MATEMATICA

Si dica Matematica il discorso eristico che compie operazioni e analisi, scomponendosi e ricomponendosi tale che l’esito del suo svolgimento sia 1. Ciò poiché se l’esito fosse altro da 1, per esempio 2, si sarebbe ottenuto esito negativo, ossia un esito che non è il vero esito dell’operazione perché così essa risulta infinita.
Infinita s’intenda qui come non compiuta, tale che lo svolgimento matematico sia ancora in corso avendo quello da ultimarsi ritornando all’1. E all’1 s’ha da ritornare perché Egli è ciò che sot-tende l’intera operazione matematica (si sta ri-tenendo qui un’operazione matematica individuale).
Se altro esito fosse ri-tenuto quello sarebbe negativo perché 1 e 2 (che restano segni, che con tutta l’accortezza con cui sono da manovrarsi i segni, i quali recano con loro la negatività implicata dal dover ri-tenere la relazione (e così anche la manovra)) si assume che qualcosa significhino. E se 1, è evidente, significa Tutto allora 2 e tutti gli altri suoi compagni numeri pare debbano significare Nulla.
Dunque in questo breve discorso si intenda che 1 è nome di ciò che eternamente si tiene, mentre 2, per esempio, è nome di ciò che, per Suo imperscrutabile ludibrio, l’1 si pone apparendo come ri-tenuto ma assente. Inconosciuto e inconoscibile, il 2 è la mancanza che instilla nell’uomo il veleno del desiderio.
Μανθάνω significa imparare o ap-prendere, μάθησις è il desiderio di imparare e il μαθηματικός è, perciò, il cattivo scolaro tracotante che vuole (probabilmente consigliato dal Diavolo) sot-trarre sapere a Dio[1]. Ma Quello è di tutto com-prensione[2] e da Egli non si può sot-trarre né ast-trarre alcunchè. Poiché Egli è 1, non s-com-poni-bile se non come Egli già si pone.
Tuttavia è anche da dirsi che, tenendo ferma la Realtà dell’Uno, la Matematica si presenta come il discorso che non lascia scampo ai discorsi erranti. Ciò poiché ogni discorso altro non è che un’operazione matematica in cui figurano parole invece dei numeri.
[2] Vd. Apprendere e Comprendere.