MEGLIO DIRE ANCORA LA MORTE O NON DIRE PIÙ LA VITA?
di Dexistens
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«Il blog Si può dire morte, cocurato insieme a Marina Sozzi, nasce con l’intento di presentarsi come piattaforma di riflessioni che possa fornire un sostegno, uno stimolo, uno spunto per affrontare con maggior consapevolezza, ma non per questo con algida freddezza, il momento più difficile nella vita di un essere umano: la morte».
Vorrei dire a Davide Sisto e a Marina Sozzi che con la parola MORTE – come forse loro ben sanno – non si può purtroppo solo intendere quel punto di morte che pone fine al segmento della Vita; no, la “morte” è essenzialmente e principalmente quel morire ogni giorno del segmento, sinché la vita stessa non mette un… punto e basta (o un punto e a capo, se esiste la reincarnazione). Tutta la vita è un exercitium mortis. Un penoso esercizio di decrescita consistente in un continuo venir meno: musicalmente, un diminuendo che inesorabilmente porta al silenzio. Nel silenzio post mortem non si può più dire: morte. Ma c’è un silenzio che precede la nascita e c’è un silenzio che succede alla morte (nessuno sa se sia lo stesso oppure no): il pensiero desistenziale, di cui io indegnamente mi faccio voce come suo profeta, si occupa del silenzio prenatale perché si preoccupa di far sì che mai più nessuno debba venire a interrompere e a disturbare quel silenzio. Nel silenzio postumo resta sempre qualcuno che piange in silenzio quel silenzio stesso (silenzio su silenzio…); nel silenzio prenatale non piange più nessuno: non piange l’essere umano che non è stato fatto nascere e non piange chi non l’ha fatto nascere, quell’essere umano. Riuscire ad affrontare con maggior consapevolezza il momento più difficile della vita è importante, certo, ma ancora più importante sarebbe riuscire ad evitare di doverlo affrontare, quel momento, cioè riuscire a non far nascere più nessuno. Rispettiamolo, il silenzio degli innocenti!
«Perché sì, si può dire morte, nonostante tutto, nonostante il dolore. Si deve dire morte e narrarla, raccontarla, introiettarla. Per comprenderla, senza esaurirla nella sua imponderabile affilatezza; per affrontarla, senza esserne soverchiati; per ri-cominciare, a vivere e imparare a morire».
Perché no, non si deve poter dire morte, nonostante tutto, proprio perché ‘ostante’ il dolore. Se si potesse dire ‘non ostante’ il dolore, allora forse si potrebbe anche dire, morte. Dolor hostis, non tantum mors. Si deve dire morte e narrarla? Noi possiamo solo dire e narrare la morte di altri, non certo la nostra; ora, poter dire e narrare la morte altrui non serve minimamente ad esorcizzare la paura della nostra, morte. E, quand’anche noi si sia stati capaci di esorcizzare la paura della morte – tutti i desistenti ne sono capaci, in qualche modo – la morte resterebbe comunque lì, ad aspettare la fine del nostro dire, del nostro narrare, del nostro raccontarla, la morte, fors’anche introiettarla. Quale sarebbe, lo scopo di uno storytelling della morte? Riuscire a farsene una ragione? E a che pro? Vivere meglio? Meglio non vivere, che vivere morendo ogni giorno. Noi umani, mortali per definizione, possiamo anche riuscire a non essere soverchiati dal pensiero della morte, ma non possiamo evitare di essere prima o poi soverchiati dalla realtà della morte. Forse che, dopo essere riusciti a stornare il pensiero della morte, si può tornare a vivere come se niente fosse? Ricominciare a vivere? Non tanto di imparare a morire avremmo bisogno, quanto piuttosto di imparare a non vivere, imparare a non dare la vita ad altri mortali: non procreare più per un’intera generazione fino a che nessuno possa più nemmeno pronunciarla, la parola morte. La morte la si può vincere solo vincendo la vita. Si può anche dire, morte, ma non si deve metterla in conto come se nulla fosse. Non ci servono, gli eroi della morte: quelli che le vanno incontro per poterla tramandare di padre in figlio.
Il pensiero desistenziale auspica che un giorno nessuno possa mai più dirla, questa parola: morte; perché soltanto quando nessuno potrà mai più parlarne essa potrà “DIRSI” veramente vinta.
DEXISTENS, PROPHETA DEXISTENTIAE.
Progetto Dexistens nel Network di Arena Philosophika, per vedere la home di Dexistens clicca qui.
@ILLUS. by JOHNNY PARADISE SWAGGER feat. PATRICIA MCBEAL, 2020