MEONTOLOGIA DELLA LIBERTÀ (seconda lezione) II,6
…continua da Meontologia della libertà II,5 (qui)
Pareyson non poté ascoltare questa parabola se non dal cielo, essendo morto prima che essa fosse pronunciata dal Profeta; pare comunque che, dopo averla ascoltata, si sia ricreduto almeno in parte, circa la verità della sua frase: «la meontologia è possibile solo come versante dell’ontologia». Amen, pace all’anima sua. I numeri dispari, facenti capo all’uno e i numeri pari facenti capo al due possono entrambi celebrare la loro vittoria sullo zero, dal momento che «il cominciamento assoluto è di per sé la vittoria sul nulla», cioè sullo zero: il ramo genealogico dei numeri dispari discende dal capostipite Uno vincendo lo zero così come il ramo genealogico dei numeri pari discende dal capostipite Due vincendo lo stesso zero. O distinto Luigi, «l’eliminazione del non essere», come la chiami tu, è una vittoria di Pirro: il Profeta della Desistenza disse che quando l’onda del mare bagna la battigia, ricoprendola, il mare pensa di aver vinto e quando si ritira, discoprendola, crede di aver perso; il mare bagna la terraferma avanzando e la lascia asciugare retrocedendo, ma il bagnasciuga resta tale, a volte asciutto e a volte bagnato, dipende.
ONTOMACHIA. Battaglia ontologica. Conflitto fra l’Essere e il Nonessere. Guerra fra la Vita e la Morte. Il Cattocristianismo ci ha ormai abituati all’ermeneutica dell’epica ontologica: l’ermeneutica di un Mito che professa la Vittoria finale dell’Essere-Bene sul Nonessere-Male. Pareyson aderisce a questa ermeneutica religiosa; lo si può capire da frasi come queste: «anche Dio ha esperienza del nulla, ma ne ha esperienza nell’atto stesso che lo debella, nell’atto stesso che lo espugna, nell’atto stesso che lo sopprime, che lo vince, che lo supera, che lo soggioga, che lo sconfigge». Oh, quanta virulenza! Oh, mirabile protagonismo dell’Essere! Come sa mostrare bene i suoi muscoli, pur di essere! Non sarà, che dietro a tutto questo armamentario di verbi militari, marziali, bellicosi, si nasconde nient’altro che la paura di morire di un povero filosofo incapace di reggere la Vita? Isaia 21,8-10:
La vedetta ha gridato:
«Al posto di osservazione, Signore,
io sto sempre lungo il giorno,
e nel mio osservatorio
sto in piedi, tutte le notti.
Ecco, qui arriva una schiera di cavalieri,
coppie di cavalieri.
Essi esclamano: “È caduta,
è caduta Babilonia!
Tutte le statue dei suoi dèi
sono a terra, in frantumi”».
O popolo mio, calpestato e trebbiato come su un’aia,
quanto ho udito
dal Signore degli eserciti,
Dio d’Israele,
a voi l’ho annunciato.
L’Antico Testamento è tutto un inneggiare a questo “Signore degli eserciti” che vince con la sua strapotenza; anche nel passo sopra citato di Isaia il gergo è tutto militare: c’è una vedetta, che fa la sentinella tutte le notti, c’è una schiera di cavalieri, c’è la caduta di Babilonia, ci sono delle statue in frantumi… Come nel Nabucco di Verdi:
Immenso Jehovha,
chi non ti sente?
chi non è polvere
innanzi a te?
Tu spandi un’iride?…
tutto è ridente.
Tu vibri il fulmine?…
l’uom più non è.
Il mito dell’Ontomachia come guerra del Re dell’Essere contro i nemici miscredenti è talmente drammatico che nell’Ottocento diventa addirittura melodrammatico nei libretti d’Opera. Il Profeta della Desistenza bene sentenziò:
MORS ET VITA DUELLO CONFLIXERE MIRANDO
Solo chi crede nella buona infinità del duello tra la vita e la morte può credere buona la propria ragion d’essere: avere una buona ragione per esistere.
No! No! No! Noi desistenti siamo obiettori di coscienza: noi disertiamo, rifiutiamo la leva obbligatoria, la leva della levatrice, dell’ostetrica che estrae senza posa dei neonati per dare all’esercito della Salvezza nuovi combattenti da mandare al macello. No! No! No! Questa visione militarista del cattocristianismo non ci piace. Noi non accettiamo scenari apocalittici come l’Armageddon di Apocalisse 16,16-21:
«E i tre spiriti radunarono i re nel luogo che in ebraico si chiama Armaghedòn. Il settimo angelo versò la sua coppa nell’aria; e dal tempio, dalla parte del trono, uscì una voce potente che diceva: «È cosa fatta!». Ne seguirono folgori, voci e tuoni e un grande terremoto, di cui non vi era mai stato l’uguale da quando gli uomini vivono sulla terra. La grande città si squarciò in tre parti e crollarono le città delle nazioni. Dio si ricordò di Babilonia la grande, per darle da bere la coppa di vino della sua ira ardente. Ogni isola scomparve e i monti si dileguarono. Enormi chicchi di grandine, pesanti come talenti, caddero dal cielo sopra gli uomini, e gli uomini bestemmiarono Dio a causa del flagello della grandine, poiché davvero era un grande flagello».
