LA FILOSOFIA SPIEGATA AI GIOVANI – EXTRACT

Estratto da S. Zampieri, La filosofia spiegata ai giovani. Come costruire la propria esistenza e orientarsi nella vita, Diarkos, Rimini 2023 – tratto da Parte Terza, La filosofia ti mostra la strada, specificatamente pp. 157-163.
Scegli lo stile della saggezza
Chiunque ha una volontà ferma e costante di usare sempre della ragione il meglio che gli è possibile, e di fare in tutte le sue azioni, quel che egli giudica sia il meglio, è veramente saggio, quanto la sua stessa natura permette che lo sia
Cartesio, I principi della filosofia
L’uomo è in generale un essere duplice. Né interamente cattivo, né interamente buono. In questo senso bisognerebbe smentire tutte le dottrine politiche nate appunto dalla presunzione che l’uomo sia solo un lato di questa contrapposizione, l’innocenza del buon selvaggio di cui parla Rousseau, o la cinica violenza dell’homo homini lupus evocato da Hobbes.
È proprio la costitutiva duplicità dell’essere umano che rende necessarie le virtù, cioè, di volta in volta, la capacità di selezionare un modo d’essere determinato fra le diverse tendenze insite nell’individuo. E fra queste in modo particolare emerge la necessità della saggezza, in quanto tendenza al meglio. In quanto capacità di discernere l’azione, capacità di valutare ragioni e di prevedere conseguenze, attitudine al meglio rispetto allo status quo.
Dice Aristotele: «Per questo noi pensiamo che Pericle e gli uomini come lui sono saggi, perché sono capaci di vedere ciò che è meglio per loro e ciò che è meglio per gli uomini in generale». Vedere ciò che è meglio, è questo appunto il gesto della saggezza che non è dunque solo l’astuzia o la prontezza di chi sa agire in modo oculato, ma è appunto la capacità di intravedere il meglio nell’azione, che non è un meglio personale, un tornaconto, un interesse, un atteggiamento egoistico, ma è il meglio in generale, o comunque ciò che riteniamo tale.
Nella costituzione della saggezza, infatti, agiscono simultaneamente le informazioni provenienti dalla cultura di riferimento e quelle realizzate dall’esperienza individuale, dall’intreccio delle due scaturisce il gesto, la decisione la scelta, l’agire che possiamo definire saggio. In questo senso dice bene Vito Mancuso (1962), che «la saggezza è l’istruzione impartita dalla vita, è la decantazione dell’esperienza condotta nella ruvida concretezza dell’esistenza».
Tuttavia, non possiamo fare a meno di chiederci in che modo la saggezza sia uno strumento per vivere meglio. Non banalizzare: essere saggi non significa essere capace di fare le cose meglio degli altri. Se si trattasse solo di questo finiremmo per accontentarci di una visione utilitaristica e strumentale che confonde la saggezza con l’abilità, la destrezza, l’astuzia. Allora forse la saggezza è la capacità di agire con misura? Il giusto mezzo aristotelico sembra appunto qualcosa del genere. In realtà anche questa, nonostante l’immenso sostenitore, è una lettura molto parziale, che lascia la saggezza incollata all’efficacia, e apre molte domande ulteriori: efficacia per te singolo? Per la società? Per il presente o per il futuro?
D’altra parte è debole anche l’identificazione classica della saggezza con la sapienza, il saggio come colui che molto sa, molto ha studiato, o almeno molto ha capito dei misteri e dei segreti del mondo e dell’esistenza. Anche questo modello sapienziale tuttavia è fuorviante, perché oggi si adatterebbe più allo scienziato che al filosofo, e trascura che comunque il campo della saggezza resta sempre il campo dell’esistenza vissuta, della pratica. Se per gli antichi era facile identificare colui che fa un uso retto della ragione con il sapiente, colui che sa, che conosce la natura, per noi invece il sapere, il conoscere, è solo una delle forme di manifestazione della ragione, per cui si può essere perfettamente adattati alla vita anche senza conoscere in profondità la fisica, la meccanica, la chimica, l’astronomia…
Ma allora, quale idea possiamo sostenere della saggezza? Forse, è un’ipotesi che proponiamo, potremmo provare a collocarla piuttosto nel campo di un agire fondato sulla persuasione che un mondo migliore di quello in cui ci si trova a vivere sia non solo possibile ma anche auspicabile, e dunque il saggio così inteso è colui che agisce in funzione di questa persuasione in tutte le sue scelte, nei suoi gesti, nelle sue azioni. L’auspicio/persuasione che un mondo migliore di questo sia possibile contiene in sé anche un’evidente predisposizione per una forma di pensiero critico nei confronti del presente, senza il quale non sarebbe possibile pensare una condizione migliore.
Dunque la saggezza è una forma di sapere, non la pura sapienza, ma un sapere orientato al meglio. Allora puoi sapere come affrontare i pericoli ed evitare gli errori solo se sei convinto della possibilità di realizzare una condizione migliore di quella che ti si presenta davanti. Il saggio sa come agire perché sa che una condizione migliore è possibile, perché sa che una soluzione esiste, che si può vivere in questo mondo volgendolo al suo meglio. Se ne deduce, e questo ti potrà stupire, che il pessimista il quale, per definizione, non crede al meglio, non può essere saggio. Ma d’altra parte ciò non significa che l’ottimista sia invece sicuramente saggio.
Colui che chiamiamo saggio conosce lucidamente i limiti del presente, i pericoli della situazione, e i rischi di certi eventi e di certe scelte, ma sa che un mondo migliore è possibile, non è certo ma ne è persuaso. Non si tratta di sognarlo, di immaginarlo, o solo di sperarlo, ma si tratta di agire concretamente in funzione di tale possibilità. Poiché ciò che è dato non è dato così per sempre, immutabilmente, agirai in funzione di un possibile futuro, che rispetto al presente abbia la connotazione di essere migliore. Per quanto tu non sappia necessariamente in che senso.
Non si tratta infatti, di un sapere particolare, ma di uno stile di vita che comprende e articola molti elementi diversi: un’idea del mondo, un modo di affrontare gli eventi non utilitaristico e non egoistico ma basato sulla presunzione che una vita migliore di questa – per tutti, non per me solo – è possibile. Certo si tratta anche di manifestare una particolare sensibilità per i valori della vita, per i pericoli che essa ci presenta, si tratta di saper misurare l’opportuno, il minimo oltre che il massimo, dunque di possedere una certa consapevolezza dei limiti e una qualche dimestichezza con le possibili modalità del riconoscimento del bene e del male.
Uno stile di vita, dunque, che sia informato della complessità dell’esistenza e pronto ad affrontarla. Il saggio, infatti, è colui che vive egli stesso da saggio, non colui che insegna ad altri la saggezza. Si può essere saggi ed essere ostacolati dal mondo, perché la saggezza non garantisce il risultato, garantisce il metodo – lo stile.
LA FILOSOFIA SPIEGATA AI GIOVANI