DELLO STILE. NOTE DI FILOSOFIA STILEMATICA

Bisogna indagare l’urgenza, in filosofia, del problema dello stile. Lo si consideri innanzitutto come articolazione del rapporto tra una forma e un contenuto: a quali condizioni un contenuto si sviluppa in una forma stilisticamente riconoscibile? A quale condizioni la forma modula un contenuto a tal punto d’essere essa stessa un modo del contenuto, uno stile? A quali condizioni è possibile parlare di contenuto formale, in quanto sviluppo ed esplicazione costante di un contenuto fino a renderlo una forma che moduli contenuti a venire? Questa nozione di stile, questa articolazione variegata di una forma e di un contenuto (a ben vedere, dire forma è dire già contenuto, la forma per un contenuto, ma anche viceversa, ciò che è contenuto da una forma) costituisce la via privilegiata, individuata da Gilles-Gaston Granger, per pensare l’emergenza dei fatti di stile, momenti in cui un contenuto formale costituisce una stratificazione sociale, una sovracodificazione storica che rompa le discorsività storiche senza opporvi una a-significanza enunciativa.
Dallo stile Granger recupera una codificazione nuova, creativa, non ancora riconoscibile in quanto codice, eppure codificata di per sé, unità stilistica autonoma, cosicché la discorsività possa dirsi rotta su due piani: 1. quello dei legami o associazioni storiche di proposizioni (contenuto) e 2. quello della ricostituzione stessa di una discorsività a venire (formalizzazione del contenuto). Granger propone questo schema logico per pensare lo sviluppo stilistico en travail della matematica. Euclide, Desargues, Klein non sono che fatti di stile individuati, costellazioni stilistiche che hanno prodotto metamorfosi all’interno della medesima costituzione disciplinare. Ma i fatti di stile non sono solo costellazioni matematiche, né si tratta solamente di una rivoluzione copernicana tra forme del sapere. Lo stile, inteso come modificazione di una esperienza di sapere, è allora il nome per una attività sintetica del soggetto, una sintesi tra forma d’espressione e contenuti del sapere già espressi: ecco il ruolo del contenuto formale nella costituzione della soggettività,
montrer qu’une stylistique de la pensée objective doit pouvoir faire mieux comprendre la signification du savoir scientifique et l’articulation de l’abstraction à l’expérience [mostrare che una stilistica del pensiero obiettivo deve poter essere in grado di far comprendere più precisamente il significato del sapere scientifico e l’articolazione dall’astrazione all’esperienza; n. d. c] (Granger 1988, 254).
Dire soggetto significa dire fatto di stile, evento rivelato, metamorfosi attuata, potenza in azione; e non soltanto soggetto come polo di una relazione epistemologica. Nell’universo stilistico del sapere, soggetto vuol dire stilema, espressione libera e creativa, laddove il negativo della sintesi sarebbe da porre tra sapere e atto di pensare, tra gesto del pensiero e forme di sapere: è un rapporto di forze. Il soggetto è contenuto formale solo se è la sintesi tra sapere (potenza) e atto di pensiero (atto), se diviene stile. «L’analyse stylistique», di conseguenza, è lo studio delle strutture del lavoro del pensiero, concernente sia le «structures effectives» sia le «structures virtuelles» di questa analitica en travail. Alla nozione di soggetto segue chiaramente la nozione di oggetto, nonostante quest’ultimo, come il primo, non sia affatto incastrato nelle polarità epistemologiche kantiane, ma si rivela in quanto materiale di studio del sapere, nucleo attorno al quale un processo epistemologico si sviluppa, e grazie al quale i fatti di stile possono sviluppare degli
effets de style, effets le plus souvent imparfaitement conscients chez le savant lui-même, et quelquefois gravemente travestis ou occultés par des idéologies latentes ou proclamées [effetti di stile, effetti per lo più non perfettamente coscienti persino presso il sapiente stesso, e qualche volta fortemente travestiti o occultati da ideologie latenti o apertamente affermate; n. d. c.] (Granger 1988, 299).