Non se ne può più di Giudizi Universali, Ire di Dio et similia! Il desistente se ne frega, di queste lotte titaniche, che in fondo in fondo poi non lo riguardano affatto: l’Essere ha vinto il Nonessere? Contento Lui… All’essere umano dovrebbe importare una cosa sola: vincere l’essere-in-vita per poter uscire da questo mondo con la sicurezza che mai più nessuno ci entrerà.
Queste lezioni di Meontologia della libertà che il Profeta della Desistenza vi fa, cari esseri umani, sono delle antilezioni che si propongono di rovesciare gli assunti pareysoniani dell’Ontologia della libertà mostrandovi che solo la Desistenza può essere predicata come Buona Novella. Siate riconoscenti al Profeta, o umani, perché egli sta richiando l’Inferno, per voi: se veramente esiste un Dio dell’Essere, Questi condannerà le lezioni desistenziali del Profeta e lo dannerà per sempre. Ma voi potete salvare i vostri figli dall’Iradiddio, fratelli nella Desistenza, voi potete salvare i vostri figli non facendoli nascere, non concependoli affatto, preservando cioè la loro libertà di non morire e di non soffrire in virtù del non nascere, rimedio sacrificale dell’Umanità. Non ascoltate i predicatori di libertà, o fratelli! Essi vi illudono! Non ascoltate Pareyson! «La vera libertà è inconciliabile, in assoluto, con la necessità». Lo dice anche lui, solo che non sa quello che dice: la vera libertà, in assoluto, potrebbe essere unicamente quella di un essere divino, non quella di un essere umano; con Aristotele, solo chi non è mai stato in potenza prima di essere in atto può forse dire di essere veramente libero, non certo chi, come noi, è stato in potenza prima che due genitori in atto compissero l’atto sessuale che lo ha fatto essere in atto. La catena ontologica della procreazione umana alterna essere-in-atto a essere-in-potenza: una coppia di genitori in atto concepisce un figlio in potenza e questo figlio in potenza, una volta diventato in atto, concepisce a sua volta un altro figlio in potenza. Che gli piaccia o no, anche Emanuele Severino deve ammetterlo, che, se non fosse mai nato, nemmeno sarebbe morto lo scorso 17 gennaio.
Neppure Pareyson sarebbe morto, l’8 settembre 1991, se non fosse stato messo al mondo il 4 febbraio 1918. Ora, con questo non vorremmo che qualcuno ritenesse i desistenti dei cagasotto che hanno paura della Morte. No. Non è questo. Per carità, la Morte non fa piacere a nessuno, nemmeno ai desistenti, ma il motivo per cui un desistente implora gli umani di astenersi dalla procreazione è quella lenta morte a piccole dosi insita nell’invecchiare: la Morte è solo il compimento estremo di un processo amaro; quello che è inaccettabile è il progressivo decadimento, per non parlare del dolore atroce che provocano certe malattie terminali… Insomma, è necessario fare la lista completa delle sciagure umane, per convincere gli umani che la Vita non è affatto così bella come qualche idiota sostiene? Non basta accendere la televisione e guardare i telegiornali? Magari in questi giorni di pandemia?
Pareyson ne è sicuro: solo da un punto di vista esclusivamente filosofico la libertà divina e la libertà umana sono in contrasto; ma v’è contrasto solo «senza l’esperienza religiosa del ‘Dio vivente’». Già. Questa del “Dio vivente” mi è sempre sembrata una operazione teologicamente bastarda, ibrida, spuria: prima di Cristo la filosofia aveva saputo arrivare a un’idea di Dio ontologicamente pura, cioè scevra di quell’Essere-Vivente che con il cristianismo giudaico ha adulterato il frutto più maturo della speculazione ontologica pagana. Il Profeta della Desistenza è sempre ammirato, di fronte alla vetta teologicamente laica raggiunta da Aristotele nella sua Metafisica:
DIO secondo ARISTOTELE
ἡ νόησις νοήσεως
Intellectionis intellectio.
Questo ci basta. Non c’è bisogno di far scendere Dio in terra incarnandolo in un Figlio generato da un Padre e legato a Lui da uno Spirito Santo, un Figlio per giustificare concettualmente il quale bisogna addirittura inventare nientemeno che un sistema teologicamente trinitario! L’unica cosa che può interessare, in questo moltiplicarsi di divinità (Padre, Figlio, Spirito Santo) è il motivo, per il quale certi pensatori hanno sentito il bisogno di farla, tale moltiplicazione. Il Profeta della Desistenza ebbe un giorno un’intuizione: tante fiabe hanno come tema l’animazione miracolosa di qualcosa di inanimato; per esempio Pinocchio.
