KARL JASPERS E L’UMGREIFENDE
Karl Jaspers, e la sua robusta concezione di filosofia come pilastro insostituibile per l’esistenza del singolo individuo, ha saputo percorrere il complesso XX secolo con una fedeltà alla sua originalità tale da renderlo uno dei più influenti pensatori del suo tempo nonché una fonte di ispirazione ancora attualissima. Senza ombra di dubbio, tra i suoi contributi maggiori all’impegno filosofico è da annoverarsi il concetto di Umgreifende. Con tale termine, sostanzialmente intraducibile in italiano se non con perifrasi spurie (Abbracciante, Onniabbracciante, Ulteriorità), il filosofo di Oldenburg intendeva l’Orizzonte Ultimo, l’orizzonte all’interno del quale gli orizzonti possono essere definiti orizzonti. Umgreifende è allora il luogo, lo spazio trascendentale di inclusività che accoglie nel suo seno tanto le realtà oggettuali quanto i soggetti per i quali gli oggetti divengono oggetti.
È ciò che prende (greifen) circondando (um), ciò che afferra e posiziona. Mai perfettamente conoscibile, è il resto di ogni operazione che pretende di esaurirne l’incommensurabilità. È il quoziente di ogni tentata divisione che provi a trasformarlo in quoto e la discrasia tra il risultato raggiunto e acquisito: è ciò che rende il risultato tale, senza mai essere pienamente la risultanza (eppure senza nemmeno non esserlo). La sua dimensione è quella della Totalità siccome Ideale kantiano, ovvero punto fontale sovrannumerario, incomprensibile se fatto ricadere in un concetto determinato e limitato, ma non per questo meno importante per il pensiero. Pertanto, può solamente essere chiarificato (erhellen), portato cioè alla consapevolezza individuale pur senza perdere, beninteso, la sua inesauribile oscurità, ma mai completamente conosciuto (erkennen) e spiegato (erklären) alla stregua di un oggetto o di una dimostrazione scientifica.
E ciò in conseguenza del fatto che non si tratta per Jaspers di un costrutto – l’Umgreifende -, meramente ipotetico e volto a spiegare razionalmente un’esigenza tutta umana di Trascendenza altra, garante quanto meno della correttezza dei progressi scientisti che elevano il discorso scientifico a tribunale indiscusso e indiscutibile, quanto più ad un tentativo di concettualizzare quella Zerrissenheit des Seins, quella frattura dell’essere che impedisce la ricaduta in un principio metafisico che fa del sistema la sua ragion d’essere (sul modello hegeliano e neokantiano). Come che sia, la determinazione sempre incompleta dell’Umgreifende non avalla minimamente, però, la pretesa di un disfattismo ontologico che si disperderebbe nella molteplicità delle sue prospettive: l’Umgreifende allora è l’istanza metafisica che si oppone tanto al nichilismo-troppo-pieno di un sistema logicistico-metafisico, quanto al corrispettivo nichilismo-troppo-vuoto di una diaspora concettuale nei meandri di una vitalità disseminata.
Da tale considerazione può diventare comprensibile l’utilizzo della terminologia spinoziana prescelta per descrivere il rapporto tra il pensiero e l’Umgreifende: in quanto spazio, noi stessi siamo inseriti al suo interno essendo noi stessi nient’altro che, almeno in parte, modalità (Weisen) dell’Umgreifende, manifestando così un rapporto di implicazione reciproca. Il pensiero dell’Umgreifende allora è il genuino speculare filosofico sul proprio esser-uomo in quanto Dasein (esserci, esser-qui), Bewußtsein überhaupt (coscienza in generale, coscienza del sapere senza scarti) e Geist (spirito, unità transindividuale) e sull’essere come essere-in-sé, sia perché Welt (mondo) sia perché Transzendenz (trascendenza, Dio). Fondamento e legame saranno rispettivamente l’Existenz (l’esistenza nel suo essere sempre in una situazione temporale determinata) e la Vernunft (la ragione come capacità di pensare la Totalità nell’apertura del suo esprimersi nelle modalità).
