SAN SECONDO: LE CAPPELLE MEDIEVALI (PARTE I)

GLI AFFRESCHI MEDIEVALI NELLE CAPPELLE DELLA CHIESA DI SAN SECONDO DI ASTI
Le origini della Chiesa
Il seguente scritto si pone l’obiettivo di proporre uno sguardo di insieme agli affreschi di epoca basso medievale rinvenuti a seguito dei lavori di restauro nella Collegiata gotica di San Secondo in Asti del 1978. La letteratura in merito risulta carente e pochissimi i documenti d’archivio e le visite pastorali attraverso cui ricostruirne il complesso figurativo, la maggior parte dei testi prodotti infatti risalgono alla fine dell’Ottocento o sono stati redatti a seguito dell’importante campagna di restauri avuto luogo nella seconda metà del XX secolo.
Ricostruendo però la cronologia degli interventi architettonici dell’edificio, dei restauri e i passaggi di testimone della gestione clericale, è possibile proporre dei termini ante quem gli affreschi in oggetto siano stati realizzati, cosa per cui risulta utile anche l’analisi stilistica e figurativa.
La ricostruzione dell’apparato figurativo, infatti, seppur di molto parziale, offre un interessante scorcio sull’iconografia sacra del periodo medievale rinvenibile anche nelle opere pittoriche presenti nella chiesa, dove rinveniamo molteplici similitudini con gli affreschi.
Approfondendo la genesi delle opere presenti, la loro committenza e il periodo di realizzazione è emerso un dialogo con le pitture murarie, accertandone così di fatto la appartenenza a un unico e impressionante ciclo creativo, ove vi fu confronto continuo di maestranze, botteghe e artisti.
La chiesa di San Secondo testimonia così la sua presenza medievale come complesso unico e unitario e di cui ancora, seppur in minima parte rispetto l’originaria grandezza, possiamo immaginarne i contorni sotto la stratigrafia pittorica degli anni e l’aggressiva operazione di intonacatura effettuata nel XIX secolo. La collegiata, che sorge nel cuore della città di Asti, è così testimonianza della stratigrafia artistica della città piemontese, fin dalla sua fondazione originaria.
Non potendo ora approfondire l’origine di basilica romana e cimiteriale[1] è opportuno individuare quando la Chiesa assume il volto gotico a noi famigliare ovvero a partire dai lavori di allargamento e ristrutturazione dell’edificio di fine ‘200 che si conclusero quasi due secoli dopo, nel 1462 circa con la realizzazione dell’attuale facciata in cotto, con ingresso a tre portali sormontati dall’imperioso rosone e la presenza della nicchia centrale ospitante la statua del Santo con il modellino della Chiesa in mano.[2]
Proprio in questi anni dovrebbero aver avuto inizio i lavori per la realizzazione degli affreschi dell’interno dell’edificio e, di lì a poco, la commissione a Gandolfino da Roreto della Pala dei Magi, una delle opere a cui si accennava pocanzi scrivendo in merito al ciclo iconografico interno all’edificio.[3]
Fondamentale per la ricostruzione degli interni dell’edificio e degli arredi è la visita pastorale del Mons. Peruzzi, il quale riporta i tredici altari, quattordici se si conta il maggiore, che erano presenti all’interno della Chiesa, e commissiona ai canonici ulteriori lavori di ristrutturazione dell’edificio tra cui il rifacimento del pavimento logorato dalle continue inumazioni e la politura delle colonne, non riporta però nulla del complesso decorativo parietale, cosa che, accade quasi abitualmente nelle visite pastorali.[4]
Nonostante i continui lavori di ristrutturazione e rimaneggiamento degli interni questi sono rimasti pressoché invariati da un punto di vista strutturale fino ad oggi, a eccezione di integrazioni barocche riguardanti l’area presbiteriale quali la cappella di San Secondo di Bernardo Vittone, e dei lavori già citati di intonacatura, che si realizzarono verso la fine del XIX secolo.[5]
L’interno si presenta quindi suddiviso in tre navate, su quella sinistra affacciano tre cappelle, collocate verso il transetto dell’edificio, mentre sulla navata destra ben cinque, e le prime tre[6] sono quelle dove, a seguito dei lavori di restauro degli anni ’90, sono state rinvenute le pitture in oggetto.
