IN PRINCIPIO ERA IL LOGOS – CRISTO, LA NEGAZIONE, L’AMORE

Estratto da In principio era il «Logos» e il «Logos» si fece carne. Hegel commenta il «Prologo» giovanneo, di Antonio Pirolozzi ETS, Pisa 2021,
Le lezioni del 1824 aggiungono ulteriore materiale interpretativo sulla morte Dio. Ciò che risalta all’occhio del lettore è la familiarità tra il discorso hegeliano e il dialogo Cur Deus homo di Anselmo d’Aosta. Nel Cur Deus homo Anselmo avvia la sua argomentazione muovendo dal peccato originale, evento che macchia tutta l’umanità. Certo, l’uomo peccatore può essere perdonato da Dio, ma la stessa misericordia divina non è sufficiente a togliere le conseguenze del peccato nel mondo. Il peccato è un ordine che è stato infranto oggettivamente, e affinché sia restituito l’ordine assoluto di Dio (la rectitudo) occorre una soddisfazione (satisfactionem), come avviene in ogni giusto rapporto tra gli uomini. L’uomo però deve soddisfare un’offesa infinita, e non è in grado di farlo. Dio potrebbe riparare questa mancanza, ma non è Dio che deve farlo. Di qui la necessita dell’incarnazione del Verbo, di una Persona che è nella condizione insieme di poter dare la soddisfazione, in quanto Dio, e di dover dare la soddisfazione, in quanto uomo. Solo con la propria morte Cristo, il Dio-uomo, può dare finalmente la soddisfazione, in quanto questa morte è un atto assolutamente libero e gratuito che trascende l’universo stesso della creazione, e come tale non è richiesto da Dio-Padre. Il Verbo ha perciò assunto la nostra natura umana, per restaurare l’ordine che Adamo aveva rotto con il peccato. Per Anselmo la necessità dell’incarnazione è ordinata alla morte in croce, ed è dunque ordinata alla soddisfazione del Padre. Hegel, attento lettore di Anselmo, rivoluziona la tesi del Cur Deus homo. Infatti, venendo meno le Persone trinitarie, Hegel interpreta la soddisfazione divina come appagamento della divinità con se stessa:
In questa morte si è data la soddisfazione a Dio [In diesem Tode ist damit Gott genug getan]. Dio non può essere appagato da qualche altra cosa, ma solo da se stesso [sondern nur durch sich selbst]. L’appagamento è che il primo elemento, l’immediato viene negato; solo allora egli perviene alla pace con se stesso, solo allora è posta la spiritualità [Die Befriedigung ist, daß das Erste, Unmittelbare, negiert wird; dann kommt er erst zum Frieden mit sich selbst, dann ist erst die Geistigkeit gesetzt]. Dio è il vero Dio, è spirito, nella misura in cui egli non è solo padre e quindi chiuso in sé, ma nella misura in cui è figlio, diventa altro e lo toglie [Gott ist der wahre Gott, Geist, indem er nicht bloß Vater und so verschlossen ist, sondern indem er Sohn ist, das Andere wird und dies aufhebt]. Questa negazione è intuita come momento della natura divina, in cui sono tutti conciliati. Di fronte a Dio vi sono gli uomini finiti; nella morte l’uomo, il finito è posto a sua volta come momento di Dio, e la morte è l’elemento conciliatore [Dem Gott gegenüber sind die endlichen Menschen; der Mensch, das Endliche ist im Tode selbst als Moment Gottes gesetzt, und der Tod ist das Versöhnende].
La morte è l’amore stesso; in essa viene intuito l’amore assoluto; è appunto l’identità del divino e dell’umano che Dio in lui, nel finito, sia presso se stesso e questo finito nella morte sia a sua volta una determinazione di Dio [Der Tod ist die Liebe selbst; es wird darin die absolute Liebe angeschaut; es ist eben die Identität des Göttlichen und Menschlichen, daß Gott in ihm, im Endlichen bei sich selbst ist und dies Endliche im Tode selbst Bestimmung Gottes ist]. Tramite la morte Dio ha conciliato il mondo e si è conciliato eternamente con se stesso [Gott hat durch den Tod die Welt versöhnt und versöhnt ewig sich mit sich selbst]. Questo ritornare è il suo ritorno a se stesso, e per questo è spirito, e questo terzo elemento quindi è che Cristo è risorto [Dies Zurückkommen ist seine Rückkehr zu sich selbst, und dadurch ist er Geist, und dies dritte ist daher, daß Christus auferstanden ist]. In questo modo la negazione è superata, e la negazione della negazione è quindi momento della natura divina [Die Negation ist damit überwunden, und die Negation der Negation ist so Moment der göttlichen Natur] (V5, pp. 150-151; LFR III, pp. 164-165).
L’appagamento, l’eterna soddisfazione, non è altro che il movimento dialettico dove il mediante, che è lo stesso mediato, supera la mediazione per giungere finalmente alla pace suprema: il ritorno assoluto dello Spirito divino in sé stesso. Hegel dice:
Questo figlio è elevato alla destra di Dio [Dieser Sohn ist erhoben zur Rechten Gottes]. In questa storia, dunque, è presentata, interpretata, esplicitata per la comunità la natura di Dio, lo spirito. Questa è la cosa principale, e il significato della storia è che è la storia di Dio [Dies ist die Hauptsache, und die Bedeutung der Geschichte ist, daß es die Geschichte Gottes ist]. Dio è l’assoluto movimento in-se-stesso che è lo spirito, e questo movimento è qui rappresentato nell’individuo [Gott ist die absolute Bewegung in sich selbst, die der Geist ist, und diese Bewegung ist hier an dem Individuum vorgestellt]. Qui si possono considerare ancora taluni aspetti della rappresentazione che si riferiscono a rapporti finiti, esteriori, in particolare false rappresentazioni che vi sono state inserite; ad es. la morte sacrificale dà occasione alla rappresentazione per cui Dio sarebbe un tiranno che pretende sacrifici; questo non è vero, ma lo spirito è la natura di Dio, e allora la negazione è un momento essenziale (V5, p. 151; LFR III, p. 165).
La legittimazione di Cristo
«è essenzialmente la testimonianza dello spirito, dell’idea intrinseca, dello spirito in se stesso. Questo viene portato qui ad intuizione [Dieser wird hier zur Anschauung gebracht]; è una testimonianza immediata che lo spirito dà allo spirito [es ist ein unmittelbares Zeugnis des Geistes dem Geiste gegeben]; è qualcosa che solo lo spirito che comprende concettualmente, riconosce nella sua vera necessità [dies erkennt nur der begreifende Geist in seiner wahrhaften Notwendigkeit]. Le autenticazioni esterne sono di tipo subordinato e non rientrano in questa trattazione» (V5, p. 151; LFR III, p. 165).
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IN PRINCIPIO ERA IL LOGOS. E IL LOGOS SI FECE CARNE. Hegel commenta il Prologo giovanneo