CRIMSON WOLF: IL SOGGETTO MOSTRUOSO

La suggestione seguente è tratta dal manga di Seishi Kishimoto, Crimson Wolf, edito Panini Comics, Modena 2018.
E se la preda si rivelasse essere il cacciatore? Se la preda fosse, in fin dei conti, il predatore? Se la pecorella smarrita e impaurita nascondesse un implacabile assassino? Insomma, e se Cappuccetto Rosso fosse il famelico Lupo? Distopica visione; ma se fosse l’inverso? Se la vera distopia, luogo distorto, fosse la necessaria assegnazione di una natura impaurita e dimessa alla pecora e il conferimento della malvagità al lupo? Provocatorio; come provocatorio è il manga Crimson Wolf di Seishi Kishimoto: chi è il vero mostro allora? Colui che finge di essere chi in fondo non è, che si nasconde dietro mille maschere, mascherata di una processione di maschere, oppure colui che, perfettamente sincero con sé e con gli altri, risponde sempre schiettamente? La risposta sembrerebbe essere ovvia; peccato che l’essere perfettamente sincero non provi rimorso alcuno e che dia la caccia a coloro che si nascondono dietro un velo illusorio, arrivando ad ucciderli. Sicuri di non sentirsi in dovere di cambiare risposta?
In fondo tale dilemma affonda le sue origini in un passato profondo e oscuro, che dalla notte dei tempi si protrae fino ad oggi. E come negli stessi fiumi ci gettiamo e non ci gettiamo (Eraclito), così siamo e non siamo (sempre il buon Eraclito, non a caso definito “L’Oscuro“). E se una soluzione possibile è data da quell’aurea mediocritas, il giusto mezzo aristotelico, allora resterebbe ben poco da dire. Ma siamo certi di ciò? Quale sarebbe in questo contesto il giusto mezzo? È bene sottolineare quanto tale concetto non sia associabile all’operazione aritmetica del dimezzamento: il giusto mezzo non è la metà esatta. È un concetto variabile; dalle circostanze, dagli agenti, dagli oggetti. Di per sé, tale teorizzazione non ci offre, a riguardo, troppe soluzioni. Chi sarebbe il mostro allora?
Proviamo a cambiare scenario; un folle scienziato, in una notte quanto mai oscura, dà la vita ad un morto (ad essere sinceri, a più morti in uno): Victor crea Frankenstein. E già qui il tutto si fa mostruosamente divertente (ovvero tragico). Frankenstein non è il nome della Creatura, ma il cognome del novello Galvani (scienziato del XVIII secolo che aveva, tra le altre cose, condotto esperimenti sui rapporti tra corrente elettrica e vita); Victor crea un mostro che lo perseguiterà, lo isolerà eliminadogli amici e familiari, lo porterà alla pazzia e, infine, alla morte. Qui è facile: la Creatura è un mostro implacabile, un lupo letale e assetato di sangue. Ma è proprio così? In effetti Victor abbandona la Creatura non appena apre gli occhi, nauseato da quell’orribile visione, condannandola ad un’esistenza di stenti in cerca di un cordone ombelicale mai presente (nasce già morto, orribile accozzaglia di ciò che fu; e, aperti gli occhi, cerca lo sguardo del padre assente, adulto mai stato bambino, come è stato sottolineato correttamente da Jean-Jacques Lecercle nel suo Frankenstein: mito e filosofia). Ma il mostro, fin da subito, si dimostra caritatevole, intelligentissimo (da autodidatta impara a leggere e scrivere e far di conto) sviluppando capacità impensabili, e tutto ciò solo spiando i gesti e le azioni dei De Lacey! Tuttavia, una volta tentato il contatto, viene cacciato bruscamente, obbrobrioso spettacolo innaturale. L’unico a trattarlo benignamente il cieco dei De Lacey, magistralmente e comicamente rappresentato in Frankenstein Junior di Mel Brooks (1974).
Poi la creatura si vendicherà, divenendo quel mostro assassino. Ma ancora, chi è il vero mostro nel romanzo di Mary Shelley? Chi crea il mostro e lo abbandona distruggendogli anche l’unica speranza di complicità (la Creatura aveva chiesto che Victor gli procurasse una compagna), oppure l’abbandonato, il rinnegato che si sente odiato da tutti? “Volete il mostro? Eccomi!” sembra dire la Creatura. Chi è il vero lupo? Victor o la Creatura? E chi la pecora?
Cappuccetto Cremisi è allora l’altra faccia di Cappuccetto Rosso, quella vera; nel manga infatti la vera Cappuccetto si rivela essere un lupo spietato, ma non il più spietato; solamente nel quarto e ultimo volume si scoprirà la verità dell’equilibrio instabile di lupo e pecora: Cappuccetto Cremisi, ovvero il lupo che sa essere pecora. Così è Frankenstein, mostruosa entità in cerca di identità (“Who was I? What was I” ripete insistentemente), ‘bravo ragazzo’ cresciuto male. E così è il suo creatore, Victor, scienziato (folle?) che ha operato in vista del miglior fine possibile: salvare l’umanità. Ma si sa, questo è il migliore dei mondi possibili, dunque impossibile migliorarlo. Entrambi lupo ed entrambi pecora, i due, padre e figlio, odio e amore si annientano. E il dilemma si ripete. Chi è lupo? Chi è pecora? Mostruosità del soggetto.
Ma perché il soggetto è mostruoso? Perché è quell’inaspettato spettacolo che vede protagonisti elementi discordanti e opposti; è mostruoso perché è l’interruzione di un processo creduto lineare: siamo e non siamo, siamo lupi e siamo pecore. Siamo soggetti, e già la nostra lingua madre ne certifica la contradditorietà: siamo attivi e passivi, soggetti agenti e soggetti-a, in balia di noi stessi. Chi di noi mente? Chi dice la verità? Forse nessuno mente e nessuno dice la verità perché mentiamo e diciamo la verità. E questo ci sconvolge. Per questo amiamo i mostri: perché in fondo, almeno un po’, lo siamo anche noi. Tutti noi adoriamo il Bad Guy o la Bad Girl (Billy Eilish) perché vorremmo essere così, vorremmo essere un po’ meno quello che siamo per essere quello che veramente siamo. Il mostro è il soggetto che vuole annientarsi nell’amore perverso e malato indotto da Tomie, bellissima creatura partorita dal genio del mangaka Junji Ito, in cerca di una liberazione fittizia. Il soggetto è mostruoso perché lacerato, irrimediabilmente scisso tra due alternative che, purtroppo, non possono escludersi a vicenda.
Il mostro ha il potere di risvegliarci dal nostro sonno dogmatico; il mostro che alla fine noi stessi siamo ha il potere, quanto meno, di pungolarci e di costringerci ad interrogarci. Perché ognuno di noi è pecora e lupo; ognuno di noi è la vera Cappuccetto Cremisi.
Il testo di Jean-Jacques Lecercle, curato e tradotto da Stefano Bory, è Frankenstein: mito e filosofia, Ipermedium libri, Napoli 2002.