MEONTOLOGIA DELLA LIBERTÀ (seconda lezione) II,7
..continua da Meontologia della libertà II,6 (qui)
Luigi Pareyson dice poi che «Dio stesso ha sottoposto se stesso e la sua creazione al giudizio umano». Se l’ermeneutica del mito di Genesi porta a questa conclusione, allora nel Giudizio Finale il desistente darà a Dio il giudizio che si merita: un giudizio di condanna del Suo operato; peccato che, essendo Dio onnipotente, il giudizio del desistente, pover’uomo, non gli eviterà l’Inferno, essendosi egli permesso di dare un tale giudizio. Se veramente l’uomo fosse libero potrebbe liberamente insultare il Dio della Vita rinfacciandogli che questa è una sconceria mai vista: una porcheria che un Dio poteva prevedere, quando l’ha creata; e senza alibi del tipo di quelli che danno tutta la colpa alla libertà dell’uomo. Che fine fa, un uomo, se giudica Dio come lo giudica il desistente? Fa una brutta fine, parola di Dio. Il buon Profeta della Desistenza non a caso s’è nominato MAGISTER DAMNATUS: lo sa, lui, che la lotta contro Dio è impari, non si può vincere. Il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe non va contraddetto, se no s’incazza e allora sono cazzi acidi; bisogna sempre dirgli che tutto ciò che ha fatto Lui lo ha fatto bene, perché Egli vide che ogni cosa era buona. Poi, soprattutto, non bisogna rifiutare il suo Amore, perché sennò è finita: è Inferno assicurato. Infine, essendo Lui la Vita in Persona, guai a chi osa parlar male della Vita!
«Dio stesso ha sottoposto la sua creazione e anche se stesso come creatore al giudizio umano, ovviamente attendendosene accettazione, collaborazione, approvazione, obbedienza; però pronto anche a riceverne rifiuto, disobbedienza, ribellione, e ha finito poi per dover subire la rivolta umana, perché la libertà umana, proprio come libertà, può ostacolare il volere divino, e l’ha fatto appunto come s’è visto nel racconto del Genesi». Quando lesse queste parole il Profeta ebbe una visione: oracolo del Profeta, io vidi una donna piacente, di mezz’età, che una sera fu violentata, stuprata in un giardino da un maschio in calore; il maschio giustificava la propria violenza dicendo alla donna che voleva darle la vita, voleva far germinare nella femmina la vita di un figlio: il maschio voleva un figlio da quella donna. Ma la donna non voleva, innanzitutto perché non le piaceva quel maschio e poi anche perché non le piaceva farlo in quel modo sbrigativo e anonimo, un figlio. Lo stupro si consumò in un giardino, una specie di Eden; ma la bellezza del giardino parve risentirsi, di quella orribile violenza: tutto appassì, quando la violenza fu consumata, più nessun colore colorò la natura e tutto apparve bianco e nero (se non fosse per quelle scarpe rosse della donna…). La donna sottopose il maschio arrapato a un giudizio senz’appello: la vita non la si dà in questo modo. Il maschio si difese dicendo che per amare una donna bisogna pure deflorarla, scoparla con ardore, ma non ci fu verso: la donna non volle sentire ragioni; ella non l’amava, quel maschio, e se non altro per questo egli avrebbe dovuto rispettare il suo rifiuto. La parte più penosa della visione del Profeta fu però questa: la donna, dopo nove mesi di angoscia, partorì, purtroppo, il figlio della violenza, il figlio che non fu libera di evitare; e quel che è peggio, lo partorì fuori del giardino, in un desolato angolo del mondo, nel quale, dopo che lei fu violentata, tutti furono costretti per chissà quale motivo a ricevere la vita con la violenza.