Conseguentemente, l’ontologia jaspersiana non si lascia irretire dagli squilli di tromba di un sapere presunto universalmente cogente, ma recupera quei tratti eminentemente metafisici propri di un pensiero in perenne dinamicità e che trovano nella formulazione della periecontologia l’approccio epistemologico all’Umgreifende.
[l]o stesso Umgreifende, inteso come ciò che noi siamo e ciò che l’essere è in sé, sfugge ad ogni determinazione dell’essere oggettivo. Sfugge in quanto quell’Umgreifende siamo noi stessi; in quanto, pensato come l’essere in sé, è colto solo nell’apparenza che richiama qualcosa che non appare; in quanto si pone come Trascendenza, appartiene soltanto all’esistenza nella sua pura storicità. Poiché allora l’Umgreifende non è conoscibile in altra forma che come ciò che è in sé, è impossibile ricavare da esso l’essere come esso è per noi. Ciò sarebbe possibile soltanto se esso fosse conosciuto in sé. Il presupposto di tutte le false deduzioni dell’essere è che esse procedono come se conoscessero già l’essere in sé» (Ragione ed Esistenza, pp. 75-76; abbiamo lasciato Umgreifende in tedesco data la sua assai ardua traducibilità).
@ILLUS. IN EVIDENZA by PATRICIA MCBEAL, 2021
@ILLUS. IN FONDO AL TESTO by FRANCENSTEIN, 2021
Bella la problematica affrontata dall’articolo e bello l’articolo stesso. Provo a tradurre, a un dipresso, la problematica, anche se di Jaspers ho letto troppo poco.
Sull’Umgreifende come ultimo orizzonte, orizzonte degli orizzonti, vengono in mente (il va sans dire) L’infinito leopardiano (nel quale viene descritto l’accadere sia del finito sia dell’eterno), sia Spinoza (che infatti l’articolo richiama). Il.filosofo olandese scrive, citando sia la Bibbia cristiana sia la teologia ebraica, che in Dio siamo, viviamo e ci muoviamo. Ancora, sulla dialettica rivelazione-nascondimento della Trascendenza (del suo darsi all’uomo e insieme del sottrarsi alla presa di quest’ultimo), Maimonide, La guida.dei perplessi, là dove il Rav scrive che la verità si manifesta e si cela come il lampeggiare di un fulmine.
Ottime cose a tutto l’equipaggio di Arena che da più di un anno costituisce un esempio di intelligenza e ironia filosofiche persistenti e resistenti. Amen!
Grazie professore! Esattamente: la traiettoria filosofica di Jaspers, sia dal lato teorico che personale (la moglie ebrea e la sincera amicizia con la Arendt, per esempio) incrocia il pensiero ebraico in molteplici occasioni.
Parafrasando, l’Umgreifende (Dio? L’Uno?) è questo Vuoto, privo di aspetti, contenitore che non è i suoi contenuti, in cui può essere introdotto il clinamen a garanzia della motilità delle Sue Creature, Sostanze, atomiche (con i Loro aspetti?), che non sono il Vuoto? Dove sta, però, l’eternità?
Sì possiamo parafrasare l’Umgreifende con Dio, L’Uno, l’Essere, la Trascendenza. Il climamen non rende l’idea jaspersiana perché contemplerebbe una natura di aleatorietà lontana dal discorso del filosofo tedesco.
Umgreifende è lo spazio, e l’accostamento al Vuoto è consentito (specie se legato al significato di “basho” di Nishida Kitaro), ma solo come superamento di ogni ontologia dell’immobilismo tutto a vantaggio di una “crisica del pensiero”, ovvero di un pensiero che attinge ad un principio dinamico, che contempli il dinamismo meta-ontologico.
Per questo l’eternità non ha luogo, ma è il movimento stesso dell’Umgreifende nella non-eternità dei suoi singoli modi (ovvero l’esser-storico dei singoli individui).