Vi è poi un altro modo per pensare lo stile in filosofia. Esso non riguarda più semplicemente la costituzione delle soggettività, né tantomeno esso si accontenta di pensare delle rotture disciplinari del sapere. Si tratta di ciò che un lungo dibattito ha sviluppato con la nozione di «style of scientific reasoning», e che si riferisce diffusamente alla strutturazione di una discorsività a venire, e non a una rottura, a un fatto o a un evento stilistico. Dei due punti del contenuto formale (rottura dei legami proposizioni di una discorsività storica; ricostituzione di una discorsività a venire) lo stile del ragionamento scientifico si concentra proprio sulla costituzione di una discorsività a sé, di una nuova discorsività di ciò che, se inserito nel contesto puramente scientifico, può a pieno diritto essere definito in quanto epistemologia. Lo stile del ragionamento scientifico, pertanto, non studia affatto la soggettività e il suo ruolo in una trama storica e sociale della teoria della conoscenza; esso studia le condizioni stesse di una teoria, le condizioni affinché si possa avere una epistemologia, i gesti ricorrenti che compongono una caratterizzazione della realtà.
In questo senso, lo studio dello stile diventa la condizione per pensare un pluralismo della scienza (Vagelli 2024). Eppure, portato alle sue estreme conseguenze, lo stile del pensiero scientifico si biforca in due impostazioni di metodo. La prima, somigliante a una pars construens, risale a Ludwik Fleck (Fleck 2019) – la cui epistemologia paradigmatica tanto influenzò Kuhn – il quale sostiene l’utilità dello studio dello stile per rintracciare la formazione di un pensiero collettivo che si realizza nei vari metodi scientifici, il che significa ripercorrere il processo di ciò che Gilbert Simondon chiama individuazione collettiva, purché essa sia applicata non solo al problema ontogenetico della conoscenza ma anche a quello filogenetico dei domini epistemologici che si alterano e si trasformano processualmente nel divenire storico. La seconda impostazione segue il tentativo di Ian Hacking (Hacking 2008) per il quale ogni dominio scientifico forza, incanala e opprime una conoscenza pura della realtà, perseguibile solo a partire da un’analisi dello stile del pensiero scientifico (o ragionamento), ovvero il residuo non scientifico nel costituirsi di un gesto scientifico. Il problema, insomma, sta nell’evitare di far ricadere i problemi solo all’interno del dominio di una scienza (Kowalenko 2018).
In effetti, la proposta degli stili del ragionamento scientifico si allinea ai tentativi di sistematizzazione storica della scienza operata da Kuhn (paradigma), Lakatos (programma), Foucault (episteme), ma se ne distacca quando rinuncia a focalizzare la progressione delle teorie scientifiche in favore di una più diffusa attenzione a ricorrenze comportamentali degli scienziati proprio nelle elaborazioni delle teorie (Bueno 2012). È interessante notare che la nozione di stile del pensiero o del ragionamento scientifico sia molto utilizzato dai pedagogisti e dai teorici dell’apprendimento (Borromeo Ferri 2010): a quali condizioni gli stili d’apprendimento della filosofia possono mutare l’immagine che oggi, della filosofia, si sta costituendo (Jabbar 2018)?
V’è ancora un terzo modo di intendere lo stile. Esso smette di articolare storicamente una forma e un contenuto, ma smette anche di pensare forma e contenuto come costituenti del sapere. Si riparta, allora, assumendo che l’elemento minimo della costituzione del sapere sia la scrittura, una funzione simbolica che veicola una semantica. Ciò non esclude affatto che vi sia una «prose du concept» (Cossutta et al. 2005) e del pensiero; al contrario, si afferma solo che, in sede filosofica, debba essere assegnata priorità alla scrittura. Si intenda per scrittura una funzione simbolica primitiva, la coagulazione immediata di un gesto del pensiero. Lo stile sarebbe lo strumento (modale) per rintracciare, tra le pieghe della scrittura, le modulazioni di un pensiero, quasi come se lo stile potesse rivelarsi in quanto categoria modale: non il modo in cui una proposizione può essere vera, ma il modo in cui una singolarità può essere detta, un equilibrio ontologico può essere raggiunto. Stile, in questo caso, cessa di mantenere viva la tensione tra codificazione già detta e sovracodificazione dicibile di una espressione, divenendo, in effetti, la traccia di una espressione singolare, laddove la persona singolare si rivela l’unica modalità davvero potente per dire un’espressività.
Tale modo di intendere lo stile genera alcune complicazioni se si pensa il caso specifico della scrittura filosofica, del genere letterario della filosofia; ancor più interessante e complesso sarebbe pensare il caso del genere letterario della matematica, il caso dell’estetica della matematica in quanto stilistica, il fatto che le formulazioni matematiche non ambiscono solo al risultato ma anche allo stile di formulazione dei problemi. Oppure, ancora, che ne sarebbe dello stile nella composizione letteraria? Non sono forse, tutte queste, delle forme poietiche e poetiche di stilizzazione del pensiero? Avviare un’indagine corale sugli stili, i generi e le concrezioni del pensiero sarebbe forse un modo innovativo e affascinante di strutturare un paradigma alternativo per la letteratura comparata.
