CLINICA DEL VOTO

VERIFICA SU PLATONE
Per farvi capire
qual è l’aspetto più esiziale
della “clinica del voto” nella scuola di oggi,
vi racconto una parabola.
Un Lunedì 1º aprile di un anno sconosciuto di una settimana ignota sita nel primo decennio del XXI secolo, in una terza liceale di una delle migliori scuole d’Italia, accadde che la prima ora fosse scoperta: era assente l’insegnante di filosofia. Marasma. L’insegnante era morto e il Dirigente proprio non riusciva a decidersi: se fare prima le condoglianze telefonando alla moglie del defunto, o se dare subito la nomina al supplente; decise che la prima cosa giusta sarebbe stata andare in sala docenti e trovare il sostituto più adatto per coprire la particolare assenza (anche perché, si sa: per gli studenti di terza, filosofia è una materia nuova…).
Ma, nel breve lasso di tempo in cui il Dirigente cercava di scegliere la priorità più opportuna fra supplenza e sostituzione, accadde che alla cattedra di quella classe terza sedette, tanto misteriosamente quanto improvvisamente, nientemeno che Platone in persona: redivivo! non c’era stato ancora nemmeno il tempo per vedere se in sala professori vi fosse un insegnante libero e adatto all’assistenza, che Platone giocò d’anticipo: anticipò tutti e entrò in quella classe. [Col senno di poi, quando si seppe, qualcuno disse che Platone si reincarnò (seppur per una sola ora) proprio per il fatto che lì, in quella classe, il giorno dopo i ragazzi avrebbero avuto una verifica su di lui, ma forse queste sono solo illazioni di gente che voleva a tutti i costi spiegare il mirabolante avvenimento].
Ovviamente nessuno dei ragazzi sapeva che quello era Platone (e chi avrebbe mai potuto immaginarlo?); il quale, sedutosi in cattedra, abituato com’era alla sua Accademia, pensò subito che quei ragazzi – i quali non s’erano nemmeno alzati in piedi – pendessero dalle sue labbra (anche perché – non si sa come – Platone sapeva già che quegli studenti, il giorno dopo, avrebbero avuto una verifica su di lui; non si sa come, anche se, col senno di poi, qualcuno disse che fu il prof. stesso che era deceduto a dirglielo, non appena passò da questo all’altro mondo). Com’è come non è, sta di fatto che in quella classe nessuno aveva la minima intenzione di “pendere” dalle labbra di quello sconosciuto sostituto; una pendenza ben più importante pendeva sulle teste di quei giovani: una verifica su Platone.
I due rappresentanti di classe presero il coraggio a due mani (incredibilmente non a quattro) e dissero quasi all’unisono: «Professore, ci scusi, noi non la conosciamo, ma…»; a quel punto Platone li interruppe e disse: «Ho sempre insegnato filosofia…»; al che i ragazzi lo interruppero a loro volta e dissero: «…non la conosciamo, ma domani abbiamo una verifica su Platone e sa, siamo già al primo di Aprile, siamo indietro col programma: se ci va male, di filo si mette male».
Questo fu il momento più solenne, perché fu allora che Platone decise di svelare la sua identità; in verità, egli avrebbe preferito mantenere l’incognita (forse per toccare con mano la preparazione filosofica in una terza liceale del XXI secolo), ma, vedendo quegli adolescenti così in pena per una verifica “su di lui”, si sentì quasi – come dire? – “in colpa”; sì, diciamo pure che si sentì praticamente colpevole. Allora chiese il silenzio e, dopo essersi raschiato la gola con un magistrale colpo di tosse, disse: «Ragazzi, sappiate che Platone sono io». Colpo di scena.
I ragazzi ci credettero, anche se avrebbero potuto non crederci; ci credettero, che quel signore seduto in cattedra era Platone (quando uno non crede più a niente e a nessuno è proprio allora che finisce col credere a tutto e a tutti: si chiama nichilismo gnoseologico, o relativismo assoluto, o pensiero debole). Detto sinceramente, Platone immaginava che quella classe si sarebbe letteralmente messa a fare salti di gioia, del resto, quale migliore occasione può darsi, quando uno ha una verifica su Platone, se non “andare a ripetizione” da Platone in persona? Be’, sì, fa un certo effetto, dire che Platone scende dal cielo per venire in terra a dare ripetizioni di se stesso, ma, in virtù della sua teoria mimetica si potrebbe anche dire. Comunque… Platone si aspettava che quei fanciulli salissero al settimo cielo (all’iperuranio magari no, ma al settimo cielo sicuramente sì) dopo aver sentito una rivelazione di identità così clamorosa, così apocalittica.
Invece no. Non successe nulla di quanto l’umano buon senso platonico avrebbe potuto prevedere. Senza alcun timore reverenziale né stupore più di tanto, i due rappresentanti di classe ripresero a parlare, e dissero: «Signor Platone, ci scusi, non è che noi non vogliamo sentirla far lezione, anzi… ma è che… sa… domani noi abbiamo una verifica su di lei e… se non si offende, le chiederemmo, a nome della classe: signor Platone, in questa ora, ci lascerebbe studiare Platone?».
Platone non capì, ma stette zitto tutta l’ora,
per lasciare che quegli strani studenti
potessero “studiarlo”.
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@ILLUS. by MAGUDA FLAZZIDE ft WANDO, 2023