TENDERE ALLA SAPIENZA: LA FILOSOFIA COME ORIENTAMENTO

Estratto di E. C. Corriero, La filosofia come orientamento. Un nuovo senso da assegnare alla terra, Einaudi, Torino 2024.
I nuovi e importanti risultati scientifici del primo Novecento, soprattutto quelli conseguiti nel campo della matematica e della fisica[1] – in particolare con le evidenze delle geometrie non-euclidee e con l’introduzione della teoria della relatività e della meccanica quantistica –, determinarono la necessità di un ripensamento generale del ruolo, delle aspirazioni, nonché del metodo del pensiero filosofico con esiti differenti e in taluni casi in netto contrasto con la vocazione originaria della filosofia stessa, chiamata a interrogarsi sull’essere in generale prima ancora che sulle sue espressioni parziali e specifiche. Fu in un tale contesto, e in un contatto spesso conflittuale con le scienze e le sue applicazioni, che la filosofia del Novecento, per un verso, si ricavò progressivamente il ruolo di ancilla scientiarum[2] votandosi alla formalizzazione e all’esposizione critica dei risultati acquisiti in ambito scientifico e, per l’altro, assunse una posizione difensiva che si tradusse in espressioni, talora addirittura reazionarie, volte a contrapporre il sapere umanistico a quello scientifico. Di fatto si può sostenere che la filosofia nel secolo scorso abbia da una parte vanamente inseguito il sogno di farsi tutt’uno con la scienza, e dall’altra si sia abbandonata al disincanto e a una conseguente deriva estetica finendo, nel migliore dei casi, per assolvere al ruolo di dotta narrazione consolatoria.
In un estremo come nell’altro, la filosofia smarrisce però il suo originario ed essenziale legame con la prassi, ossia quella continua tensione alla ‘sapienza’, che – come si vedrà – costituisce l’espressione umana della più generale ‘tensione’ che anima il processo naturale. In quanto costante approfondimento della comune radice naturale[3] a cui tutti apparteniamo, la filosofia si riconosce capace di ispirare e guidare l’azione, e di superare le classiche distinzioni soggetto/oggetto, mente/corpo, naturale/artificiale, determinate da un sapere meramente riflessivo, certamente funzionale alla presunta descrizione ‘oggettiva’ dell’essere, ma di fatto incapace di cogliere la persistente continuità del soggetto con l’oggetto sotto indagine. A mettere definitivamente in crisi questo modello furono peraltro proprio i risultati della fisica contemporanea che avrebbero progressivamente eroso l’idea dell’essere inteso come sostanza in favore della concezione relazionale[4], aprendo la strada a una concezione processuale (dinamica) e identitaria dell’essere, in accordo con un certo filone filosofico di impronta platonica[5] per lungo tempo obliata. Dopo una fase moderna fortemente caratterizzata dal dualismo cartesiano e dalla ‘rimozione’ della natura, con le intuizioni della filosofia della natura di Schelling[6] e della filosofia della volontà di Schopenhauer e poi nel Novecento, soprattutto con Dewey, Bergson e Whitehead, il concetto processuale di natura si è affacciato nuovamente nella storia del pensiero e oggi può riprendere vigore e può contribuire a restituire la filosofia alla sua intima vocazione.
Nel rinvenire e rinnovare quella originaria e naturale tensione alla sapienza che la caratterizza sin dai suoi primi passi, la filosofia può ritrovare la sua autentica disposizione pratica, riconnettendosi al suo fare attivo che crea nuovi scenari ed è capace di orientare criticamente e positivamente le nostre vite, affrontando le grandi sfide del nostro presente a partire dall’emergenza ambientale, il vero ‘evento’ che caratterizza la nostra epoca e che impone un radicale cambio di paradigma. In questo senso, si può a mio avviso apprezzare la proposta teorica avanzata dall’antropologia filosofica del primo Novecento nella misura in cui, mirando alla determinazione della posizione dell’essere umano nella natura, offrì alla riflessione filosofica l’opportunità di ripensare le modalità di orientamento concettuale che caratterizzano l’attività umana al di là di un fondamento metafisico che fungeva da oriente fisso, ponendosi in continuo dialogo con i risultati scientifici che rimettono costantemente in discussione le stabilità acquisite, offrendo una visione della realtà più articolata e complessa[7].
Tutto ciò, tuttavia, senza che la filosofia debba per questo abbandonare la sua vocazione originaria e senza che debba annullarsi nella scienza stessa: la filosofia è in parte certamente episteme, ma è prima di tutto tensione ‘amorosa’ (e non neutra) alla sophia, alla sapienza: nel phileîn della philo-sophia, che descrive la tensione alla sapienza, è infatti contenuta un’aspirazione morale ad essa. Come osserva Pierre Hadot[8], il filosofo non è un semplice cercatore, egli è anzitutto ‘amico della sapienza’ e la sua ricerca è costantemente animata da un intento etico, ed è proprio in virtù di ciò che nell’autentico filosofo si accordano sempre virtù e sapere. Più che mera accumulazione e organizzazione del sapere, la filosofia è originaria co-scienza[9] critica della conoscenza e in questo senso deve poter sempre accompagnare il nostro sapere e orientare il nostro agire. In quella innata tensione amorosa alla sapienza, che costituisce l’espressione più alta della nostra appartenenza alla natura e al suo procedere, sta l’autentica vocazione della filosofia, la quale si costituisce non come una disciplina fra le altre, ma come pratica di vita capace di orientare le nostre decisioni, i nostri atti, i nostri pensieri.
