MEONTOLOGIA DELLA LIBERTÀ (terza lezione) III, 1

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LIBERTÀ È NEGAZIONE
Il tema della seconda lezione di Ontologia della libertà era la Libertà divina; ora, nella terza lezione, Luigi Pareyson s’occupa di libertà umana: «la libertà come scelta». La prima osservazione è relativa alla «indifferenza» della scelta: è indifferente, l’oggetto della scelta? «La libertà è il potere di rendere indifferente ciò che per sé non è per niente indifferente…». Quindi per Pareyson no, non è indifferente scegliere una cosa piuttoso che un’altra; per Pareyson come per tutta la morale legata a princìpi valoriali. Ogni scelta non avviene mai al di là del bene e del male, sì che la scansione binaria Bene/Male è riproposta dalla filosofia pareysoniana in ossequio all’autorità della religione cattocristiana da lui professata.
Le lezioni di filosofia del nostro Luigi non sono aconfessionali, purtroppo. La scelta non è indifferente, praticamente: anche se essa è teoricamente «un’eguale possibilità di scegliere l’essere o il non essere, il bene e il male», le conseguenze sono comunque differenti (Paradiso, Inferno). Già da questa frase l’abbinamento risulta chiaro: essere è bene, non essere è male. Tutto dipende dalla Volontà, dice Pareyson, poiché «la scelta è decisa non da un criterio o da una legge, ma unicamente dalla volontà»; «la volontà incerta si divide, la volontà sicura sceglie». Dexistens, il Profeta della Desistenza, detto Magister Damnatus, raccomanda di filosofare soprattutto sulla volontà che più conta, quando sono in ballo le scelte umane: la Volontà di Vivere, la Volontà della Natura di perpetuare se stessa riproducendosi, la Volontà di cui ha tanto acutamente parlato il desistente ante litteram Arthur Schopenhauer. Il mondo è volontà, volontà che agli esseri umani si presenta come rappresentazione: per indagare il concetto di volontà alla maniera desistenziale è necessario soffermarsi su questo nodo cruciale.
In questi giorni di primavera (oggi è il 2 aprile 2020) sui rami degli alberi sbocciano dei fiori che tra breve diventeranno foglie; il Profeta ha riflettuto a lungo, su questa volontà della natura, per cercare di capire la Natura stessa in sé. Il fiore è essenzialmente un organo riproduttivo: esso serve ad attirare gli insetti, i quali, così, trasportano il polline dagli stami allo stigma favorendo la fecondazione; anche il profumo dei fiori fa parte della strategia volontaristica della Natura insieme alla loro bellezza: il profumo e la bellezza servono ad adescare gli impollinatori. La Natura vegetale “fiorisce” come la Natura animale, anche umana: quando gli ormoni impazziscono a primavera, le fanciulle in fiore si profumano, si fanno belle come i fiori, si truccano… anche loro devono sedurre, come la vegetazione, affinché la specie si riproduca. Un altro desistente ante litteram, Giacomo Leopardi, ha espresso questa cruda realtà mirabilmente, per esempio in A Silvia:
O natura, o natura,
Perchè non rendi poi
Quel che prometti allor? perchè di tanto
Inganni i figli tuoi?
I fiori sono promettenti; ma poi diventano foglie. Che presa per il culo! I fiori profumano; le foglie no. Che fregatura! Succede come nelle coppie di sposi: ci si corteggia, ci si desidera, ci si fidanza, ci si sposa, poi si fa un figlio, o se ne fanno due, tre… e infine ci si ritrova sfioriti senza quasi riconoscersi più.
