UNA PICCOLA VERITÀ CHE GERMOGLIA NEL TERRENO
Sta arrivando un altro anno e un’altra rivoluzione terrestre attorno al Sole sta per essere completata. L’uomo, da parte sua, ha sempre trovato dei modi per festeggiare questo avvenimento che, come molti altri, sta a rappresentare l’inizio di un nuovo ciclo. Come tutti sappiamo, nei paesi orientali ci si appresta a festeggiare anche il capodanno lunare, altrimenti noto come Capodanno Cinese o, ancora, come Festa di Primavera, che cade sempre tra gennaio e febbraio in corrispondenza del primo novilunio dell’anno.
Forse sappiamo anche che i festeggiamenti, che hanno origini antichissime, tra lanterne, la Danza del Leone e abbondanti decorazioni di colore rigorosamente rosso, vanno avanti per quindici giorni di fila. Ma non voglio parlare di tutto questo, che può essere trovato comodamente alla prima ricerca sulla rete, no; quello su cui voglio porre la vostra attenzione riguarda qualcosa a cui a volte non si fa nemmeno caso o che forse non sembra implicare nulla di interessante.
Non vi siete mai chiesti, nemmeno leggendo queste informazioni per la prima volta, perché il Capodanno Cinese si chiami Festa di Primavera? Sarà forse perché, in Cina, a gennaio e a febbraio l’inverno non è poi così rigido? Perché, forse, il loro calendario non va di pari passo con le stagioni come le conosciamo? No, non è nulla di tutto ciò. A gennaio e a febbraio in Cina è pieno inverno, come in ogni Paese dell’emisfero boreale. E allora?
Il nome della festa è dovuto a quel sentire orientale tanto incomprensibile per noi e distante dalla nostra forma mentis. C’è da dire che sono molti i concetti che la cultura e la filosofia orientale ha sviluppato in maniera differente da quella europea e di cui potremo stare qui a parlare per ore; basti sapere che, per lungo tempo, in maniera del tutto indipendente, quel particolare sentire si è consolidato privo di influssi eurocentrici e all’oscuro di tutte le congetture che si sono sviluppate attorno ad essi. Di importanza centrale è sempre stata quella percezione della Natura come una commistione di due forze opposte ma di cui una è necessaria per l’esistenza dell’altra, e senza le quali non esisterebbe nulla. Si tratta dei famosi Yin e Yang. Fate attenzione a non dotarli della carica morale proveniente dallo scontatissimo binomio bene/male, che tende sempre a rappresentare ogni preoccupazione e pensiero dell’occidentale, ma considerateli come semplici opposti neutrali: l’esempio più calzante è forse quello del binomio luce/ombra: senza la luce non esisterebbe l’ombra, poiché questa è per definizione una mancanza di luce, così che entrambe sono necessare l’una all’altra e sono indispensabili per l’esistenza del nostro universo e del suo equilibrio delicato. Adesso pensate allo Yin e Yang come ad una collina con una parte illuminata dal sole e l’altra riversa nell’ombra, e tenete questa immagine bene in mente.
Questo preambolo dovrebbe servire a chiarire cosa c’entri la primavera in una festa che si svolge sostanzialmente d’inverno. La primavera c’entra eccome, perché, in primo luogo, senza l’inverno nessuna primavera potrebbe nemmeno sussistere; come se non bastasse, queste due stagioni non sono solo l’una la conseguenza dell’altra, ma vengono addirittura a sussistere nello stesso istante, come la parte luminosa e la parte oscura esistono insieme sulla stessa collina. Nel terreno invernale, sormontato da gelida bruma, si formano i germogli della primavera, quindi la primavera è già contenuta nell’inverno. La primavera non è altro che quel puntino bianco all’interno della goccia nera dell’immagine dello Yin Yang e viceversa. Esistono due opposti nello stesso momento e sono in perfetto equilibrio. Estasi.
So che è oltremodo riduttivo affermare che sia tutta qui la particolare essenza di quel modo di guardare il mondo a cui ho accennato, ma l’orientale l’ha sempre celebrato, questo mondo così peculiare ed equilibrato, e c’è di più: l’orientale, in realtà, non sta lì a guardar il mondo, nel senso che non si pensa come il suo osservatore e catalogatore, ma se ne sente parte integrante, e aspira a regolarsi al suo interno a pari livello di un germoglio di primavera, né più, né meno. L’orientale ha sempre saputo questa minuscola verità seppellita nel profodo del terreno invernale. E noi? Ce ne siamo mai accorti prima d’ora, o eravamo troppo impegnati a capire cosa fosse bene o cosa fosse male?
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L’immagine in evidenza è una proiezione tratta da uno studio paesaggistico del maestro cinese Shitao (1642-1707/8)
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