Il Profeta si commosse, quando la visione cessò. Si commosse e subito inveì contro Luigi: ma di quale giudizio parli? Coglione! A che servì, il giudizio di quella povera donna violentata? Le servì forse ad evitare la gravidanza? In terra l’aborto non è previsto, quando la procreazione discende dal cielo della creazione, Luigi del cazzo! Ma che vai cianciando? «Dio, creando l’uomo libero, si espone a un pericolo, corre un rischio: non è senza inquietudine che crea l’uomo. E infatti, dopo aver creato l’uomo, di fronte a che cosa si è trovato? Si è trovato di fronte al fallimento della sua creazione. Dio ha fatto fallire la sua creazione. È stato un vero e proprio fallimento della creazione divina». Il Profeta sta perdendo le staffe. Questa teodicea lo manda su tutte le furie. Ma come? Un Dio onnipotente e onnisciente non riesce a prevedere le conseguenze della sua stessa Creazione? Dà la libertà alle sue creature non prevedendo minimamente che esse non avrebbero saputo gestirla correttamente? Non si dice a un bambino: puoi entrare in tutte le stanze della casa, tranne che in una; in quella non ci puoi entrare; non si può dire una cosa del genere a un bambino, perché egli, dopo questo divieto, la prima cosa che fa è appunto quella di entrare in quella camera proibita per vedere cosa c’è dentro, perché è proibita. Adamo ed Eva sono i “bambini” dell’umanità, sono la metafora mitica della giovinezza umana, sono i primi, sono i primi due figli di Dio, sono ancora piccoli, non si può lasciare loro troppa libertà; la sa qualunque genitore, questa elementare verità pedagogica. Ma Dio no, non la sapeva. Il Profeta perde la pazienza, quando gli si dicono cose del genere. Di fronte al fallimento della creazione «Dio ha fatto fallire la sua creazione»? Ah, Dio manda a puttane la sua Creazione, butta il bambino insieme all’acqua sporca solo perché il suo giocattolino s’è rotto, il suo bambino s’è sporcato peccando? Lui fa fallire ciò che è fallito per colpa sua? Sì, per colpa sua, perché la libertà della creatura non è più tale quando è creata da una Libertà onnipotente che la mette in ombra: un bambino lasciato libero da un genitore di camminare su una strada trafficata di macchine che vanno a tutta velocità è un bambino che ha i minuti contati; è il genitore, che non deve mettere il bambino nella condizione di finire sotto a una macchina. Questo Dio capriccioso manda in bestia il Profeta della Desistenza: poverino, ha fallito! La sua Creazione gli è riuscita male? Egli la rinnega: non doveva essere così, non doveva andare così! Maledetta creatura, perché hai fatto fare alla mia Creazione questa figura di merda? Sii maledetta, creatura del menga: solo una cosa ti avevo chiesto di non fare e tu l’hai fatta! Sii maledetta!
Il Profeta ebbe un’altra visione: c’era una strada, piena di macchine che sfrecciavano veloci, c’era un bambino che, incredibilmente, camminava sperduto su quella strada mentre suo Padre lo osservava; a un certo punto si vide chiaramente che il bambino stava per finire sotto a una macchina: fu allora che il Padre si precipitò verso il figlio, lo prese in braccio e lo salvò da morte sicura. Il Profeta ebbe in realtà due visioni in una, perché egli ne ricorda contemporaneamente anche un’altra, nella quale questo Padre osserva attentamente e preoccupato il proprio Figlio che ha appena imparato a camminare mentre sta per cadere sopra un oggetto acuminato di non facile decifrazione; anche in questa visione il Padre si getta verso il Figlio e lo salva prendendolo in braccio. Il Profeta sentì dal cielo una voce che gli diceva: forse che il bambino non era stato avvisato, dei rischi ai quali andava incontro?
Quelli come Pareyson non sentono ragione, quando è in gioco la reputazione del Dio che adorano. «L’effettiva scelta dell’uomo non è pre-veduta, ma è veduta» dice Luigi quando si anticipa da solo la critica a un Dio la cui prescienza poteva evitare il disastro della caduta umana nel baratro di questa valle di lacrime. Ricordo che, quando facevo il Ginnasio dai Salesiani, un insegnante di religione, di fronte alla nostra richiesta di spiegazioni sul mistero della caduta umana, rispose con le stesse parole di Pareyson: Dio ci ha visto cadere; non l’aveva pre-visto? Ha poca importanza: la libertà dataci frapponeva fra Lui e noi una sorta di spessissimo vetro trasparente che, come solida barriera, se da una parte permetteva di vedere ciò che succedeva, dall’altra impediva tuttavia di intervenire per cambiare le sorti degli accadimenti. Chi l’aveva fatto, quel vetro? Se Lui aveva creato tutto, non era stato Lui a mettere quella barriera di libertà fra Sé e ciò che accadeva fuori di Sé?
Aperta parentesi.
Oracolo del Profeta: il Profeta alzò gli occhi verso il cielo e vide una scritta che giganteggiava sopra al vetro; la scritta diceva: «Rompere solo in caso di necessità». Il Profeta capì che quel vetro Dio poteva infrangerlo solo qualora avesse ritenuto necessario compiere un miracolo, cioè qualora avesse ritenuto necessario infrangere la libertà dell’uomo. Il Profeta fu scandalizzato, da questa inaudita licenza di Dio e pensò che se Dio poteva fare una tale eccezione, anche l’uomo avrebbe potuto infrangere il comando divino di procreare.
Chiusa parentesi.
