DOVE… POSTEGGIARE?

Non sappiamo se siamo usciti da questa pandemia, ma di certo sappiamo che ora si può nuovamente, con prudenza e le dovute cautele, uscire. Sembra finalmente che questa situazione di stallo stia per vedere esito: si torna a muoversi…
L’immobilismo e la reclusione domestica si sono rivelati strumenti essenziali ed efficaci ed ora che il dinamismo delle nostre società piano a piano si sta rimettendo in moto, un po’ ingolfato per il lungo periodo di inattività, cresce la preoccupazione tanto dell’aumento dei casi quanto di una ulteriore sospensione dell’attività. Stiamo uscendo dai periodi più difficili proprio perché usciamo di casa: la ripartenza è la liceità dell’uscita dallo stallo. Ovvero dagli stalli.
Già. Uscire ora significa far uscire la macchina dagli stalli, liberandola da quella prigione bianca o blu, eventualmente gialla, portandola a spasso per le vie della città o fuori, ma non troppo (per il momento); vuol dire avere l’opportunità di abbandonare il posto sicuro nell’apertura dell’incognita assoluta: riuscirò a trovare, ora, parcheggio? Dove… posteggiare?
Il suo ordine e la sua continuità si svolgono secondo una dimensione temporale; nel presente egli non vive pienamente la sua attualità, a tal punto da essere contemporaneamente ovunque e in nessun luogo: è ἄτοποs (atopos) (Simondon, L’informazione, p. 470).
Così viene descritto Socrate, l’uomo eccezionale, l’atopico. In quanto eccezione, quale posto assegnargli? La piazza, che amava tanto, non lo sopportava: troppo ciargliero, troppo domande; un rompiscatole. La casa, che odiava tanto a causa della sua garrula – così è passato alla storia – Santippe: poco loquace, poche domande; cavallo punzecchiato dalla tafana. E allora dove andare?
Per lo meno l’attuale stato d’eccezione ha appianato le difficoltà: un posto c’è e lì si può posteggiare. E siccome il nulla nulleggia (Heidegger; cosa può altro fare il nulla se non essere se stesso?) e la rosa di conseguenza roseggia[1], cosa ci si può aspettare da un posto se non posteggiare? Il posto posteggia, e noi, una buona volta, possiamo posteggiare senza troppo ambasce.
Tuttavia, ora che si son tolte le ganasce allo stallo e che si può uscire dagli stalli, dove posteggiare? Ritornerà il problema del posto in cui poter posteggiare l’automobile, quel segnaposto per il posteggio che segna l’inizio e la fine della nostra giornata, della nostra tanto agognata routine.
Sicuramente una cosa ce l’ha insegnata il coronavirus: che posteggiare equivale a nulleggiare…
1] Per il roseggiare della rosa si rivia all’articolo Vivere senza fondamento: Heidegger e la rosa di Silesio di Simone Brocardo.
La citazione è tratta dal’edizione italiana curata e tradotta da Giovanni Carrozzini di Gilbert Simondon, L’individuazione alla luce delle nozioni di forma e d’informazione, Mimesis, Milano-Udine, 2011.
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Ho riletto questo articolo, per caso. Confondi, apposta – come sempre -, metafisica ed esistenza, per cui s’abbisognerebbe negare l’Essere, statico, per affermare il movimento ontico.
Dal punto di vista ontico, in verità, non si fa troppa fatica a distinguere quiete e moto, ma entrambi sono comunque determinati. Il nefasto lockdown è noiosa quiete, la festosa movida (per esempio) è divertente moto.
Perché rompere l’Essere (a parole) con un’ontologia dinamica per tentare di muoversi onticamente? La rottura non apparirà comunque. Essa sta al di là di ciò di cui, a quel punto, Essa non con-sta. Vivremo sempre quel che vivremo. Sia pure temporale…