RIFLETTERE SÌ, SU COSA?
Ne hanno parlato i giornali, i social, i programmi televisivi, i politici: il mondo intero si è fermato. Abbiamo assistito ad uno dei fenomeni che verrà ricordato indubbiamente nel corso della prossima storia.
Il Coronavirus ha dimostrato di essere in grado di infettare l’uomo. E dal latino –Veleno, tale virus si è gradualmente e in modo notevole, impossessato delle nostre abitudini.
Ed è qui che ci si allontana da questioni politiche e sociologiche, per affrontare il tema con una chiave esistenzialistica.
Volendo dunque far viaggiare il pensiero da fermi, e spingerci a guardare oltre, risulta quasi inevitabile il confronto con un tipo di riflessione: ma quant’è imprevedibile la vita? Un giorno prima ti svegli nella tua normalità e il giorno dopo il Consiglio dei Ministri della Repubblica, in diretta nazionale ti impone un momento di stallo.
E allora il mondo si blocca.
I trasporti si bloccano. Le relazioni si bloccano. Il commercio si blocca. Le parole si bloccano. E Tu, ti blocchi? Ti sei fermato o sei andato?
Il momento di fermo globale ci ha spinti verso la riconsiderazione della personale situazione di vita in cui si è. Il troppo silenzio forse è servito, o per alcuni forse no. Eppure sperimentare direttamente questo stato, nel tuo ambiente, e in questa precisa condizione di quarantena, ti mette di fronte a informazioni, alla maturazione di una maggiore capacità di elaborazione, di ragionamento, di consapevolezza e di valutazione delle tue cose.
Non è stato così? Non ti sei ritrovato per caso a pensare a cosa poter fare per scacciare via la noia?
Già, la noia…
Sono stati vari i pensatori-filosofi che hanno discusso su stato d’animo, dal più celebre Arthur Schopenhauer (1788 – 1860) secondo una concezione pessimistica dell’esistenza:
La vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente fra noia e dolore, con intervalli fugaci, e per di più illusori, di piacere e gioia… Il godimento è solo un punto di trapasso impercettibile nel lento oscillare del pendolo
e affermando d’altro canto che questo “apatico” stato (prodotto di una sofferenza intensa vissuta in prima persona) può esserne da rinascita interiore o momento di svolta seppur minima, per permetterti di
«vivere il più infelicemente possibile».
E ancora, per Blase Pascal (1623 – 1662):
Niente per l’uomo è insopportabile come l’essere in pieno riposo, senza passioni, senza affari da sbrigare, senza svaghi, senza un’occupazione. Egli avverte allora la sua nullità, il suo abbandono, la sua insufficienza, la sua dipendenza, la sua impotenza, il suo vuoto. Subito si leveranno dal fondo della sua anima la noia, la malinconia, la tristezza, l’afflizione, il dispetto, la disperazione.
E allora, continuerò a fare lo stesso lavoro? Guadagnerò meno? E la scuola? Come apprenderanno i miei figli? Quando tornerai a casa? E io? In che modo crescerò? Per sempre a distanza mi relazionerò?
Ecco, questa condizione dell’animo estremamente articolata, viene definita Angoscia – uno stato affettivo che mette l’individuo a confronto con la sua libertà, che con la sua facoltà di scegliere tra molteplici possibilità allo stesso tempo ritrova il divieto dai suoi limiti, nelle sue problematicità, insicurezze e instabilità – e a volte avvolgendoci in intrecci mentali, sembra non avere via d’uscita.
Eppure oltre tutto questo vi è una forza. La tua! La stessa che è in te, che non vedi ma che è infinita. E non lo sai.
Non lo sappiamo perché viviamo in quel tempo, fatto di paura e angoscia per le cose che sono e per quelle che verranno.
E allora che fare. Superare quello che sentiamo frastornato, sporco, ingiusto. Attraversare il dolore, questo nostro vivere disorientato: senza mai occultarlo, reprimerlo, evitarlo.
Come. Con la chiarezza. Su chi siamo, dove ci vediamo, con chi ci vediamo. Fissare un punto della stanza e pensare al resto, che comunque continua a resistere nella speranza di riprenderci le nostre legittime cose, sensazioni, amori, timori.
Ai lavoratori, agli insegnanti, agli operai, alle famiglie, ai politici, ai bimbi appena nati, ai giovani, ai nonni; ai soli, a quelli fuori sede, a chi convive forzatamente infelice. E poi ancora, a chi in questo momento si crea in potenza e a chi invece non sforna torte, non si allena, a chi non ha ville, a chi ha solo un cane.
A chi ha tutto, a chi ha niente (che poi ha tutto!).
È vero, forse siamo nati con la tendenza a cadere, ma siamo anche con le nostre stesse mani per rialzarci, sempre. Perché un giorno potremmo raccontare questa strana storia, com’è successa e come l’abbiamo affrontata, affinché per qualcun altro possa esserne da esempio.
Nonostante tutti i nonostante siamo qui, ogni giorno a guardare il resto e pensare “e anche oggi, bene o male, è passato.”
Il mio invito è quello di OBBLIGARTI a riflettere su tutto ciò che possa esserti sano e utile perché oltre a lavarci le mani, abbiamo oggi bisogno di lavarci la mente, l’anima e la coscienza.
- R. Garaventa, Angoscia, Alfredo Guida Editore, 2006 Napoli.
- A. Valentinetti, Figure e problemi della filosofia contemporanea, Aracne Editore, 2010 Roma.
Martina Vecchio è su Instagram e martiold.com è nel Network di Arena Philosophika.
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L’illustrazione nel corpo del testo è tratta dal profilo instagram del Corriere della Sera, riproducente l’opera di Mauro Pallotta, profilo instagram maupal3000
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