VIAGGIO IN ITALIA

I grandi viaggiatori non hanno bisogno di mettersi in cammino. La celebre camera di Joseph de Maistre, i sensi ancora più celebri di Marcel Proust, la scandita monotonia di Kant rivelano quanta distanza possa essere colmata con i muscoli della mente e della fantasia.
Ma quando arriva l’estate, e tornano a vivere i ricordi dei lunghi e assolati pomeriggi di infanzia, e cresce il pensiero di settembre assieme a centinaia di propositi nuovi, ebbene, in quel momento, il corpo può sentire il bisogno di mettersi in cammino per davvero. A coloro che avranno la possibilità di farlo, si consiglia, ancora e sempre, l’Italia.
L’Italia, una e molte, ballerina cangiante in perpetuo divenire nella composita danza delle sue evoluzioni, nell’ineffabile armonizzazione delle differenze siderali. Centro di gravità e sintesi icastica della bellezza, creatura nel contempo alta e bassa impastata con sangue e prosa, dove l’Alto Adige con i fuochi del Sacro Cuore di Gesù e il santuario di Santa Maria dell’Isola di Tropea si appartengono reciprocamente per chiunque abbia ancora la nobile e fanciullesca capacità di vedere l’invisibile.
Un filo tricolore di terra e cielo unisce il Golfo dei poeti di La Spezia e le mura di Monteriggioni, la Rocca del Leone sul Trasimeno e quella di San Leo sulla verde e bruna Valmarecchia. Il Sesia che sfila nell’omonima vallata e lambisce i piedi del Sacro Monte assomiglia invece, per qualche motivo inspiegabile che riguarda le periferie del cuore, al Cilento e alla Lucania. Di balze e minerali e mosaici instancabili che rifiniscono come contraltare ipotetico centinaia di aiole e pietraie, i Colli Euganei e il Conero continuano una linea che comincia nella Venezia Giulia, dove il mare che guarda a oriente carezza implicite trincee imperiali.
Dall’altra parte le tenaci e altere fortezze valdostane, con Sarre in testa, suggeriscono gli itinerari dei re come dentro a un racconto fantastico che comincia sulle vette e arriva a Monza, alla villa, la prima dimora in Europa a essere illuminata a corrente, primato di un’Italia nel contempo provinciale e cosmopolita.
Immagini di lavoratori e famiglie accalcate su treni in ritardo fanno unita la penisola delle disgrazie e del sudore, mentre i vulcani ribollono di magma preistorico, come preistorica è l’arteria delle coste isolane. La Sardegna è quella che è, più terra che mare, incredibile e misteriosa come una leggenda ancestrale. Sant’Elia di Palermo è la vecchiaia grata, è il riparo dai temporali delle brutture, come lo possono essere le rive adriatiche brulle e turchesi dei trabocchi, di Petacciato e del Gargano.
Il Santo della Civita troneggia in mezzo e ancora illumina con la propria santità e con la propria escatologia i calanchi di campagna e i tramonti rosa come la vita appena cominciata.
Attorno ci sono le cose immortali di sempre, vestigia di bellezza nelle quali inciampare per caso e ritrovarsi a scoprire l’infinito. Poiché se le nazioni hanno un tempo effimero di gloria, e quello italiano è finito con la mediocrità del progresso, rimangono le ossa del passato a ricordare quello che nondimeno può rinascere. Ci sono mari, colli, pietre. Ci sono vette, affreschi, strombature, sagrati. Ci sono dialetti, crepuscoli, orti, prigioni e spade. Poi, nutriti di storia eterna, quando cala la sera è bello fidarsi di osterie familiari dove bere Biancame e Grignolino, Grechetto e Aglianico, Pigato e Lagrein, dove lasciarsi rapire da insospettate tradizioni di elicicoltura e cacciagione, fra cibi poveri assurti a capolavori e capolavori tanto grandi da diventare popolari.
Italia unica, piena di eterno e piena di spirito, impregni con la tua storia le scogliere aspre, le pievi calme. Italia che inviti a levare lo sguardo verso l’alto per trovare il punto dove tutto converge: quel punto che ti fa essere una e molte, che ti veste come una regina e ti incorona capitale di un impero spirituale che non potrà mai morire.