All’apparir del vero
Tu, misera, cadesti: e con la mano
La fredda morte ed una tomba ignuda
Mostravi di lontano
In sintonia con Leopardi, il Profeta l’ha sempre detto: è il Vero, quello che deve apparire affinché la Vita possa venire in uggia e quindi il pensiero desistenziale apparire verace. Solo che il Vero appare dopo che la frittata è fatta, perché è furba, la Natura. Se non ci fosse un periodo della vita in cui tutto sembra bello probabilmente sarebbero molti di meno coloro che la perpetuerebbero, questa vita. La Volontà è cruda, crudele: ti fa fare quello che vuole quando le servi e poi ti abbandona senza pietà; il triste è che quasi tutti ci cascano. Wille zum Leben. Volontà di Vivere. Volontà per la Vita. Il principio di individuazione è principio di differenziazione: dall’Essere non individuato, non differenziato (Ergìa neutrale in potenza), la generazione estrae l’Esistere individuato, differenziato (energìa schierata in atto). L’Essere fuori del Tempo e dello Spazio viene tirato per i capelli nell’Esistere spazio-temporale. Questa, in sintesi, la lezione del desistenzialista Schopenhauer che il Profeta ritiene propedeutica alla Desistenza.
Il Profeta ha molto riflettuto, sul gioco sporco della Natura. La Natura è Volontà dettata dall’istinto di sopravvivenza, ma la Natura indora la pillola emanando da sé illusorie rappresentazioni: ella non si presenta come si rappresenta. Se potessimo intravedere subito come si presenta in realtà, la Natura, non cederemmo miseramente alla lusinga delle sue rappresentazioni. Il fiore è una rappresentazione della foglia, in qualche misura; esso edulcora una realtà che se apparisse subito com’è non invoglierebbe certo a fare ciò che serve per la sua riproduzione. Ma la rappresentazione più sleale che la Natura s’è inventata per riprodursi la si trova nell’essere umano: è l’amore, il sentimento che rappresenta in sommo grado la volontà estrema che la Natura ha di farci procreare. Agli umani non capita ciò che capita agli animali: gli animali s’accoppiano per riprodursi quando la Natura lancia il suo richiamo mandandoli in calore; l’animale va in calore, si cerca la prima femmina che gli viene a tiro e la feconda. S’è mai vista una femmina animale che prima di compiere l’atto sessuale chiede al maschio: ma tu, dimmi, mi ami veramente? Perché, sai, a me non va di fare solo sesso, io voglio fare l’amore, e specialmente quando si tratta di fare figli. Fa persino ridere, pensare a un animale che chiede rassicurazioni circa il sentimento provato dal “partner”. Invece, nel regno degli umani, quando la fregola riproduttiva si presenta, con essa si rappresenta anche l’eterna sceneggiata dell’amore: il Profeta della Desistenza ci ha dato una visione molto disincantata, della rappresentazione sentimentale che si origina dalla presentazione animale dell’istinto di riproduzione. A nessuno piace il disincanto, perché con esso tace definitivamente anche il maliardo canto della Sirena, ma, come Ulisse nel XII Libro dell’Odissea, anche noi dobbiamo metterci la cera nelle orecchie, farci legare all’albero maestro, se è il caso, per non cedere al canto invitante della Sirena:
Qui, presto, vieni, o glorioso Odisseo, grande vanto degli Achei,
ferma la nave, la nostra voce vieni a sentire.
Nessuno mai si allontana di qui con la sua nave nera,
se prima non sente, suono di miele, dal labbro nostro la voce;
poi pieno di gioia riparte, e conoscendo più cose.
Noi tutto sappiamo…
Come si può vedere, l’ermeneutica del mito delle sirene ricalca quello del mito edenico del Male della Mela: le sirene dicono che dopo essersi fermati ad ascoltare il loro canto si riparte «conoscendo più cose», si acquista la conoscenza, perché loro sanno tutto («noi tutto sappiamo»); anche nell’Eden l’albero da cui pende(va) la Mela del Male è (era) un albero della conoscenza del Bene e del Male. Nello stesso Libro XII dell’Odissea, pochi versi prima, Ulisse aveva spiegato ai suoi compagni ciò da cui Circe l’aveva messo in guardia:
Alle Sirene prima verrai, che gli uomini
stregano tutti, chi le avvicina.
