ha mostrato che nell’universo il ritmo con cui il presente procede ha velocità differenti a seconda della quantità di materia e di moto. Nell’ambito di questa rete di evoluzioni locali collegate tra loro in modo complesso, molti fisici, neurologi e filosofi ritengono che l’istante presente sia l’unico nel quale qualcosa possa esistere e manifestarsi: materia, spazio, sensazioni, pensieri, qualsiasi registrazione o memoria del passato e qualsiasi aspettativa per il futuro. Come afferma il neoplatonico Agostino (Confessioni XI, 20), senza il presente la nostra psiche non conoscerebbe i tre tempi. [6] Secondo la t.e.a. il fatto che nel tempo qualcosa possa esistere solo nel presente rende quindi possibile associare quest’ultimo al Figlio, la divina Persona più idonea a incarnarsi in un corpo.]
- Il Figlio è il mediatore tra Dio e l’uomo e conseguentemente tra l’eternità e il tempo, tra l’immobilità e il dinamismo. (e.g. 1 Timoteo 2:5: «Infatti c’è un solo Dio e anche un solo mediatore tra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo»)
[Secondo la t.e.a. il presente è un tempo doppiamente votato alla mediazione: da un lato è mediano tra il passato e il futuro, dall’altro (come evidenziato nel paragrafo sottostante) è mediano tra il tempo e l’atemporalità. Quindi la divina Persona più indicata a mediare tra l’eternità atemporale e la temporalità del presente è senz’altro colui che, come abbiamo visto, incarna le caratteristiche fondamentali del tempo-presente, cioè il Figlio, mediano tra il Padre e lo Spirito Santo, così come il presente è mediano tra il passato e il futuro.].
DALLA NOSTRA PROSPETTIVA TEMPORALE
un evento sta accadendo ora qui nel PRESENTE se, dopo essere stato FUTURO, è in procinto di trasformarsi per sempre in PASSATO
SPIRITO SANTO: per la t.e.a. è archetipo/matrice del FUTURO
- Secondo l’a.t.t. lo Spirito Santo è associato con la profetica abilità di vaticinare gli eventi e ha una relazione speciale con la santità, l’amore e la perfezione (e.g. 1 Corinzi 14.3, afferma che tra i bei doni dello Spirito Santo quello della profezia è il più importante. Vedere anche 1 Corinzi 12.9; 1 Tessalonicesi 5.19-21. Nel Credo Niceno-Constantinopolitano (DS 150) leggiamo che lo Spirito Santo ci ha parlato “per mezzo dei profeti”; San Basilio definì lo Spirito Santo come un “Potere Santificante” (Epistolario 214.4) inoltre la santità nella prospettiva cristiana è la perfezione dell’amore, vedere ad esempio Romani 5,5; Dominum et Vivificantem, n. 10.)
[Su questi punti la t.e.a. afferma quanto segue:
Premesso che l’atemporalità e l’aspazialità di molti fenomeni subatomici, come ad esempio la correlazione quantistica, hanno spinto anche altri ricercatori contemporanei tra i quali il fisico Julian Barbour (La fine del tempo, 2003) e il filosofo del MIT Bradford Skow (Becoming objective, 2015) a dar credito al concetto di eternità immobile di Platone; premesso anche che agli inizi del secolo scorso, Freud trovò tracce di atemporalità nei processi del sistema inconscio[7] e premesso, infine, che più di recente la biologia quantistica, sta accumulando ogni giorno di più informazioni su come le correlazioni quantistiche attivino determinate reazioni chimiche nelle cellule celebrali; ebbene, ciò premesso, si fa sempre più imperativo rispondere alla seguente domanda:
se (come sembrerebbe da questi indizi) l’atemporalità esistesse davvero quali conseguenze comporterebbe?
