L’OSCURO COMPAGNO. IL MOSTRO DALLA MITOLOGIA AI POKÉMON – SINOSSI

La nostra riflessione prende spunto da una considerazione quotidiana, forse ingenua, financo banale: siamo circondati da mostri. Ovunque si volga lo sguardo un mostro popolerà quel luogo; e di mostri ce ne sono davvero tanti! Accendo il televisore la mattina prima di recarmi al lavoro e, sonnecchiante, mi concentro sullo schermo: creature stramboidi saltellano qua e là, esseri antropomorfi (o uomini zoomorfi) si colpiscono violentemente con armi improbabili, ma, incredibilmente, nessuno si fa male (il famoso effetto cartoon). Spengo la Tv per recarmi sul posto di lavoro che, fortunatamente, non è lontano da casa mia (per cui niente macchina); accendo il cellulare, apro l’App Pokémon Go e mi do alla caccia…
Questa piccola rappresentazione è stata l’occasione per una considerazione generale del fenomeno mostruoso nella nostra contemporaneità. Il fatto di essere tra i mostri, di vivere immersi in un mare di mostri (ma, aspetto veramente interessante, non in un mare di guai) non ha conseguentemente modificato il nostro stesso rapportarci verso di loro? Non ha fatto sì che noi subissimo, quasi del tutto inconsciamente, un processo di lenta, epperò inesorabile, assuefazione al fenomeno mostruoso in quanto tale? C’è ancora spazio per i mostri proprio ora che, probabilmente come mai prima, sono saliti alla luce della ribalta? Con ciò non si vuole affermare che il mostro sia un prodotto recente; anche in passato il mostro ha popolato le nostre fantasie e i nostri territori. Solo che, anticamente (e poi neanche troppo: basti pensare alle leggende sulle masche o sulle case infestate, sul ruolo della cosiddetta “settimina” nelle campagne e città piemontesi ancora in pieno secondo dopo guerra), esso ha incarnato una potenza oramai, ci sembra, scomparsa, un alone di sacertà e potere, di inviolabilità e divinità che difficilmente possono essere evocate allorquando ci si appresti a catturare il pokémon (che vuol dire “mostro tascabile”, e già il “tascabile” la dice lunga) sul cellulare o ci si conceda un momento di relax con un bel film horror (benché, ovviamente, non sia lecito generalizzare). E questo perché il mostro è stato vittima illustre della più grande rivoluzione della contemporaneità: la sovraesposizione estetica.
Ciò ha comportato, come diretta conseguenza, la perdita del differenziale, del diverso (pensiamo, di contro, alle battaglie ecologiche sulla preservazione della biodiversità), nell’omologazione assoluta: la mostruosità, paradossalmente, è stata omologata alla mostruosità, all’idea di mostruosità, alla consequenzialità perfetta dell’essere dal pensiero: talmente mostro da essere completamente concepibile, dunque reinseribile all’interno di canoni e criteri e tassonomie ben definite a dai contorni squadrati.
An-estetizzazione è la risultante di questi processi. Obiettivo del presente lavoro è, inversamente, quello di tentare di pensare il mostro e la mostruosità per quello che sono stati (dal folklore piemontese passando per la visione religiosa dell’Hinduismo e su, fino alle pitture, oramai in pieno Novecento, di Colombotto Rosso) e per quello che sono (la pop culture) proponendo, anche grazie all’ausilio delle illustrazioni, una ana-estetizzazione, una ri-estetizzazione per poter così tornare a vedere e percepire il mostro sperduto in questa pletora folleggiante. Riconsiderarne la natura estetica (in senso qui eminentemente etimologico) necessita di un ulteriore passo in avanti che, a conti fatti, è un vero passo indietro: dobbiamo guadagnare uno sguardo differente, una prospettiva laterale e, mi si scusi il gioco di parole, una prospettiva prospettica: ciò che si è denominata logica dell’anamorfosi.
Ed è la lontananza a caratterizzare il gioco ottico dell’anamorfosi. Se all’ubiquità contemporanea, all’attualità senza riserve di una vicinanza istantanea si provasse, se non a sostituire, quanto meno a rivalutare, come possibilità, un allontanamento, una linea di fuga differente e trasversale? In effetti, per cogliere l’effetto anamorfico nei dipinti rinascimentali è necessario inclinare la prospettiva… E si potrebbe scoprire che in quella macchia di colore sia effettivamente nascosta una figura, che in quella deformità si celi una forma solamente difforme; l’ana-morfosi, una forma nell’informe, una forma, difforme, e mai conforme; nuovamente forma, benché, per l’appunto, deforme e difforme.
Ma allora che cosa è il mostro? Quale realtà incarna, se di realtà poi si possa parlare? E se il mostro esiste, e in qualche maniera c’è, quale spazio occupa? È il simbolo l’habitat naturale del mostro, anzi, il mostro stesso è simbolo, mistero ed enigma, incarnazione metonimica dall’enigma stesso (ripensiamo al mito di Edipo e all’indovinello mortifero del mostro-Sfinge). È la cosa per eccellenza, The Stuff, la roba, presente in molteplici film, non meglio identificata né identificabile, che porta scompiglio e sconvolgimenti, che sovverte gerarchie non per anarchico (non si tratta qui delle famose «anarchie incoronate» à la Deleuze) diletto, bensì per ontologico privilegio: è il guardiano dei limiti il mostro, le Colonne d’Ercole antistanti l’abisso che, in ultima analisi, è il mostro stesso, guardiano di se stesso. E ci lascia illudere di essere soggetti, di essere noi a scrutarlo, a inventarlo, a chiamarlo in causa a nostro piacimento e di farlo altrettanto scomparire, per sempre.
Ma dall’abisso ci guarda, sguardo dall’ombra che incontra uno sguardo della luce; il mostro è cosa seria. Bisogna averne paura…
Per leggere nel dettaglio gli abstract dei sette saggi che compongono il volume clicca qui.
L’OSCURO COMPAGNO. IL MOSTRO DALLA MITOLOGIA AI POKÉMON
@ILLUS. in evidenza by CATALINA LUNGU, 2019