In generale, il problema dello stile si presenta come indagine sulla costituzione, produzione e comprensione del mondo, ma anche del reale e del pensiero stesso. Costituire il pensiero, ovvero concepire la sua dinamicità e plasticità originaria, e agire in virtù di essa; produrre il mondo, ovvero cogliere l’efficacia di una pensabilità e renderla alterazione del mondo, o creazione del nuovo; comprendere il reale, ovvero estendere i domini di espressività delle azioni nel mondo, o concepire più stili del pensiero in un dominio politico di riferimento. Si tratta di tre momenti dello stesso problema: a quali condizioni si può conoscere il reale? In ultima istanza, lo stile sembra essere un elemento assai fertile per esercitare, oggi, un pensiero critico sul mondo: produzione di soggettività storiche, caratterizzazioni epistemologiche della realtà, tracciamento dei gesti del pensiero anteriori alla funzione primitiva della scrittura, traduzione dei codici semiotici della creatività contemporanea.
Ancor più a fondo, lo stile può rivelarsi uno strumento assai fertile per pensare la filosofia in quanto tale. Ciò è possibile sulla base di una resa modale del problema filosofico dello stile. La stilistica deve essere intesa come una logica, come logica di elementi di stile già emersi, già in atto, già detti. A tale logica ne va affiancata una seconda, che in verità si scopre simultanea alla prima. Chiamo stilologia la logica che indaga gli elementi in statu nascendi delle creatività d’espressione (regimi epistemici, discorsività epistemologiche, regimi di discorsività storica, opere d’arte, enti matematici…), il fatto che ci siano enti non ancora dicibili; per questo motivo, non esisterà una stilologia degli enti, ma solo elementi stilologici degli enti, gesti stilologici, stili indicibili ma pur sempre erigibili a stilemi (de Donato 2024). Si tratta, peraltro, dell’irriducibilità di un a priori singolare, un a priori stilistico. Questo doppio binario, attuale con la stilistica e virtuale con la stilologia, compone un’unica logica assai ampia dello stile, che prende il nome di stilematica. Chiamo stilematica una logica modale dello stile che possa studiarne le implicazioni politiche, sociali, disciplinari, storiche. Stilematica è una logica delle creazioni del mondo, una scienza al servizio delle ontogonie. Essa si domanda a quali condizioni un pensiero innova, produce, crea e innesca pensieri a venire; a quali condizioni, insomma, il mondo è davvero dinamico. Ecco l’urgenza dello stile in filosofia, l’urgenza di una filosofia delle forme creative, delle forme di vita; o, meglio, una scienza vitale delle forme.
Bibliografia
Borromeo Ferri, R. [2010], On the influence of mathematical thinking styles on learners’ modeling behaviour, in: Journal für Mathematik-Didaktik 31, 99-118.
Bueno, O. [2012], Styles of reasoning: a pluralist view, in: Studies in History and Philosophy of Science 43, 657-665.
Cossutta F., Loraux P., Noudelmann F., Soulez A. [2005], Le langage des philosophes, in: Rue Descartes 50, 120-126.
de Donato, A. F. [2024], Morfogenesi del concetto. Matematica e stile a partire da Gilles Deleuze, Napoli, Orthotes.
Fleck, L. [2019], Stili di pensiero. La conoscenza scientifica come creazione sociale, ed. F. Coniglione, Milano, Mimesis.
Granger, G.-G. [1988], Essai d’une philosophie du style, Paris, Odile Jacob.
Hacking, I. [2008], Entre science et réalité. La construction sociale de quoi?, Paris, La Découverte.
Jabbar, S. [2018], Teaching styles and educational philosophy of secondary school teachers in Kano metropolis, Nigeria, in: African Journal of Teacher Education 7, 37-49.
Kowalenko, R. [2018], Scientific styles, plain truth and truthfulness, in: South African Journal of Philosophy 37, 361-378.
Vagelli, M [2024], Styles of Sciences and the Pluralist Turn: Between Inclusion and Exclusion, in: Revue de Synthèse 145, 325-363.
@ILLUS. by FRANCENSTEIN, 2025