ONTOLOGIA E MEONTOLOGIA
L’essere è equivoco: può sembrare che ci sia, può mostrarsi addormentato, ma può anche sembrare che non ci sia, può dar mostra di essere morto; quasi tutti, però, preferiscono dire che è vivo, che fa solo finta di essere morto, che sta solo dormendo.
L’essere sa mostrarsi cadavere. Forse è necessaria un’anima perlomeno cianotica perché ciò si possa dire. L’apparizione avvizzita ha luogo nell’essere che è. Tuttavia “l’atteggiamento che gli esseri umani hanno sempre avuto nei confronti dell’essere” pare quello che gli stessi adottano nell’imbattersi in un corpo steso in un letto con gli occhi chiusi. Se non è putrefatto, “perché non dire che è vivo?”
– 1) L’essere, o il MORTO che fa finta di DORMIRE.
Avventurarsi in letture cantiniane è pane per i denti di un “viola essere meontologico”. Davide Cantino, il Desistenzialista, innalza fiero i vessilli dell’Irrazionale, il nonessere.
Nonessere che si fa culla originaria, dolce oblio cui tendere, eterno isolamento insensibile. Il discorso cantiniano è una teleologia trascendetale.
Desistere è l’astenersi dal far esistere, e desistenza è questa astensione.
Gli umani condotti all’esistenza “subiscono eminentemente l’atto poietico dei loro genitori” e vengono condannati con l’actio procreativa di quelli a una vita che “comincia con la passio“.
Il totalitarismo ontologico, inaugurato nel Sofista, si fonda sull’identificazione di essere e verità, “assunto assiomatico di ascendenza platonica”.
Ciò che è vero e buono deve anche essere e, pertanto, in ossequio a tale idea di verità, vengono nell’essere condotti quelli che, prima della nascita, sono ancora i non-nati.
Non-nati che vengono strappati all’oblio della potenza (δύναμις, dunamis), che è invece giusta dimora degli umani. Questi iniziano la vita terminando la morte. La vita è la fine della morte che (non) vi è prima della vita.
L’essere, ovvero il morto che fa finta di dormire: nella proposta di Cantino è il nonessere a essere gravido dell’essere. La sistenza morta priva di esistenza (apparizione) precede l’avvenimento della consapevolezza che l’essere ha di sé nell’uomo.
L’essere che è vita (in atto – ἐν-ἐργόν, en-ergon) emerge dall’essere morto (potenza – δύναμις, dunamis) e si fa energoumeno che costringe all’atto i nascituri (cfr. Cantino su Aristotele, in un altro testo dell’autore, L’ingiustizia dell’ontodicea).
Il nonessere, però, ha bisogno di essere detto, perché non c’è niente da dire. Esso è possibile come assoluto silenzio. “Dacché l essere ama il dia-logo e la relazionalità del diverso”, si realizzi il nonessere nella sua irrelatezza (assolutezza) muta. L’essere privo di enti (umani) è il luogo del nonessere.
Noi possiamo pensare e desiderare che, non facendo più figli per una generazione (=desistenza), l’assenza dell’unico essere pensante – l’uomo – sulla faccia della terra, renda superflua la Verità, l’Anima, lo Spirito, e qualunque altra entità, intellegibile o sensibile.
– 2) MORS et VITA DUELLO…
I temi affrontati dall’autore sono quelli che gli sono più cari (l’apologia della dimensione della Morte, il discredito dell’esistenza conscia) e questo opuscolo, in particolare, si rivolge al Platone del Sofista. Egli è, nelle parole dello straniero eleate, lo stilatore della magna charta del totalitarismo ontologico. Platone non prende nemmeno in considerazione il nonessere, il contrario – ἐναντίον (enantion) – dell’essere, “perchè il suo essere è un essere logico-verbale”, in virtù del quale si esclude ciò di cui non si può parlare.
Il nonessere, tuttavia, può darsi sul piano ontico-esistenziale. In esso “essere morto è ἄψυχος εἶναι (apsuchos einai)” e così “sembra che la δύναμις τῆς κοινωνίας (dunamis tes koinonias) sia recuperata”. L’essere può accogliere sia la vita che la morte. Ma con un’importante differenza: l’essere che è morto è incapace di agire (ποιεῖν, poiein) e patire (πάσχειν, paschein). Poiché è insensibile.
Senza il piano ontico-esistenziale, secondo Cantino, non vi è vero essere. Si può dire che tra il piano della vita umana e della morte non umana la differenza sia radicale. Differenza ontica e non ontologica, ma è il discrimine esistenziale ciò che conta, non quello linguistico-verbale.
Tuttavia il Sofista recepito dall’Occidente è intriso di influenze cristiane. Quello che filtra è un cattoplatonismo: il non-essere relativo di Platone è integrato col non essere ontologico-sistenziale della teologia cristiana cattolica.
“Il cattolicesimo minaccia in modo ontologicamente terroristico” la definitività dell’eterno. L’Inferno può essere inteso come “la pena di subire l’assenza dell’Essere di Dio in sé”. Il Paradiso è il contemplare (agire) la presenza dell’Essere (Dio).
