L’IMMERSIONE DELLA COSA
L’emergenza è una teoria filosofica secondo la quale da uno stato primordiale e primitivo sorgerebbe una caratterizzazione maggiormente definita e specifica la quale presenterebbe caratteristiche e funzionalità non strettamente afferenti al primitivo punto di partenza. Esempio su tutti, la mente sarebbe quella dimensione che emergerebbe dal sostrato fisio-neurologico che è il cervello. In termini più corretti, la mente sarebbe una sopravvenienza del cervello, avente peculiarità irriducibili alla sua controparte materica.
Al netto della vastità delle complicazioni che una tale nominale definizione porta con sé (è corretta la denominazione sopravvenienza? Che cosa poi si deve intendere precisamente con tale termine? Il sopravveniente è davvero irriducibile alla base materiale?), un aspetto ci sembra doveroso indagare: quale rapporto tra sostrato e sopravveniente? In poche parole, è l’emergenza l’emergere di un rapporto necessario tra il subveniente e il sopravveniente? Insomma, esiste davvero un segmento che dal subveniente (che non è il sopraventuro) ci conduca necessariamente al sopravveniente (che anch’esso non è il sopraventuro)? Che fine allora per il sopraventuro? Logica un po’ bizzarra dell’emergenza: se riflette il principium continuitatis, allora il segmento è una retta, i cui passaggi intermedi sono soltanto segnavia di un viaggio già organizzato. È il principio paleontologico a governarlo, nell’intreccio della stratificazione geologica cumulativa: fossile come icnologico sedimento mnestico (Ferraris). Il sopraventuro non esiste perché il tutto è già tracciato e non resta allora che recuperare i dettagli sparsi qua e là e inanellarli in una storica Golden Braid (Hofstadter). Cluedo filosofico, gioco da tavola. Tutto è già segnato e il tempo della storia si prende tutto lo spazio per lo spazio: non c’è più posto, non c’è più spazio per l’aliquid di traverso, per quel qual-cosa, che è pure un qual-, dunque deve poter far sentire la sua presenza. Tutto è compresso perché tutto è presente, sia qui che ora. La retta paleontologica che dal passato, di traccia in traccia, traccia il presente altro non sarebbe che la traccia, controintuitivamente ascensiva, attraverso la quale il presente traccia il passato tracciante il presente. Esito: dal presente al presente.
E se è paradossale un’emergenza che è rinserrata in un gioco di ricostruzione al presente di un passato che traccerebbe il presente, allora il vero gesto emersivo potrebbe essere l’anch’esso controintuitivo immergersi nel mare ctonio della cosa, di quel qual-cosa che non trova spazio nel one-bind subveniente-sopravveniente. Ecco lo spazio, che poi è una porzione di tempo, del sopraventuro che irrompe dal sopravveniente senza essere sopra un subveniente. È una presenza che emerge nell’immersione, che percorre all’incontrario lo slancio paleontologico e che volta le spalle al futuro, nemesi dell’Angelo della Storia redentore di Benjamin. Nessuna redenzione, difatti, ma disperazione, il qual-cosa è l’irruzione incontrollata sfondante, è lo sprofondamento stratigrafico delle ere geologiche, lo scoperchiamento dell’antropocenea clausura anti-Pandora.
Rintracciamento delle tracce, tracciato ormai tracciato una volta per tutte: se di emergenza si parla e si deve parlare, allora bisogna lasciar spazio al qual-cosa, alla sua potenzialità dirompente. Emergenza: immersione nel sottosuolo, immersione della COSA.
Per l’immagine dell’Angelo della Storia si è fatto riferimento alla traduzione italiana a cura di Gianfranco Bonola e Michele Ranchetti di Walter Benjamim, Sul concetto di storia, Einaudi, Torino 1997.
Eternal Golden Braid è il sottotitolo dell’interessantissimo testo di Douglas R. Hostadter, edizione italiana a cura di Giuseppa Trautteur, Gödel, Escher, Bach: un’Eterna Ghirlanda Brillante, Adelphi, Milano 1984.
Per l’emergentismo ferrarisiano si consulti Maurizio Ferraris, Emergenza, Einaudi, Torino 2016.
@ILLUS. by, FRANCENSTEIN, 2020





