CAFFÈ FILOSOFICO 2021 (LICEO ARTISTICO) – RASSEGNA

Si è concluso il caffè filosofico di Simone Vaccaro, tenutosi in modalità telematica, con i ragazzi del Liceo Artistico Benedetto Alfieri di Asti, l’ultima settimana di gennaio e le prime due di febbraio.
Aveva proprio ragione Deleuze (in Differenza e ripetizione): è la ripetizione che svela la differenza, perché (s)fondata sulla Differenza. Il gusto del solito caffè, amaro o zuccherato, normale o corretto, lungo o ristretto, cappuccino o marocco prende sfumature di volta in volta altre, di volta in volta nuove. La differenza, punto di partenza o tappa obbligata, si svela nel dispiegarsi stesso del punto di partenza: si parte, si arriva e ci si ferma, ma il telaio di questi scossoni si mantiene, unitariamente si svolge e si esprime nei colori della differenza, nei sapori tutti contenuti in una tazzina di caffè.
La pausa caffè è il prendere tempo per eccellenza: lo si prende perché lo si sottrae dal circolo della ripetizione dell’identico a sé, dall’abitudinarietà del quotidiano. È la sottrazione il cui risultato supera ciò da cui si è sottratto. Prendere tempo vul dire fare della sottrazione cioè del meno, un’addizione ovvero un più: sottratto il tempo, ci resta un più-di-tempo, un tempo in più da condividere, riflettere, ragionare e dialogare. Prendere tempo è la Differenza che si instaura nel tempo preso, la Differenza in sé che si ripete nella ripetizione per sé, che si ripete differenziandosi nella ripetizione.
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Per questo il medesimo caffè si è filosoficamente spostato, ha incrociato spunti, riflessioni, suggestioni e suggerimenti differenti: dal problema dell’interruzione del binario instradato della nostra quotidianità infranta dall’emergenza della pandemia – che nel suo venire alla luce ha gettato luce sull’impensabilità di un reale che ha la caratteristica di prenderci sempre in contropiede, costringendoci a pensare -, alla narrazione della crisi dalla stessa conseguita; dalla narrazione come atto di giustificazione di un apparente ingiustificabile, alla narratività come cifra metafisica di una Unità che altrimenti sarebbe dilaniata se non si narrasse nella Molteplicità dei racconti che non fanno che raccontare di Lei, per giungere, infine, alla contrapposizione della differenza tra un tanto massimale anelito utopico quanto l’altrettanto, sebbene rovesciato, istinto distopico postcatastrofico.
E dalla narrazione si è passati alla lettera, mattone della narrazione, alla sua filologia, all’approccio filologico del filo-logico la cui logica trascende la mera sommatoria di parti in quanto si sofferma sulla spinoziana espressione, sullo «spanciarsi» (Calvino) geometrico della Sostanza in tutti i suoi modi. Ci si è soffermati sulla domanda della traduzione che la lettera avanza in ogni sua manifestazione: è possibile una traduzione letterale? e si è vista la risposta geometrica, dello svolgimento rafforzativo nella proposizione dedotta, fenomeno autentico del deducibile, interno al deducibile, immanente ad ogni dedotto che dice, che traduce sempre qualcosa del deducibile sostanziale. Per questo si è affrontata la vertigine della lettera che è la vertigine della Sostanza, di Dio dell’Uno propria del filosofare di Baruch Spinoza.
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Alla fine non si è giunti alla fine. La pausa caffè ha un inizio e una fine e quest’ultima sì, è giunta alla fine. Ma la domanda lascia ancora il riverbero del gusto del caffè, aprendo il campo ad altre domande, ad altri caffè…
@ILLUS by JOHNNY PARADISE SWAGGER, 2021