Nel cattolicesimo la morte è “non essere Essere”, ossia la lontananza da Dio annessa alla coscienza di tale lontananza.
Anche nella versione cristiana al nonessere non è riconosciuta la sua dimensione. Esso è sempre trattato come privazione.
Mai è stato preso in considerazione il discorso che nega la vita né il silenzio che celebra la Morte.
– 3) MEONTOLOGIA
“Il paradigma procreativo è spacciato per logico, ma è istintuale”. “L’essere partorisce e l’ente lo imita”.”E un’interruzione della gravidanza?”
Quello che Cantino predica non è il suicidio ontico, bensì l’aborto ontologico. La capacità di “pensare il proprio essere vivo” è una “malformazione genetica”. Ci si adoperi nel non fare figli per una generazione e l’essere tornerà finalmente privo di anime, ossia nonessere.
L’uomo può correggere la propria infedeltà all’essere insensibile (il nonessere) che l’ha partorito, prevenendo la vita piuttosto che curarla. Cantino è un profeta anti-concezionale.
NOTE
- Nel libro è proposta un’alternativa ai cinque generi sommi platonici: i tre generi sommi di Cantino: 1) Essere; 2) Vita; 3) Morte.
- Sono paventate cinque categorizzazioni di essere (ontico): 1) Essere Logico, il cui principio di ragion sufficiente è la Verità che esclude totalmente il Nonessere; 2) Essere Esistenziale, con principio di ragion sufficiente il σῶμα (soma), unica realtà ontologica, ma mortale; 3) Essere Psichico, caratterizzato da Anima immortale in comunione con gli immutabili; 4) Essere Pneumatico, fiducioso della resurrezione in corpo spirituale; 5) Essere A-logico, il cui principio di ragion sufficiente è la Falsità, che essendo meontologica non è un disvalore.
- Tali classificazioni corrispondo a cinque modi di esistenza e cinque colori: 1) Essere Logico – nero razionale; 2) Essere Esistenziale – rosso animale; 3) Essere Psichetico – verde speranza; 4) Essere Pnoetico – celeste speranza; 5) Essere Meontologico – viola irrazionale.
- Il nero essere logico non conosce la morte, ma non è autonomo, è eteronomo, dipende dall’essere umano pensante.
- Il rosso ferale non ambisce la verità, la lambisce soltanto dal basso della verità ontica.
- La verde speranza ama un’identitas post mortem che risolve l’ontica eteronomia dell’essere al di qua, disincarna la ψυχή (psuche).
- La celeste speranza incarna lo spirito e rivitalizza il corpo in gratia Dei.
- Il viola a-logico si propone di riportare alla quiete dell’Uno, che, senza movimento ontico, è la morte ontologica, dolce nonessere.
Davide Cantino, Ontologia e Meontologia, 2018 (credo), stampato in Polonia, Amazon Fullfilment – Wroclaw, autopubblicazione, pagine 79. Questo è “Swag καθ’αὐτό (kath’auto)”!
Commentario
Il Desistenzialismo è certamente, in talune sue considerazioni teoretiche, una forma eminente del Nichilismo. Infatti il ribaltamento dell’impostazione logica canonica, per esempio di Tommaso d’Aquino, che vede l’atto precedere l’eventuale potenza sembra arbitrario e ottenuto antiteticamente più che per vie speculative.
È stravolta anche la formula già melissiana (più che superflua, nichilistica) dell’ex nihilo nihil. L’essere che non appare, che non ha notizia (consapevole) di sé, sarebbe per Cantino da dirsi morto. Tuttavia la scienza (apparizione) è ciò di cui ci facciamo testimoni e da quel dato si dovrebbe partire.
Come può la coscienza germogliare da un sostrato che ne è privo? Come può la Morte (il Nulla formale) partorire la Vita (esistenza) a partire da quel terreno comune che è l’essere sostanziale?
Ammesso che sia possibile anche se indicibile (illogico), il dubbio dovrebbe permanere: davvero la quiete dell’Uno, senza il movimento ontico, è la morte ontologica?
E in effetti in Cantino, forse, questo dubbio vi è. Egli attribuisce la predilezione per il movimento ontico al totalitarismo ontologico cui tende la tradizione dell’Occidente, ma riguardo all’immobilità non-ontica non ha molte argomentazioni da esibire.
Sarà che quello riguardo alla Morte è un discorso a-logico e dunque muto, ma nel silenzio qualcosa continua a parlare.
Se fuori del movimento ontico vi fosse apparizione (in-formazione) eterna immobile il discorso cantiniano sarebbe teoreticamente sbagliato. Ciò perchè, sebbene il preteso punto fondamentale rimarrebbe invariato (da morti si sta meglio che da vivi), è la distinzione su cui si fonda che verrebbe a mancare. Da morti si è ancora vivi; non onticamente ma ontologicamente, eppure è Vita.