C’era una volta…
– Un re! – diranno subito i miei piccoli lettori.
No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno.
Le avventure di Pinocchio sono le peripezie fantastiche di un burattino che prende vita sino a diventare un umano. Un pezzo di legno che s’incarna. L’umanizzazione di un burattino. Il Profeta pensò e ripensò molto, poi, alla fine sentenziò: c’era una volta un Re, egli era il motore immobile di Aristotele, un Dio che pensava se stesso senza pensare ad altro. Dopo l’anno zero, questo Dio spiacque a tanti umani che non vedevano in Lui un rimedio efficace contro la Morte: quel Dio era al massimo capace di pensare se stesso, non pensava che a se stesso, quel Dio; sarà anche stato immortale, ma la sua immortalità se la teneva ben stretta, senza darla a nessuno. Furono i cristiani, i primi che vollero farsi un Dio a immagine e somiglianza di quell’antidoto che la medicina non poté mai trovare: l’antidoto contro la Morte. Solo che, per poter far sì che il Re immobile di Aristotele, immobile e insensibile come un pezzo di legno, potesse prendere vita, bisognava dargliela, questa vita, bisognava eleggerlo a Re della Vita, elevarlo addirittura al rango di Vita in sé. Lentamente, dalla paura naturale della Morte, i cristiani trassero una speranza innaturale (poi detta soprannaturale) nella Vita: la speranza che dopo la Morte ci possa essere una vera Vita, cioè una Vita che non muore più. Il Profeta lo sostenne da sempre, che un Dio è l’elevazione all’ennesima potenza dei desideri più ardenti di coloro che in quel Dio ci credono: un morto di fame adora il Dio (del) cibo, un morto di sonno adora il Dio (del) riposo, e un morto di paura della Morte adora il Dio (della) Vita. Non è difficile da capire. Come un medico cerca il vaccino o l’antidoto di un virus, così un essere pensante ricerca l’antidoto contro ciò che più teme; fu così che il Dio d’Aristotele divenne lentamente il Dio della Vita: «Io sono la via, la verità e la vita» dice il Figlio di Dio in Giovanni 14,6. Il Dio inanimato di Aristotele, l’Essere filosofico pagano non ancora toccato dalle mistificazioni teologiche cristiane, prodigiosamente si anima sino a diventare l’Anima della Vita. Mai animazione ebbe un’eco così tonante, nemmeno quella dei cartoni animati! Il Pinocchio della situazione, come nelle fiabe, ebbene sì: si fa uomo!
Capito perché Pareyson lamenta l’impossibilità per la filosofia di comprendere come libertà umana e libertà divina possano andare d’accordo? Perché umanamente non vanno appunto d’accordo, sono inconciliabili. Solo se l’Essere filosofico diventa Essere teologico, cioè se prende Vita, la Libertà della Vita divina di dare la vita può essere creduta libertà della vita umana di ricevere la vita; peccato che sia molto dificile credere a una concessione di questa portata. Se un Dio abita il cielo, Costui non avendo ricevuto la sua Vita da Niente e da Nessuno, a buon diritto può dirsi libero di Essere (in) Vita; ma un uomo che abita la terra, costui per nessuna ragione può dirsi libero di aver ricevuto la propria vita da Niente e da Nessuno: egli è un figlio di uomo che ha ricevuto la vita da qualcuno. La Buona Novella desistenziale predicata dal vostro Profeta della Desistenza dice che la creatura può combattere una battaglia inversa, rispetto a quella combattuta dall’Essere-Vita quando vinse il Nonessere-Morte: come l’Essere divino dovette riempire di Vita lo spazio meontologico della Morte così l’essere umano potrebbe svuotare di Morte lo spazio ontologico della Vita. Il duello ontologico fa vincere la Vita; quello meontologico la Morte; ma non la Morte che tocca (a) un essere che è già in vita, bensì la Morte che non tocca (a) un essere che non è ancora in vita. Il profeta l’ha chiamata “morte bianca”, a dire che essa non tocca affatto, non riguarda chi non è ancora nato, per ovvie ragioni; e, soprattutto, è bianca perché il suo biancore è la sua stessa innocenza: la morte di chi non è ancora nato non è la morte violenta e colpevole che tocca (a) chi è già nato. La morte è sempre un atto di violenza, da che è ermeneuticamente spiegata come l’espiazione di una colpa, di un peccato (originale).
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@ILLUS. by JOHNNY PARADISE SWAGGER, 2020
MEONTOLOGIA DELLA LIBERTÀ – SLIM EDITION
♋ Meontologia della Libertà di Magister Damnatus ♋
@GRAFIC. by MAGUDA FLAZZIDE, 2020