Figura 1 Planimetria della Chiesa di San Secondo, Asti.
Il ciclo pittorico medievale
Grazie appunto al restauro del 1978 sono emerse testimonianze pittoriche del periodo medievale sottostanti all’intonacatura ottocentesca, e comunque non tutte ancora pienamente visibili in quanto nascoste da altari e confessionali lignei.[7]
Le pitture, indicate dalla letteratura come risalenti ai secoli XIV-XV, sia per ragioni stilistiche che strutturali, si sviluppano a partire dalla prima cappella a destra dall’ingresso fino alla terza e paiono raffigurare cicli pittorici indipendenti per ogni singola cappella.
Le datazioni vengono confermate da alcuni importanti modifiche strutturali, in particolar modo quello della terza cappella destra della Collegiata, dove le raffigurazioni vengono brutalmente interrotte dalle aperture delle finestre gotiche realizzate tra il 1457 e il 1462. Le aperture tipicamente gotiche non sono però state accompagnate da un rifacimento architettonico integrale delle cappelle, ragion per cui, tutte le cappelle del lato destro fino a quella di San Secondo che abbiamo già indicato come barocca, mantengono una struttura tipicamente medievale ma una decorazione barocca.
La cappella più esemplificativa di questa commistione di stili è quella di San Giovanni Battista e del SS. Sacramento, ovvero la quarta dall’ingresso, che nulla conserva di visibile della decorazione medievale ma ne mantiene integra la struttura.
Gli affreschi sono invece emersi a partire dalla prima cappella a destra del portale di accesso all’edificio, quella di San Rocco, oggi destinata a ospitare i vari pali di Asti dei vincitori passati e il carroccio, ovvero il carro dove il Palio del vincitore è portato in sfilata prima della celebre corsa di cavalli.
Ciò che traspare è una Madonna con il Bambino, raffigurato nell’atto di imporre la benedizione, circondata da Santi e Apostoli che sostengono cartigli di cui la lettura risulta troppo compromessa. Altro testo compromesso è quello di cui si intravedono unicamente poche lettere […TO VE…]. Il piccolo Gesù è rivolto verso est, nella tipica posizione della Madonna Odighitria, ed è rivolto verso quello che potremmo indicare come uno degli apostoli visto il cartiglio che sorregge in mano, intento a profetare. I dati a nostra disposizione sono pochissimi, ma se di processione di Apostoli si trattasse potremmo quanto meno indicare quello con il cartiglio come San Paolo di Tarso, sia per la barba e la capigliatura rada, sia perché pare l’unico con il rotolo in mano, mentre dall’altro lato potremmo scorgere forse un San Mattia, con in mano il bastone dell’alabarda, simbolo del suo martirio, o ancora San Giacomo con il bastone, testimonianza del suo pellegrinaggio. Iconograficamente interessante risulta essere la raffigurazione del trono vermiglio su cui è seduta la Madonna, al centro della processione dei Santi. La pittura chiaramente quattrocentesca poteva dunque costituire l’icona del primo altare contenuto nella cappella che, secondo la ricostruzione di Peruzzi, che numera gli altari di destra dall’abside a scendere, poteva coincidere con quello di Santa Maria.
Figura 2 Madonna con Bambino e Apostoli, Collegiata di San Secondo, Asti, prima metà XV sec.
La seconda cappella a destra dall’ingresso è quella che indubbiamente più offre quale poteva essere l’immagine che accoglieva i fedeli al loro ingresso in chiesa nel corso del Medioevo, conservando le pitture sui tre lati, seppure non integralmente, e offrendo un più dettagliato apparato iconografico di tradizione storica. La cappella è attualmente votata a San Bernardo, uno dei protagonisti degli affreschi in oggetto. Le tre pareti risultano completamente indipendenti l’una dall’altra, sia per quanto riguarda la narrazione che vi è raffigurata sia per lo stile e la mano di realizzazione, la collocazione si può difatti estendere a un periodo abbastanza circoscritto sempre antecedente ai lavori del 1457 ma non ci troviamo di certo di fronte al tre opere realizzate contemporaneamente. Il periodo, constatati i lavori di ampliamente dell’edificio iniziati alla fine del ‘200 può quindi verosimilmente essere inquadrato tra la seconda metà del XIV secolo e la prima metà del XV.