«L’effettiva scelta dell’uomo non è pre-veduta, ma è veduta. Non ha nessun senso quel ‘pre’: è veduta quando l’uomo la fa, ed è veduta nella sua intemporalità. Non è pre-scienza, ma è scienza contemporanea, è scienza intemporale; il sapere divino è contemporaneo all’agire umano». La teodicea è cieca, come l’amore. Dicono che è Dio a voler salvare l’uomo, ma a me pare che sia sempre l’uomo a voler salvare il Dio che dovrebbe salvarlo: forse perché se non lo si fa salvo, Dio, chi lo farà salvo, l’uomo? Chi ci crederà ancora, alla salvezza? Come una madre è sempre pronta a scusare il proprio figlio, così Pareyson cerca in tutti i modi di salvare il suo Dio dalla condanna umana: qui non è questione di pre-scienza, ma di intemporalità. Capito? «Dio stesso ignora in anticipo la previsione». Ma che cazzata è? Questo Dio sa tutto quello che accadrà, ma solo quando accadrà? E ancora: solo quando accadrà, o non piuttosto solo se accadrà? «Questa non è prescienza divina, non è pre-scienza, ma visione di quanto c’è di intemporale nella nostra storia temporale». In altre parole, il Creatore vede un accadimento fuori dal Tempo ma non come lo vede nel Tempo colui al quale questo accadimento accade? Ce lo dica, Pareyson: cosa c’è di intemporale nella nostra storia temporale? Già solo il verbo «accadere» butta male; a questo riguardo il Profeta della Desistenza ci lasciò due chicche molto istruttive:
DEI GRATIA; HOMINIS CAUSA
Tutto ciò che non accade per grazia di Dio,
cade per sua disgrazia.
CON GRAVITÀ
Pare che la forza di gravità fosse sul punto di essere scomunicata dalla Chiesa Cattolica, quando un bel giorno si chiese:
«Ma chi l’ha detto, che ciò che non deve accadere deve per forza cadere?»
Forse il mistero dello scarto fra la temporalità della scienza e l’intemporalità della prescienza sta nel rapporto etimologico fra «cadére» e «accadére»? Del resto, la stessa parola «caso», sinonimo di «accadimento», ha a che fare con il verbo «cadére». Il latino accădo, is, ĕre è prodotto da ad- + cădo = cado davanti a. Tutto accade davanti alla (ad) prescienza di Dio? Ogni accadimento di cui noi si abbia scienza (conoscenza) accade sotto gli occhi di Dio? Così dobbiamo intendere il misterioso convergere di «cadere» e «accadere»? Non cade foglia che Dio non voglia…
Un conto è la caduta di una foglia, un altro è la caduta di un umano, dice il Profeta. Con tutto il rispetto per le foglie, fa più rumore un albero genealogico umano che cade di una foresta intera che cresce. Nell’immanenza terrestre ogni cosa che accade accade perché cade in un presente che è anche caduta perpetua: accade perché è caduto e perciò è accaduto. A patto però che si sia disposti a credere alla favola brutta della caduta di Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre così come essa è raccontata in Genesi 3,21-24:
Il Signore Dio fece all’uomo e a sua moglie tuniche di pelli e li vestì.
Poi il Signore Dio disse: «Ecco, l’uomo è diventato come uno di noi quanto alla conoscenza del bene e del male. Che ora egli non stenda la mano e non prenda anche dell’albero della vita, ne mangi e viva per sempre!». Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da cui era stato tratto. Scacciò l’uomo e pose a oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada guizzante, per custodire la via all’albero della vita.
Scacciò l’uomo. Questa cacciata è stata mirabilmente figurata da Masaccio nel 1425 in quell’affresco famoso della Cappella Brancacci sita nella chiesa di Santa Maria del Carmine in Firenze. Evidentemente, fu dopo questa cacciata che scienza e prescienza si sfasarono al punto di poter configurare una conoscenza divina capace di prevedere un accadimento prima che accada ma al contempo anche di poterlo vedere solo quando accade. L’impotenza dell’onnipotenza divina, cioè il fondamento della nostra libertà (ma anche il limite della Sua), risiede dunque nell’impossibilità che Dio è (Essere nell’impossibilità) di impedire ciò che vedendo accadere Egli riconosce come ciò che aveva saputo prevedere? Un Dio che di fronte a qualunque accadimento dice sempre: Io l’avevo detto!? Magra consolazione.
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@ILLUS. by JOHNNY PARADISE SWAGGER, 2020
MEONTOLOGIA DELLA LIBERTÀ – SLIM EDITION
♋ Meontologia della Libertà di Magister Damnatus ♋
@GRAFIC. by MAGUDA FLAZZIDE, 2020






