OGGETTO E COSA
Ogni Oggetto è un ri-tenuto. Si intende in questo discorso dirimere (o almeno orientare verso la via che così appaia diritta) la questione riguardante l’Oggetto o gli oggetti di palmare importanza per qualsivoglia discorso o persino esperienza. Difatti non vi è possibilità di operare all’interno della ragione se viene presunta dell’Oggetto (che è un ri-tenuto) la realtà tale che esso se la trat-tenga da sé, ossia sia Cosa, Res.
L’esperienza non reca con sé la certezza che l’oggetto che appare, se appare, e si considera, se si considera, sia come appare. Poiché ciò che appare è l’apparizione dell’Oggetto, che è sì evidente e ineliminabile (anche negandola la si ri-tiene e non la si cancella[1]), ma tale presenza è inclusione di sé stessa e non esclusione di altro. Dell’Oggetto, la Res presunta, che è oltre all’apparizione, l’esperienza non reca con sé notizia, sicché è del tutto illegittimo affermarne la realtà esclusiva. Tale realtà può essere creduta, ma essendo creduta è anche dubitata, poiché non essendo esperita non può essere verificata.
La realtà dell’oggetto esperito oltre l’apparizione di quello va, dunque, ri-tenuta speculativamente, se ci si vuole addentrare in questioni filosofiche. Se non lo si fa si dovrà esser certi della sola presenza (di ciò che è presente) stabilmente mutevole, consegnandosi a una impassibile ignoranza riguardo a tutto ciò che è assente. In tale prospettiva non vi sono oggetti, ma un nulla ri-tenuto tale che ogni presenza ne sia immagine effimera.
Nondimeno pur ri-tenendo la realtà esclusiva degli oggetti che appaiono ri-tenuti, la speculazione non resiste al proprio svolgimento. Poiché ri-tenendo oggetti reali plurali e distinti non è in grado di esprimersi riguardo la distinzione né di ri-tenere i plurali in una totalità che coerentemente li raccolga né di dar conto dell’apparizione che dev’essere coerentemente ri-tenuta come distinta e diversa da qualunque realtà, dovendo essere sacrificata. Ciò resta problematico poiché l’apparizione appare.
Dunque è da dirsi che ciò che va ri-tenuto oltre l’apparizione è una sola Realtà inclusiva, indistinta, in modo da essere totalità intrinseca e pertanto indistinta anche dall’apparizione, che ne è immagine. Immagine che si dica non esaustiva della Realtà, poiché ogni presenza nella sua posizione è occultamento di ogni altra presenza o posizione, ma tale che nell’occultamento siano incluse, non escluse. Ogni presenza è presenza manifesta di sé e presenza non manifesta di ogni altra presenza.
Detto ciò è da rilevarsi che gli oggetti comunque appaiono. Ciò che appare quando appare l’Oggetto è però un ente ulteriore rispetto a quello che in una discorsività non compiuta si potrebbe ri-tenere.
Difatti ogni ri-tenuto Oggetto reca con sé una problematicità intrinseca apparentemente irrisolvibile: non si ha scienza della sua estensione. Essa è nota solo approssimativamente. Ogni Oggetto infatti è composto di un certo numero di parti (meroi) che lo rendono tale, senza che si sappia quante e quali di queste siano necessarie perché l’Oggetto rimanga sé stesso. Inoltre anche le parti sono ri-tenute e se se ne ri-tengono altre allora altre ne appaiono. Soprattutto le parti si sottraggono inevitabilmente al ri-tenuto oggetto, in modo che poi, tuttavia, il ri-tenuto oggetto non appaia più (per giunta anche ben prima della privazione di tutte le parti che lo componevano). Ciò rivela che le parti (meroi) si aggregano attorno a un corpo che ne costituisce il nucleo ri-tenuto (axios) che non vi è.[2] Ossia non è Res, Cosa, bensì, appunto, un ri-tenuto.
Altro vi è ancora da dire sull’estensione dell’Oggetto riguardo alla sua durata. La questione è piuttosto problematica poiché chiama in causa la memoria e apparizioni differenti del presunto stesso Oggetto (ossia apparizioni in cui la continuità dell’Oggetto all’interno di quelle è spezzata, tale che possano dirsi apparizioni plurali). A tal proposito può dirsi che l’identità di due oggetti in apparizioni differenti è detta e ri-tenuta (ma non da credersi, pena credere anche nella realtà esclusiva di quello e nella realtà dell’esclusione, dubitandone). Tuttavia anche all’interno della stessa apparizione (così detta relativamente all’Oggetto ri-tenuto), l’identità dell’Oggetto con sé stesso è detta e ri-tenuta. Ed è proprio questa identità ri-tenuta a costituire l’Oggetto. Tale è l’individuo (individuato o individuazione), l’axios (ri-tenuto) che è ulteriore assiomero che trattiene sotto di sé, concepiti[3], una serie contigua di apparizioni tenendo eccepito ciò che di tale Oggetto non è ri-tenuto. Così l’Oggetto può dirsi concetto.