All’interno della cappella è quindi più che probabile fosse collocata l’altare della Santissima Trinità, in concomitanza con la relativa pittura, lasciando a disposizione lo spazio sufficiente per uno o due degli altri otto altari che Peruzzi indica presenti nelle navate di destra. Apparato decorativo simile lo ritroviamo nella lunetta collocata sopra la porta della sacrestia di accesso alla chiesa, a testimonianza di un antico ingresso sul lato nord dell’edificio.
Sulla parete di destra troviamo due figure di Santi molto rovinate a seguito delle scalpellature effettuate durante i restauri che non ne hanno però minato la leggibilità, la prima rappresenta il Santo Patrono ovvero il giovane San Secondo, che regge nella mano destra il modellino della Collegiata, mentre il secondo santo potrebbe in effetti, e così ci dicono gli studi, essere l’altro protagonista della santità astigiana, ovvero Sant’Evasio, primo vescovo di Asti reso martirizzato a Casale, riconoscibile in quanto rappresentato con addosso la mitria, il pastorale a croce e il piviale. Nulla di fatto però esclude che la figura possa rappresentare anche Sant’Aniano di Asti o ancora vescovo Secondo. Occorre dunque precisare che le figure presentano la medesima dimensione e postura e spiccano su fondo nero incorniciate in rettangoli bianchi e rossi, i colori della città, e che visto che la parete lascia spazio per almeno altre due personalità assise, un’ipotesi di raffigurazione dedicata ai vescovi martiri della città può essere più che plausibile.[8]
Figura 3 San Secondo e Sant’Evasio, affresco, Collegiata di San Secondo, Asti, prima metà XV sec.
[1] A. Crosetto, Il cimitero e la chiesa di San Secondo, in “IL Platano”, XVII, pp.12-20.
[2] F. Percopo, Collegiata di San Secondo. Asti, Il TipografButtigliera d’Asti, 1996.
[3] M. Ragusi, Documenti Astigiani per Gandolfino da Roreto, in “Bollettino Storico-bibliografico Subalpino”, Torino, 1990.
[4] S.G. Incisa, Asti nelle sue chiese e iscrizioni, Archivio Storico Astigiano, 1806, da pp. 93.
[5] A. Bellini, Un’opera sconosciuta di Bernardo Vittone: la cappella di San Secondo, Torino, 1970.
[6] Cappella di San Rocco, Cappella di San Giuseppe, Cappella della Madonna del Rosario.
[7] V. Croce, Sacri volti in antiche pievi, Scritturapura, Asti, 2017.
[8] P. G. Boatteri, Serie cronologica-storica de’ Vescovi della Chiesa d’Asti, Asti, 1807.
Bibliografia
Bellini, Un’opera sconosciuta di Bernardo Vittone: la cappella di San Secondo, Torino, 1970.
Crosetto, Il cimitero e la chiesa di San Secondo, in “IL Platano”, XVII.
Manno, il Patriziato subalpino, Torino, Archivio di Stato di Torino, 1895-1906.
Merlotti., La lunga costruzione della fedeltà. Le nobiltà astigiane fra Cinque e Settecento, C.R.A., Asti, 2005.
Quaglia, L’opera: primo capitolo di una storia, in Restauriamo San Secondo, Asti, 1968.
Percopo, Collegiata di San Secondo. Asti, Il Tipografo, Buttigliera d’Asti, 1996.
Monaca Asti, San Secondo dei mercanti, Gribaudo e SE.DI.CO. di L. Fornaca Asti 1997.
Bologna, Gandolfino da Roreto pittore nell’Asti Rinascimentale, Asti, 1994.
Benedetti, Pietro da Verona, santo, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 2015.
Ragusi, Documenti Astigiani per Gandolfino da Roreto, in “Bollettino Storico-bibliografico Subalpino”, Torino, 1990.
Gabrielli, Arte e cultura ad Asti attraverso i secoli, Torino, 1977.
G. Boatteri, Serie cronologica-storica de’ Vescovi della Chiesa d’Asti, Asti, 1807.
S.G. Incisa, Asti nelle sue chiese e iscrizioni, Archivio Storico Astigiano, 1806.
V. Croce, Sacri volti in antiche pievi, Scritturapura, Asti, 2017.
@PHOTO, DETAIL OF THE CHAPEL, SAN SECONDO – ASTI