Chi ignaro approda e ascolta la voce
delle Sirene, mai più la sposa e i piccoli figli,
tornato a casa, festosi l’attorniano,
ma le Sirene col canto armonioso lo stregano,
sedute sul prato: pullula in giro la riva di scheletri
umani marcenti; sull’ossa le carni si disfano.
Ma fuggi e tura le orecchie ai compagni,
cera sciogliendo profumo di miele, perché nessuno di loro
le senta; tu, invece, se ti piace ascoltare,
fatti legare nell’agile nave i piedi e le mani
ritto sulla scarpa dell’albero, a questo le corde ti attacchino,
sicché tu goda ascoltando la voce delle Sirene.
Ma se pregassi i compagni, se imponessi di scioglierti,
essi con nodi più numerosi ti stringano.
L’onesta traduzione di Rosa Calzecchi Onesti trasmette chiaramente il messaggio: è allettante la rappresentazione, ma la sua vera volontà è volontà di morte; la Vita ci usa per riprodursi e poi ci getta via facendoci morire. L’ermeneutica del mito biblico del Peccato originale non suona diversamente: «la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò». Eva: paziente zero. Adamo: paziente uno. Come Circe mise in guardia Ulisse, Dio mise in guardia Adamo ed Eva dal pericolo imminente, ma Adamo ed Eva non ebbero un Ulisse astuto che turasse loro le orecchie, o, meglio, chiudesse loro la bocca per evitare di ingerire il frutto malefico. Il vostro Profeta, o desistenti, s’è dato il compito di farvi da Ulisse: mistagogo compassionevole, il vostro Profeta cerca di convincervi a turarvi le orecchie con solidi tappi, quando la Natura intona il ricorrente canto dell’amore riproduttivo, quando l’istinto riproduttivo si presenta come il serpente edenico sbandierando le qualità mirabolanti del Male della Mela.
Poveri adolescenti! Quanti ne vediamo, noi insegnanti, seduti fra i banchi ma con la testa altrove: in preda alle smanie smancerose delle voglie lubriche di una Volontà che non è realmente loro, bensì della Sirena, della Mela… La Volontà si presenta e ci rappresenta il canto della Sirena, la lusinga della Mela; questa rappresentazione assume negli esseri umani la forma psichica del sentimento: il sentimento è la rappresentazione emotiva che psichicamente configura la Volontà naturale di riprodursi. La ‘rappresentazione pulsionale’ cresce, per così dire, sopra alla ‘presentazione istintuale’ come un carapace che ricopre, nascondendolo, il lato oscuro del desiderio; come un gioco pirotecnico che emana da un fuoco d’artificio, artificio della Natura stessa. Noi umani lo chiamiamo “sentimento” ma in realtà esso è la rappresentazione umanizzata di un istinto molto animale: è l’umanizzazione dell’istinto di conservazione. Lo scarto fra animalità ed umanità s’è sentimentalmente dissociato in una sorta di bipolarismo: è stato disturbato dalle turbe psichiche causate dall’evoluzione; la schizofrenia fra natura e cultura ha diviso letteralmente in due l’essere umano separando la presentazione volontaristica dalla sua rappresentazione moralistica. Il sentimentalismo ricopre le vergogne del volontarismo come la famosa foglia di fico del perizoma di Adamo ed Eva: «conobbero di essere nudi»; conobbero… la conoscenza è coscienza dell’oscenità in sé della Volontà amorale che soggiace alla rappresentazione del sentimento di essa. ‘O-sceno’ è aggettivo che etimologicamente rimanda a una scena che non si deve rappresentare: per questo la nudità oscena dell’istinto dev’essere ricoperta dal velo della rappresentazione, che stende un velo pietoso sulle vergogne senza sentimento della sessualità. Fare sesso viene prima di fare l’amore; e, significativamente, chi fa solo sesso non vuole fare figli: è chi si sente innamorato che vuole coronare il suo sogno d’amore con dei figli.
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MEONTOLOGIA DELLA LIBERTÀ – SLIM EDITION
♋ Meontologia della Libertà di Magister Damnatus ♋
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