HEGEL O DELLA DISTRUZIONE
Hegel è filosofo noto per il suo principio di contraddizione: se fenomenicamente ogni cosa risulta essere necessariamente conforme a sé stessa in virtù della sua posizione, non è così nel dietro le quinte dei fenomeni, dove (si) opera il non noumeno (menoumeno, da intendersi differentemente dal menoumeno cantiniano).
L’esclusione del presupposto positivista vede i fenomeni non come dati, posti di per sé, ma come posti da ciò che li pensa come identici alla propria negazione.
Ciò implica, che Hegel lo ammetta o no, la tripartizione dell’Unità in: informità, forme e informazione.
Perché Hegel offende l’Unità?
Perché vuole evocare la distruzione! Anche se, in conformità con quanto detto precedentemente, la distruzione non può mostrarsi (non può apparire quella che in gergo filosofico punk è detta distruzione in atto, poiché le macerie saranno anche la distruzione di un palazzo, ma nell’essere macerie sono macerie intere), può essere pensata, secondo Hegel, come oblio di ciò che non appare. Occhio non vede, cuore non duole?

Ma cosa vuole distruggere Hegel? Non ha importanza cosa, poiché ciò che si vuole distruggere cambia con i vari Hegel di posto in posto. La costante è la volontà di (s)elezione.
Volontà cioè di uccidere qualcosa e innalzare qualcos’altro. Per mantenere la Wirklichkeit Hegel, come Gentile, deve di fatto uccidere tutte le altre moglichkeiten.
La Wirklichkeit è lo scoglio che di tanta parte il guardo esclude? E cosa c’è al di là? Il cimitero delle moglichkeiten? E al di qua i rimpianti? (a meno che si sia dei duri, come Hegel e Gentile, cavalli da corsa dotati di paraocchi anti-moglichkeiten non-attuali)
A essere un po’ più coerenti, non c’è ragione che possa compiere una (s)elezione. La Wirklichkeit è una moglichkeit. O sono tutte morte o sono tutte vive (l’essere vivo a tempo è essere morto).
La distruzione non guarda in faccia a nessuno. Se qualcuno ne incrocia lo sguardo allora quella si rivela quale teatrante. Dietro le quinte ci sono solo altri palcoscenici.
@ILLUS. by JOHNNY PARADISE SWAGGER, 2020






…quello cantiniano è MEOUMENO, non MENOUMENO, perché non è negazione gnoseologica (impossibilità di essere conoscente) bensì ontologica (possibilità di non essere esistente).
Così parlò Dexistens.
“«ME-NOUMENO(N)» [pronuncia: «me-nùmeno(n)»] come negazione del noumeno(n) kantiano: un essere inconoscibile, ma non inconoscibile in quanto sostrato gnoseologico […] bensì inconoscibile perché non essendo(ci) è ignoto.”
Professore intendevo in questo senso menoumeno. Inconoscibile perché ignoto. Ma il “menoumeno hegeliano” è la negazione del noumeno Kantiano, in quanto inconsistenza della cosa (degradata da Cosa) prima che l’Intelletto la informi.