ONTO-TEO-LOGIA: DIALOGO TRA SEVERINO E BARZAGHI (2015) – Commento di eddymanciox

Nel dialogo che segue Emanuele Severino e Giuseppe Barzaghi si confrontano sulla prospettiva eternista e determinista del domenicano, secondo il quale però Dio è comunque creatore in quanto avrebbe potuto non creare il mondo, seppur questo sia eterno. Per Severino Dio è superlfuo se non fuorviante.
Parte I
Parte II
Dal confronto emergono le difficoltà di Barzaghi nel sostenere il proprio discorso. Ammettendo l’eternità del mondo in conformità all’eternità di Dio, che quest’ultimo sia creatore del primo distinguendosene non pare coerente: come avrebbe potuto Dio non creare ciò che ha creato ab eterno? Il mondo necessario, che non cessa (ne inizia, in quanto eterno e non immortale), è (e non può non essere).
Barzaghi è ancorato alla tradizione, similmente alla prospettiva di Aniceto Molinaro, che rifiuta la proposta di Heidegger (“questo originario fondamento è quello in cui consiste l’istituzione inesauribile e irrinunciabile della filosofia stessa: […] esso è Parmenide, e il suo grande, intrascendibile principio dell’essere”) e, soprattutto, a quella di Leonardo Messinese (concorde con Severino nel tornare a Parmenide, ma che vorrebbe di lì poi tornare a Platone). Evidentemente dunque espone le incongruenze del discorso onto-teo-logico.
Ma se dunque l’onto-teo-logia è un discorso che scorrendo porta, presto o tardi, necessariamente alla rimozione di Dio quale superfluo o a riconoscerlo come sinonimo dell’Essere, della Natura, del Mondo, allora o si accetta l’ontologia o si batte la strada della teologia non onto-teo-logica.
Ma cosa afferma questa teologia? L’onto fornisce alla teologia il presupposto intorno cui speculare. È in virtù dell’onto che Dio (Essere) è eterno e uno. E tutte le altre formule così ottenute sono implicazioni necessarie, cioè traduzioni, di questo irremovibile preconcetto: Dio è la sfera il cui centro è dovunque e la circonferenza in nessun luogo, Dio è tutto intero in qualsiasi punto di se stesso, Dio è l’infinito in atto mancante di nulla, etc…
La teologia privata dell’onto intorno a cosa discorre? Pare che in una onto-teo-logia compiuta, perfetta, il ruolo del teo sia solo figurare nella parola onto-teo-logia quale orpello, superfluo ma accattivante, posto a imbellettare la parola ontologia.
L’ontologia è il discorso perfetto, poiché assume il tutto come perfetto, continuando ad affermarlo in tutte le sue formule, traduzioni del riduzionistico ma onnicomprensivo (corto)circuito ontologico: Essere è.
Rimossa la perfezione, dunque l’eternità, dunque l’unità. Tolto l’onto, dall’onto-teo-logia pare venga rimossa anche la logia, rimanendo solo il teo, condannando l’uomo all’afasia. Unico teologo di diritto, per dirla con Carlo Arata, sarebbe Dio, di cui l’uomo non sa se sia, se sia eterno né se sia uno (per non dire che sa che non è eterno né uno, visto che rifiuta l’ontologia). Anche se questo Dio parlasse all’uomo, a un uomo, quello sarebbe impossibilitato a discuterne, tra sé e sé e con altri: incomunicabilità gorgiana.
Teologia non onto-teo-logica è dunque teo-afasia? Un tale Dio, quand’anche si mostrasse, apparirebbe come forma propria in ogni anima, l’ascolto di Dio sarebbe un abbandono a Quello non negoziabile. Allah Al-Jabbār!
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Notevole il punto di partenza. Solo che rischia di essere al contempo il punto di arrivo. Di certo si critica l’onto-teo-logia perché si presuppone che Dio e l’onto-logia siano equiparabili: la logia fondante l’onto-teo-logia è la teo-onto-logia, ovverosia il pregiudizio secondo il quale Dio debba essere Essere. Scandagliare il terreno e porre il fideismo di Arata come alternativa all’onto-teo-logia deve essere preso sul serio. Per questo la domanda è: si può fare logia della teo-onto-logia?
Il punto di partenza dev’essere il punto d’arrivo altrimenti il discorso è aporetico e non il “cortocircuito ontologico”.
Il punto è che data una definizione di Dio, ne si testa la consistenza concettuale. Il Dio di Arata, che si rifiuta di parlarne, è oscuro perché non definito e non si può valutarne la coerenza in assenza di formule. Dio rimane quale parola vuota.
Il Dio onto-teo-logico invece è la parola piena. Perché viene definito come l’insieme onnicomprensivo, che così si comprende interamente in ogni suo sottinsieme. Questo è l’insieme chiamato Verità, in cui stanno tutte le verità possibili. Ciò non basta per dire che l’idea di Verità corrisponde a Realtà, ma basta per dire che corrisponde all’idea di Verità, è coerente.
Se la Realtà fosse incoerente, sarebbe minore dell’idea di Verità e Dio non sarebbe o, se si vuole, sarebbe Re nel regno dell’Errore.