Tanto per cominciare se la platonica simultaneità-eterno-temporale esistesse e si relazionasse ai tre tempi (dei quali, peraltro, è matrice), si avrebbe una lunga catena di logiche conseguenze: in primis la possibilità di una conoscenza immediata, simultanea, atemporale ed eterna di ciò che nella dimensione temporale noi convenzionalmente chiamiamo “futuro”. Se la vaticinazione esistesse la sua origine sarebbe infatti da rintracciare proprio in quel medesimo Essere che – Platone[8] prima, e i cristiani[9] dopo – hanno descritto come partecipe, sia dell’eternità immobile sia della caducità del presente. Chiunque abbia libero accesso a entrambe le dimensioni può infatti vaticinare-azzeccare non solo – ad esempio – la vincita di ogni superenalotto, o l’insorgenza dei terremoti o la caduta di piante, fulmini, lampadari, ecc. ma anche la soluzione di un qualunque problema risolvibile; per una disamina sui nessi logico-deduttivi per mezzo dei quali riconduco la divina INFALLIBI LITÀ alla VATICINAZIONE rimando i lettori alle voci n° 5, 6 e 12 delle appendici che ho allegato al romanzo filosofico Di dominio pubico edizioni Ensemble, 2023. Qui ho lo spazio appena sufficiente per dire che:
- tra chi avrebbe il dono della vaticinazione e chi non l’avrebbe, vi sarebbe una differenza abissale perché (anche supponendo che entrambi desiderino agire senza sbagliare), solo uno è soggetto agli im-pre-visti e, di conseguenza, alle sviste e agli errori, realizzando in ritardo, cioè a posteriori, di esserne stato al contempo artefice e vittima;
- sia negli scritti di Platone, sia nel Nuovo Testamento la parola “peccato” è la stessa di “errore”; si riferisce a una persona che, attraverso un errore commesso sul piano etico e morale, si allontana dall’unica autentica possibilità di star bene sia prima sia dopo la morte;
- analizzando ciò che dalla vaticinazione consegue, si arriva, con un ragionamento ipotetico-deduttivo, a due paradossi il cui logico scioglimento non si limita solo a ridefinire l’infallibilità in senso platonico, ma ne illumina razionalmente l’intrinseco “potere santificante” che induce il vaticinante alla più alta espressione dell’etica, della felicità e dell’amore. Tutto ciò, in conclusione, spiega anche il nome “Spirito Santo” assegnato alla Persona che, nella Trinità, è più strettamente associata alle visioni profetiche / vaticinanti e di conseguenza al futuro.]
DALLA NOSTRA PROSPETTIVA TEMPORALE
un evento è ancora FUTURO se, prima di trasformarsi per sempre in PASSATO, è in attesa di diventare per un istante PRESENTE
[1] «Così la mia infanzia, che non è più, è in un tempo passato, che non è più; ma quando la rievoco, vedo la sua immagine nel tempo presente, poiché sussiste ancora nella mia memoria». Agostino, Confessioni, Libro XI, 18.
[2] Henry Bergson, Coscienza e vita [1911], in Il cervello e il pensiero, trad. It Marinella Acerra. 1990, Roma: Editori Riuniti, p. 8. Nella produzione di Bergson l’idea che il passato lasci nel presente una miriade di tracce durevoli e più o meno evidenti è attestata anche in Introduzione alla metafisica; Materia e memoria; Simbolismo. Analoghe idee si rintracciano in molti altri autori, vedere ad esempio ne Il processo e la realtà e Avventure di idee di Withehead e nel Progetto di continuazione per la costruzione del mondo storico nelle scienze dello spirito di Wilhelm Dilthey
[3] Paolo Taroni, Filosofie del tempo, Il concetto del tempo nella storia del pensiero occidentale Milano – Udine: Mimesis Edizioni, p. 378.
[4] Henry Bergson, Introduzione alla metafisica [1903], trad. it Francesca Sforza. 1934, in Pensiero e movimento, p. 168.
[5] Henry Bergson, Materia e memoria [1896], trad. It Adriano Pessina. 1996, Roma – Bari: Laterza, p. 125.
[6] Agostino, Confessioni, XI, 20: «È inesatto dire che i tempi sono passato presente e futuro. Forse sarebbe esatto dire che i tempi sono: presente del passato, presente del presente e presente del futuro. Queste tre specie di tempi esistono in qualche modo nell’animo e non le vedo altrove: il presente del passato è la memoria, il presente del presente la visione, il presente del futuro l’attesa».
[7] Sigmund Freud, 1915, Opere, viii. o.
[8] Platone, Parmenide, 155D:
«Tuttavia, poiché l’Uno partecipa del tempo e del divenire più vecchio e più giovane, non è necessario che partecipi anche del prima, del poi, dell’adesso, se partecipa del tempo?».
«Necessario».
«Allora, l’Uno era, è e sarà, diveniva, diviene, e diverrà».
[9] Oltre a quanto affermato nell’Apocalisse di Giovanni, 1, 8, «Colui che era, che è e che viene!» qui basti citare la partecipazione al tempo della seconda persona della Trinità, ovvero Gesù.