Con il concetto-oggetto appare anche il suo movimento che è relativo e determinato. Ciò, se si è ben inteso il discorso fin qui, risulta evidente, in quanto, se si può dire che l’Oggetto si muova rispetto ad altri, è del movimento dei ri-tenuti oggetti che si tratta, non di presunte realtà plurali oltre l’apparizione. Il movimento relativo dei ri-tenuti può essere detto e ri-tenuto movimento, ma, appunto, appare e, perciò, si mostra con l’aspetto di sé stesso, così come è ri-tenuto. L’aspetto fenomenico del movimento è indistinguibile e indistinto dagli oggetti in movimento. E se è ri-tenuto come distinto da essi allora non potrà essere fenomenizzato, dunque non può essere nemmeno ri-tenuto.
Similmente si tratti del tempo: esso appare con l’oggetto-concetto, ma non da quello distinto. Se ri-tenuto distinto non appare e non può essere ri-tenuto. Il tempo (chronos) è l’articolazione concettuale che s’accompagna alla rappresentazione degli oggetti, ma non vi è ragione di pensarlo come realtà esclusiva che con quelli si ponga in conflitto. Se, tuttavia, si ri-tiene il tempo come Res, Cosa, allora esso risulterà inconciliabile con le altre realtà che con esso si devono ri-tenere, poiché non si potranno raccoglierle in una totalità che le comprenda in una discorsività compiuta.
Dunque per quanto concerne questo discorso basti dire che se oggetti plurali sono ri-tenuti allora anche tempi plurali sono da ri-tenersi (e sono, in effetti, ri-tenuti). Ciò implica che, se si ri-tiene che appaiano oggetti temporalizzati, ebbene tale temporalizzazione non si pone in conflitto con l’eterno (aion). Ossia, se non è ri-tenuto un tempo noumenico assoluto, non vi è modo di pensare coerentemente come la sparizione dell’apparizione implichi l’esclusione di tale apparizione, tale da introdurre l’annientamento (che è l’implicazione del tempo in conflitto con l’eterno). E non vi è modo di pensare un tempo noumenico. Ciò qui sia sufficiente per non dare troppo corpo al discorso che comunque resta un compendio.
Per ciò che riguarda lo spazio è da dirsi parimenti agli altri presunti universali: esso non si può ri-tenere distinto dagli oggetti. Esso è il non- relativo degli oggetti ri-tenuti. Se lo si ri-tiene assoluto si deve ri-tenere che non può essere campionato perché costituito di vuoto, in quanto il vuoto fenomenico è relativo. Dirimpetto il ri-tenuto spazio noumenico assoluto non è conciliabile con il concetto di totalità entro cui andrebbe raccolto. Ciò poiché la non compenetrabilità di spazio e oggetti li renderebbe realtà irriducibili, rendendo la totalità che li comprende estrinseca (nominale). Oltretutto non si ha modo di ri-tenere lo spazio noumenico distinto dagli oggetti se non ri-tenendo anche il tempo noumenico. Poiché in un Eterno che è somma (inclusione) di tutti i tempi, oggetti e spazio si compenetrano necessariamente.
Non si tratta qui della distinzione tra oggetti ed eventi[4] che, comunque, è da dirsi nominale. Basti dire che l’Oggetto ri-tenuto può essere anche un evento, ossia un oggetto articolato.
Dunque come si è detto ogni Oggetto è un ri-tenuto. Esso è un ente, un assiomero ulteriore che ha per sua costituzione di riferirsi a una sequenza di altri assiomeri, quando così è.
L’Oggetto è l’essenza particolare che unisce una sequenza di individuazioni consegnandosi all’operatività dell’intelletto. Ciò si dica per dar corpo al discorso, che quando ha a che fare, per esempio, con intelletto e operazioni è una narrazione. Nella difficoltosa definizione dell’oggetto, d’altronde, rientra anche il soggetto che lo esperisce.
L’oggetto appare solo nella sua disponibilità a un soggetto (intelletto). Quando l’oggetto appare tale che il soggetto ne sia soggetto con reverenziale passività esso è dicibile idolo.[5]
[1] Vd. Principio di Non Contraddizione
[2] Vd. Axios e Meroi
[4] Vd. Oggetti ed Eventi
[5] Vd. Idolo