SUL CRISTIANESIMO
Questo discorso s’intitola al Cristianesimo[1], ma è come se parlasse anche di altri monoteismi, conosciuti o no. Ossia quelle religioni che considerando ciò che io chiamo Sofia, Verità, Axios, Realtà, gli danno nome di Dio e, in qualche modo, lo ritengono distinto da ciò che appare, cosicché quest’ultimo sia parte illusoria dietro cui Dio si nasconde avendone scienza, Egli di quella ma non viceversa. Dio sarebbe la sistenza (da sistere, stare fermo) eterna che genera o produce l’esistenza effimera, rimanendo da quella separato. Ma tale distanza reca con sé problematicità, poiché, una volta indotto un primo principio che non appare (non esiste) ma siste, al contrario della sua creazione in perenne divenire (fino all’annientamento totale), quello non può che costituirsi come unica realtà, relegando l’esistenza al rango di irrealtà.
Inoltre che la Sistenza abbia scienza dell’esistenza è ciò che il Cristianesimo vuole dire. Ma così discorrendo risulta che l’esistenza non può che essere determinata dalla Sistenza e da questo il cristianesimo si vuole svincolare. Dunque deve ritenere (senza ammetterlo) che la scienza della sistenza non sia totale ma carente.
Ciò ammette una deficienza almeno parziale di Dio, che nondimeno resterebbe problematica anche se se ne affermasse l’ignoranza totale riguardo alle faccende mondane. Dio nell’avere scienza almeno di sé dovrebbe distinguersi da quella e, con ciò, non sarebbe Uno o sarebbe Uno ma privo di consapevolezza di sé, come di qualunque scienza.
Tralasciando in questo discorso tutte queste problematiche si può continuare a interrogarsi su Dio e mondo. Se s’intende mantenere i due piani come sistenti o esistenti, ognuno a suo modo, eterno l’uno, temporale l’altro, comunque si presenta una questione che non lascia chiudere il discorso[2]: Dio e mondo, ritenuti distinti, costituirebbero una totalità, pur si voglia estrinseca, che non può che essere maggiore sia del mondo sia di Dio.
In altre parole: Dio + mondo = qualcosa più grande sia del mondo che di Dio. Per quanto il mondo possa essere una dimensione trascurabile e pure irreale, comunque entra nell’equazione.
Come potrebbe mai Dio tollerare che vi sia qualcosa che non è suo? Essendo poi Dio egualmente presente in tutti i suoi aspetti (infinito in atto e tutto al massimo grado di perfezione, che manca di nulla e non desidera alcunché, come dice Tommaso d’Aquino) Dio è sé stesso in ogni parte di sé, come potrebbe sopportare di non essere qualcosa?
Ebbene non si dà a un discorso che si mantenga sul tracciato da esso stesso delineato una risposta diversa da: non potrebbe sopportarlo affatto.
Se Dio mancasse di mondo essendo quello diverso da Lui, ossia non un aspetto di Dio, Dio sarebbe mancante di qualcosa, ossia del mondo. Ciò perché così è stato ritenuto in principio di discorso. Dunque il Dio mancante, forse non desiderante ma mancante, di mondo siccome manca di nulla, rende il mondo nulla.
E così difatti si ritiene. Il mondo è nulla in quanto annientamento costante fino alla sparizione totale. E allora perché appare?
Il nulla-mondo appare senza essere (essere un aspetto di Dio). Il nulla-mondo esiste (si mostra), ma non siste; è costante negazione di sé e dunque non è considerabile reale perché non è eterno, perché per essere eterno dovrebbe essere immobile.
Il mondo è un ricettacolo di fantasmi a immagine imperfetta di Dio. L’accadere del mondo è situato nel nulla di Dio.
Questo pressappoco mi pare il discorso cristiano (con le sue problematiche), sulla base del quale per altro non mi sembra possibile capire se io sia in Dio o nel mondo (a meno che ammetta/presupponga che Dio, la Sistenza, non esiste, cioè non si mostra, perché nessuna mente sopporterebbe la sua apparizione, dunque che Dio sia indeterminato poiché i suoi aspetti non hanno un luogo in cui accadere, finendo per dire che Dio manca di qualsivoglia quiddità, perché mancante di un luogo di apparizione (determinazione)).
In mio aiuto potrebbe accorrere il fatto che ciò che in me ha esistenza si mostra come imperfetto (brutto? e in movimento), ma con esso appare poi anche il dubbio che tale imperfezione sia in sé perfetta (Dio è al massimo grado di bellezza, di bruttezza e del proprio così (e il movimento che appare è determinato)). E anche il dubbio è perfetto (sé stesso).
Non si riesce a scacciare il dubbio che suggerisce di essere già in Dio. Scansandosi, questo dubbio (skepsis, ricerca) rivelerebbe la certezza di essere già in Dio. E in effetti è alla credenza di non essere già in Dio che si fa fatica a credere, essendo nella mente tutto così perfetto (uguale a sé stesso). Dio è Tutto.
[1] Il Cristianesimo, a rigore, né esiste né è. L’onto-teo-logia millenaria che tenta di affermarlo (non) esiste nell’eccezione dei discorsi. Eccezione che i discorsi non possono realizzare. Tuttavia esistono corpi che, dicendosi cristiani, si comportano coerentemente col loro comportamento (ethos), che è talvolta dicibile cristiano se conforme a ciò che cristiano si definisce (nominalmente).
[2] Il discorso cristiano non è mai stato compiuto perché pecca di lacune di logicità (discorsività). Per altro è frammentato in interpretazioni divergenti e non compatibili tra loro. Dunque è arduo del cristianesimo farne oggetto e parlarne.
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