UNTI E BIS-UNTI: CRISTI(ANI) IN AZIONE

Dio s’è fatto uomo in Cristo
L’assolutezza della religione cristiana aborre la separazione: uomo e Dio sono indubbiamente distinti, ma non separati.
Per Giovanni Gentile la riconciliazione dell’uomo con Dio, perché sia sintesi con Egli, ha da vertere sulla loro Unità originaria. Pretendere di preservarne la distanza ontologica è velleità peggiore di quelle pagane. Senza Unità non vi è Cristianità.
La religiosità scaturisce da un innato sentore. Ogni uomo è costretto a poggiare sulla certezza, anche oscura, della propria immortalità. Fuori di tale certezza nessuno potrebbe vivere, solamente “un assoluto scetticismo pratico” gli si paleserebbe.
Ma chi è immortale? Il sé empirico, attestato dall’immaginario comune, di cui molti sono dotati? Ebbene no, poiché l’Uno è l’Immortale ed Egli che è l’origine dei molti non può moltiplicarsi a sua volta. Ha da rimanere Uno, non divisibile come non moltiplicabile nella sua eterna attualità.
L’immortalità dell’autosintesi di Dio non può ri-dursi a mere vite individuali. Quelle, piuttosto, vanno ri-con-dotte alla non-esistenza ontica.
La morte delle coscienze plurali è la ri-affermazione della Vita. Tale è la morte che sacrifica l’esistenza morta dell’inattualità: un suicidio che è un’epifania, resurrezione in eterne spoglie soprannaturali. Non è l’uomo naturale che si fa Dio, è l’uomo spirituale.
L’uomo, così, svela in sé stesso Dio, entrando nel regno dello spirito, si fa creatore di Dio, essendo tanto uomo quanto Dio che crea sé stesso.
Lontana è la paura della morte, dell’ignoto, dell’infinito silenzio dell’universo inaudito da orecchi estinti. La morte faceva paura perché non esiste.
Come quella la natura, il passato e i sogni. Come tutto ciò che cade fuori del pensiero cosciente dell’Io, l’Uno che eternamente pensa.
L’attualismo è il momento più lucido dell’Idealismo. Nulla si oppone alla costante creazione dell’Io assoluto, in quanto solamente Egli costituisce la mediazione originaria tra essere e nulla.
Eterno è il principio pensante che plasma a piacimento idee cangianti. Tali forme si costituiscono come precipitato dell’atto puro dell’Intelletto. Sono fatti, oggetti del pensiero che la sta pensando e non reale coscienza di sé. Non così per l’Attualità cui l’uomo desto, quello conscio, della propria immortalità servile di tale Principio, immola la propria anima, parte decidua dell’Io.
Unti e bis-Unti, sono i Cristi(ani) in azione, attualisti invasati. Abbandonate le proprie vite mortali, risorgono con l’Ardore dello Spirito, Dei Creatori, (ir)responsabili, del proprio destino.
P.S. Pensare Dio come alterità rende vano il tentativo di pensare Dio, poiché non s’ha ragione che lo pensi. Solo Dio pensa Dio e non vi è pensiero fuori di Dio. L’unico attributo conoscibile di un dio non immediatamente presente, immanente all’anima, sarebbe la sua latenza. La quale, per definizione, non si mostra. La presenza di tale dio, inesistente, sarebbe inconscia, anelata o meno, tale che Dio sarebbe o l’inesistenza (ciò che sempre manca) o l’esistenza (ciò che sempre appare), un cui attributo è anche l’inconsapevolezza della sua esistenza. Si scarti Dio come diverso dall’esistenza (unitamente alla Sistenza) o si affermi Dio come esistente. L’anima priva dell’inconsapevolezza della sua esistenza immortale è quella che, pare, è dicibile cristiana nel senso di Gentile. Uomo-Cristo-Dio. Tuttavia la caducità delle forme che quell’anima – come ogni altra – riceve in dote – seppur priva dell’inconsapevolezza dell’immortalità – risulta problematica. Ancor di più la non-pre-determinazione delle forme. Quale Impensabile s’opporrebbe a Dio, impedendogli d’essere immediatezza perenne? Quale squilibrio se Dio nn fosse interamente presso di sè in ogni suo attributo a garanzia della propria semplicità! Ogni sua modalità pare debba essere necessariamente Dio, Tutto.
Suggestione tratta e reinterpretata da The “Salvation” in the Truth in Giovanni Gentile and Emanuele Severino di Hervè Cavallera, in Eternity & Contradiction, n°1, pp. 57-76 (link >>>), rivista di ASES.
L’immagine in evidenza è il risultato di un’abbondante rielaborazione di un fotogramma tratto dal film The Holy Mountain, di A. Jodorowsky (1973), mentre quella nel corpo del testo è una riproposizione di un fotogramma dello stesso film.
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@ILLUS. by MAGUDA FLAZZIDE, 2020