PERCHÉ FILOSOFARE?
A che cosa serve la filosofia? È davvero inseparabile dalla vita? Si potrebbe passare una vita intera, e probabilmente diverse, a interrogarci sull’utilità della filosofia. Ma porsi la domanda sull’utilità della filosofia, non è già questo filosofare?
La filosofia potrebbe in prima battuta definirsi come una riflessione sull’esistenza e su ciò che la compone: il lavoro, l’arte, la cultura, il desiderio, tutti soggetti che costituiscono gli esami di maturità tanto temuti dagli studenti delle superiori. Il lettore di questo breve articolo potrebbe protestare affermando che questa risposta è troppo approssimativa e che è necessario analizzare più in profondità la questione, definire e estrarre la linfa vitale della filosofia. Bene; ascoltiamo, allora, le parole del filosofo Jankélévitch nel trattare la questione sul palco di “Apostrophes“, di fronte a Bernard Pivot! In quell’occasione affermò che i filosofi «non servono a nulla», «se deve servire a qualcosa, [la filosofia] non serve a nulla», prima di aggiungere:
la filosofia è fatta per essere fatta: non è fatta per essere sterilmente discussa. È come la musica! La musica è fatta per essere suonata, per essere ascoltata, ma non perché diventi oggetto di dotte discussioni, né di roboante oratoria. Allora, coloro che discettano sulla filosofia non hanno la minima voglia di metterla in pratica, ma si credono tenuti, quando è attaccata, a difenderla. Penso che sia necessario mettersi in azione e passare direttamente al problema
Pertanto, sarebbe auspicabile fare filosofia, rivolgere la propria esistenza verso la filosofia, financo praticandola come gli antichi, per raggiungere una risposta adeguata, se non alla risposta giusta. Ma, come sottolinea Jankélévitch, molteplici filosofi provano a fornire ugualmente una risposta a una domanda così difficile, che è spesso un attacco e un’obiezione prima di essere una autentica questione, quella in merito di una presunta inutilità della filosofia.
Ne citeremo alcuni, per alimentare la riflessione del nostro lettore e stimolarlo a filosofare. Come rimarca Comte-Sponville nel Le plasir de penser: Une introduction à la philosophie (Il piacere di pensare: una introduzione alla filosofia), filosofare equivale a «pensare meglio per vivere meglio». Montaigne rispondeva che filosofare è apprendere a «saper morire», è comprendere la vita per accettare la morte; si potrebbe sostenere che la filosofia serva a comprendere la vanità e a cogliere la portata di opere che la illustrano come San Girolamo scrivente di Caravaggio, o ancora la Vanità di Jan Davidz de Heem. Memento mori. Filosofare è vivere imparando a vedersi come un cranio rosicchiato e scarno, ma è senza dubbio anche apprendere a accettare gli avvenimenti della vita, per quanti duri possano essere, come ci sprona il discorso stoico: imparare a distinguere, sulla scia di Epitteto, ciò che «dipende da noi» da ciò che «non dipende da noi». Filosofare può anche essere una ricerca della verità; perciò, con slancio nietscheano, bisogna dire «sì» alla filosofia e alla vita.