LA SCIENZA AVANZA, LA DEMOCRAZIA NO – FABRIZIO RUFO A PASSEPARTOUT 2023
Fabrizio Rufo, docente di Bioetica e di etica dell’ambiente, l’11 giugno al festival astigiano Passepartout ci parla della difficoltà della democrazia di metabolizzare gli avanzamenti scientifici caratterizzanti dell’ultimo secolo.
La parola democrazia, per Rufo, sembra collegarsi direttamente con una situazione di difficoltà, un disagio caratterizzato da un clima di sospetto e diffidenza nei confronti del sistema di governo in questione, il quale sembra avere un rapporto con la presenza crescente della scienza. Vi è difatti un nesso estremamente profondo tra le forme di governo democratico-liberali nelle quali tutti i giorni ci troviamo e le strutture con le quali noi concepiamo la scienza. Tre figure che emergono dalla nostra storia sono in grado di fornirci la scienza intesa nell’epoca della modernità: Galileo Galilei, Francis Bacon e Isaac Newton. Tuttavia il modello di scienza che ci consegnano è una ormai non è più in grado di stare al passo con gli attuali disvelamenti delle scoperte attuate nel corso dei secoli, perciò percepiamo questo modello moderno come un modello scaduto, e la sua data di scadenza è segnata proprio con la caduta del meccanicismo totale. Nel frattempo sulla base di questo prodotto inattuale si sono attuate guerre e rivoluzioni, in particolare figlia del modello moderno meccanicistico si rivela essere la rivoluzione industriale. Però il modello resta e diventa sempre inattuale, e tale inattualità plasma inevitabilmente la società, introducendo ad esempio un parallelismo tra gli atomi, componenti singoli di qualsiasi oggetto nel modello meccanico moderno, e gli individui inseriti in un contesto sociale, componenti singoli degli stati.
Una teoria risalta per Rufo, quella di Giulio Preti, secondo la quale l’avvento della democrazia coincide con l’avvento della scienza e del metodo scientifico, plasmando successivamente le due culture politiche visibili ancora oggi nella modernità, ovvero liberalismo e socialismo. Ambo le visioni politiche pensano ad un mondo meccanicistico, in una realtà esterna ai pensieri e alle previsioni delle due contrapposizioni politiche, che successivamente andrà in crisi, incontrando Darwin. Il Darwinismo con la teoria dell’evoluzione della specie mette all’angolo una natura concepita come un sistema che punta ad un determinato fine e il tentativo kantiano di collegare il mondo Newtoniano e quello di una finalità della natura. Grazie a Darwin la spiegazione finalistica fallisce, e l’uomo sembra perdere il suo posto centrale nella natura.
Ma il deterioramento di quel sistema scientifico moderno non finisce qui: successivamente, il caposaldo rintracciato precedentemente, ovvero quello di una natura meccanica e deterministica, viene messo in crisi, ed infine riceve il colpo definitivo dal principio di indeterminazione di Heisenberg, dove si dimostra come l’osservatore determini l’esperimento. Questo si rivela anche gettare un velo di sospetto su quello che noi conosciamo come il concetto di causalità, dando infine il colpo di grazia alla cultura europea, ed attuando così la distruzione dei valori data dalla crisi della modernità.
Si afferma perciò un paradigma determinato perlopiù dall’impossibilità di definire una visione certa e definita, ma se vale la regola descritta precedentemente, ovvero che le strutture scientifiche condizionano la politica, allora si ci può già aspettare l’esito di quest’indeterminatezza, ospite non gradito: l’affermazione di una cultura dell’incertezza. L’incertezza diventa la cifra scomoda ed indesiderata per ogni tentativo di conoscenza della contemporaneità.
Per Rufo la distruzione della modernità la si può vedere anche attraverso la lente della Seconda Guerra Mondiale: l’elemento della bomba atomica mette in crisi il ruolo dello scienziato che oscilla tra la promessa di un ruolo intellettuale organico alla società ed un burattino meramente pragmatico al servizio della ragion di stato. Inoltre, dopo il secondo conflitto mondiale i cittadini, quei componenti atomici della società accennati sopra, possiedono il diritto di voto, facendo così emergere sotto la loro condizione nuove variabili inaspettate: l’allargamento della presenza di scienza e tecnologia e l’introduzione della crisi climatica nel dibattito pubblico (la quale porta concetti scientifici e temi fino ad allora esclusi, come il tema della sovrappopolazione).
Ma vi sono due poli che subiscono un ulteriore mutamento: quelli della vita e della morte.
Vita e Morte nella contemporaneità vicina a noi vengono modificati, l’uomo ora deve porre mente a questioni (ad esempio) di fine vita e problemi dal peso gravoso che poggiano sulla sua schiena, come quelle dell’eutanasia, della trapiantologia e delle modificazioni degli organismi. Siamo obbligati, noi uomini della contemporaneità, a discutere di questi temi; la bioetica si rivela perciò necessaria. Capacità fisiologiche che in tempi antichi potevano essere pensate solo come un dono della provvidenza, come la resistenza fisica o la forza muscolare, ora scendono da cieli metafisico-religiosi e si posano sulle nostre mani, ovvero sulla nostra facoltà di decisione, in quanto possono essere modificate. L’impatto delle bioscienze è imminente, come è imminente il totale sovvertimento dei poli esistenziali di riferimento dell’essere umano: la vita e la morte. Questo destino esistenziale gravido di avvenire porta sicuramente dei problemi, come la difficoltà di inserire queste conoscenze nella discussione pubblica, poiché, nonostante l’opinione generale possa dissentire, le decisioni che noi intraprendiamo in tali panorami bioetici sono tutt’altro che scandite da conoscenze rigorose ed oggettive, ma invece, sembra necessario il riferimento a caratteri prescientifici, in quanto i poli che vengono stravolti sono esperienze primarie ed esperibili nella vita di ciascuno di noi.
L’uomo vuole scoprire, per Rufo, leggi stabili che possano fissare dei limiti, ma la sua ricerca è vana poiché nel vasto panorama della natura questa non riesce a dargli il tesoro che cerca. Oltretutto l’uomo scruta, in relazione a questo fine, anche nell’ambito giuridico, ignaro che questo non riesca a fornire soluzioni adatte.
L’insieme di relazioni che ci tiene insieme, la nostra patria culturale, nel corso della contemporaneità si è frantumata completamente, creando così una difficoltà per la democrazia nel rapportarsi con la scienza, poiché questa, a causa delle sue scoperte, risulta un sasso nella scarpa. Diviene necessaria perciò l’esigenza di ricostruire la nostra patria culturale, pena il populismo, proprio in quanto è figlio dello spaesamento dei sistemi. La soluzione per Rufo risiederebbe nel riconoscere ai cittadini dei ruoli di legittimazione per definire le politiche pubbliche, ovvero, una sensibilizzazione del cittadino nei confronti di questo destino. Oltretutto la prospettiva di delimitare sia la democrazia che la scienza sembra essere regressiva, perciò ci troviamo costretti a riconfigurare la nave in cui siamo presenti, grazie ad una possibile etica della conoscenza, portatrice di consapevolezza democratica.
@ILLUS. IN EVIDENZA by GENE-RICK, 2023
@ILLUS. IN FONDO AL TESTO by TEKATLON, 2023