Ciò implica esiti infausti per il proposito pragmatico del Desistenzialismo. Infatti se la Vita dell’apparizione è eterna e immobile fuori dell’ontico, allora è in questo solo dicibile in movimento e anche qui eterna. (In effetti l’ontico vive l’atto, immobile e già realizzato, mentre il movimento, l’indeterminazione, dovrebbe trovarsi fuori di quello, in potenza).
Ciò che appare è Destino; che ciò che non appare (relativamente) anche non sia (assolutamente) è da dimostrarsi. Se ciò si rivela impossibile, si dischiude una diversa panoramica. In tale prospettiva l’Essere è già posto per gli enti così come è posto. È Quello che si riserva di essere estinzione per l’ontico se così è, non si dà che l’uomo possa fare progetti al riguardo.
Per altro la vita ontica non sarà sempiterna e ovunque locata, ma comunque ha le sue ineliminabili eterne posizioni nell’Essere. Deus vult!
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@PHOTO by PATRICIA MCBEAL, 2019
Sono Davide Cantino. Ringrazio per la recensione. Vorrei solo mettere in guardia da certi commenti (stanno già arrivando) di certuni che non hanno ben capito cos’è il DESISTENZIALISMO; bisognerebbe poter discutere, dibattere, anche.
Siccome qualcuno si chiede se io sia filosofo, dal momento che insegno MUSICA, rispondo che lo sono, e soprattutto nel senso indicato da Platone:
Μουσικὴν ποιεῖν
…spesso nel corso della mia vita mi veniva a trovare lo stesso sogno,
che mi si mostrava con visioni di volta in volta differenti,
ma diceva le stesse cose:
“Davide, componi e pratica l’arte delle Muse”.
E io, almeno in passato, supponevo che mi esortasse e mi incitasse
a fare esattamente quello che stavo facendo,
come coloro che incoraggiano i corridori;
così ritenevo che il sogno incoraggiasse anche me
a fare proprio ciò che stavo facendo,
cioè a praticare l’arte delle Muse,
poiché la filosofia è la forma più alta di arte delle Muse,
e questa io stavo praticando.
Il commento al quale faccio riferimento è questo:
«Un filosofo dalle ombre! Davide Cantino, il Desistenzialista, si scaglia in questo libro contro Platone, stilatore della magna charta del totalitarismo ontologico, che ha dominato nei secoli in occidente, il Sofista. Ampia recensione su @arena.philosophika, link diretto in bio. Cantino (@musica.alle.medie), professore di musica alle medie nel torinese, è un filosofo? Egli definisce i filosofi “spacciatori di verità” come altri. Ma bisognerà pur fare filosofia per combattere la filosofia…»
Che senso ha la domanda qui posta: «…è un filosofo?». Me lo dica questo signore, chi è un filosofo; dibatta con me, e lo sapremo presto, chi dei due è davvero filosofo (premesso che filosofo non è certo necessariamente chi ha una laurea in filosofia). Filosofi ‘spacciatori di verità’, certo, perché la Verità non la conosce nessuno (dogmatismo religioso a parte); e tuttavia questo è irrilevante ai fini di un dibattito “sub specie dexistentiae”, poiché molti faticano ancora a capire che qui non è in questione una filosofia che vuole «combattere» altre filosofie, bensì un pensiero che anela a una dimensione anti-ontologica la quale, se si realizzerà, qualunque filosofia sarà zittita dal Silenzio stesso.
Quanto alla Musica (che come arte delle Muse è comunque filosofia pura), il mio commentatore non deve preoccuparsi: l’attività lavorativa non va minimamente ad incidere – nel mio caso – sulla vocazione filosofica, ché quando si è veramente filosofi la professione lavorativa non tocca per nulla la professione di fede filosofica (in questo caso desistenzialista); a meno che nel chiedersi se uno quando pensa e parla è veramente filosofo si voglia difendere una categoria per appartenere alla quale occorre una sorta di tessera di partito, ma se è così, allora è inutile stare a parlare.
[Il commento cui fa riferimento Cantino è tratto dalla pagina Instagram “mancioxlibri”, allegato al post su questo stesso libro”]
Si dica filosofo chiunque parli con la pretesa di cogliere qualche realtà oggettiva, assegnando significati reali ai nomi che nel linguaggio compaiono. In tale circostanza si è filosofi.
Tuttavia il filosofo si distingue come tale solo nominalmente, poiché identico e diverso sono identici.
E così anche il DESISTENZIALISMO non può che farsi nome. Circa i suoi propositi CANTINO nell’Arena discuta. Quella, l’agonia delle filosofie, è così nominata per farsi battaglia.
E che vinca la battaglia!
Firmato: un PARMENIDISTA VOLGARE.
Il Cantino ha lasciato un ulteriore risposta all’ultimo commento, ma essendo troppo lunga è stata editata in un articolo pubblicato in “Voci dell’Arena”
LINK>>> https://arenaphilosophika.it/cantino-nellarena/
eddymanciox risponderà a breve in un articolo.