Nella complessità contemporanea, la filosofia assume un ruolo centrale proprio in quanto recupera la sua originaria capacità di orientamento: un’espressione, questa, che richiede un’adeguata e rinnovata riflessione intorno ai limiti del ‘soggetto’ che si orienta, ai confini dello ‘spazio’ entro cui agisce, alle ‘coordinate’ di detto orientamento, al loro significato teorico e alla loro provenienza naturale. Si tratta di questioni che – come vedremo – possono trovare le adeguate risposte proprio a partire dal rinnovato concetto di natura che si impone nella nostra epoca. Una missione certamente complessa, ma come complessa è d’altra parte la realtà che viviamo. Il compito della filosofia non è rendere facili le cose, ma nemmeno complicarle più del dovuto, e oggi più che mai compito della filosofia è offrire una via di orientamento all’interno di un panorama complesso. Se vi riesce, assolve a un tempo alla sua funzione teoretica e pratica, senza disperdersi nel cieco e vano inseguimento della scienza e della sua necessaria specializzazione, né tantomeno nella definizione di improbabili manuali di condotta slegati dal contesto e dal radicamento naturale.
[1] Per un’introduzione al contesto si veda ora R. Bodei, La filosofia del Novecento (e oltre), Feltrinelli, Milano 2015, pp. 37-49; sulla ricaduta del sapere scientifico sul ruolo e la funzione della filosofia e sulla cosiddetta ‘crisi dei fondamenti’ si veda Crisi della ragione. Nuovi modelli nel rapporto tra sapere e attività umane, a cura di A. Gargani, Einaudi, Torino 1979, in particolare l’introduzione del curatore.
[2] «La filosofia, volendo assicurare un suo primato sulle scienze e, insieme, assegnandole come destino all’Occidente, ha finito invece senza avvedersene con l’asservirsi a esse, e dopo essersi a lungo configurata come ancilla theologiae è ora, secondo ogni evidenza, semplicemente una impotente ancilla scientiarum», in G. Agamben, Filosofia prima filosofia ultima. Il sapere dell’Occidente fra metafisica e scienza, Einaudi, Torino 2023, p. 29.
[3] Nonostante le conclusioni pessimistiche circa il destino della filosofia, sulla continuità che quest’ultima intrattiene con la sapienza si veda G. Colli, Nascita della filosofia, Adelphi, Milano 1975.
[4] Cfr. A.G. Gargani, Il sapere senza fondamenti. La condotta intellettuale come strutturazione dell’esperienza comune, Einaudi, Torino 1974; tesi che prende le mosse dalle intuizioni di Heisenberg e Bohr per riprendere vigore negli anni Novanta del Novecento con l’interpretazione relazionale della fisica quantistica; cfr. anche Carlo Rovelli, Helgoland, Adelphi, Milano 2020, p. 146.
[5] Faccio qui riferimento innanzitutto all’ipotesi proposta da Platone nel Timeo della ‘fisica del tutto’ (τοΰ παντός φύσεως [toû pantós phýseos] (Platone, Timeo, 47a9, 27a25).
[6] È in particolare lo Schelling delle Ricerche filosofiche sull’essenza della libertà umana (1809), che definisce la natura come il grande ‘rimosso’ della storia della filosofia moderna che egli tentò di rivitalizzare mediante la proposta di una Naturphilosophie che riconosceva alla natura la posizione di Soggetto di un processo continuo; cfr. F.W.J, Schelling, Philosophische Untersuchungen über den menschlichen Freiheit; Id., Sämtliche Werke, a cura di K.F.A. Schelling, Stuttgart-Augsburg, Cotta, 1856-1861; [SW] vol. I/7, p. 356.
[7] Per certi versi si può affermare che la teoria della complessità di Edgard Morin si pone in continuità con l’ispirazione che guida l’antropologia filosofica del primo Novecento; oltre all’imponente La méthode (in sei volumi pubblicati dal 1977 al 2006), si veda in particolare E. Morin, La Voie. Pour l’avenir de l’humanité, Éditions Fayard, Paris 2011 [trad. it. La via. Per l’avvenire dell’umanità, Raffaello Cortina, Mi- lano 2011], che restituisce bene l’idea di orientamento nella sua connessione all’idea di complessità, oltre al recente Id., L’aventure de La Méthode: Suivi de “Pour une rationalité ouverte”, Éditions du Seuil, Paris 2015 [trad. it. L’avventura del metodo. Come la vita ha nutrito l’opera, Raffaello Cortina, Milano 2023]. Cfr. anche M. Ceruti, Il tempo della complessità, Raffaello Cortina, Milano 2018; M. Ceruti e F. Bellusci, Abitare la complessità: la sfida di un destino comune, Mimesis, Milano 2020 .
[8] P. Hadot, Qu’est-ce que la philosophie antique?, Gallimard, Paris 1995 [trad. it., Che cos’è la filosofia antica?, Einaudi, Torino 1998 e 2010].
[9] Nel senso della Mitwissenschaft originaria della creazione mediante cui Schelling riconosce all’essere umano il suo ruolo di coautore e continuatore dell’essere inteso come Opera continuamente creativa; cfr. Schelling, Die Weltalter Fragmente. In den Urfassungen von 1811 bis 1813, a cura di M. Schöter, Biederstein und Leipzig, München 1946 [trad. it. parziale, Le età del mondo, Guida, Napoli 2013].
@ILLUS. by PATRICIA MCBEAL, 2024
LA FILOSOFIA COME ORIENTAMENTO