PER UNA FILOSOFIA DEL CORPO: LA FENOMENOLOGIA DI MERLEAU-PONTY

La percezione è tutto. Fatti di carne in un mondo di carne, corpi in un mondo di corpi, la percezione riassume ed esprime il significato e il significante della realtà, e la filosofia è, prima di tutto, filosofia della percezione, cioè – per dirla in termini merleau-pontiniani – “reconquête du sensible”, riconquista del sensibile, alimentata da una quête originaria, la quête ontologique, la ricerca dell’essere attraverso il corpo, la ricerca del mondo attraverso l’altro. E se non c’è riflessione possibile al di fuori del Lebenswelt husserliano, del mondo della vita, se non c’è altro modo di interrogare la Cosa al di fuori della percezione, è, tuttavia, necessario osservare che l’abitante primo e unico della Lebenswelt, ossia il corpo, è portatore di un’ambiguità irriducibile e insolvibile, di un’intrinseca dualità che lo rende, nel contempo, attore e spettatore della percezione, soggetto e oggetto della conoscenza.
Eccoci di fronte alla distinzione, pilastro del pensiero di Maurice Merleau-Ponty, tra corps objectif e corps propre o vécu, tra, cioè, il corpo come oggetto sottoposto alle leggi della materia, al causalismo, alla fisiologia, agli studi anatomici e biologici, e il corpo vissuto come proprio, il mio corpo, il corpo che obbedisce alla mia volontà ed esprime le mie intenzioni, il corpo che io sono. Non è un caso, dunque, che Merleau-Ponty utilizzi la frase j’ai un corps quando si riferisce al corps objectif e je suis un corps quando parla del corps propre, come a dire che il corpo che io sono non è una cosa in mio possesso, non è una proprietà del mio essere, ma è una sua modalità, un mio modo – o meglio, il mio modo – di essere.
Ogni corpo, dunque, racchiude in sé questa ambiguità, ogni corpo è, contemporaneamente, corpo fisiologico, oggettuale, e corpo proprio, vettore di intenzioni ed emozioni, vettore del proprio essere-nel-mondo. Questa dualità si può cogliere – sostiene Merleau-Ponty – nel momento in cui con una mano tocco l’altra mia mano, e il corpo diventa, nello stesso istante, toccante e toccato, sensibile a se stesso, alla propria stessa superficie ed esperisce così il doppio statuto ontologico che lo abita: quello di oggetto bruto, solido, inerte da una parte – en soi direbbe Sartre –, e quello di incarnazione e veicolo del desiderio del soggetto dall’altra, cosicché il soggetto comprenda, dunque, di essere fatto della “même texture” del mondo in cui agisce: la chair, la carne, che non è né materia né spirito né sostanza, bensì elemento nel senso presocratico del termine.
Rielaborazione di AI Style Transfer di M. C. Escher, Drawing Hands
Eppure – secondo il fenomenologo francese – la distinzione tra corps objectif e corps propre è manifestazione di una differenza anteriore e preliminare, quella tra besoin, bisogno, e désir, desiderio: se, infatti, il besoin è la mancanza di una cosa determinata ed elementare che manca al corpo fisiologico – l’acqua quando si ha sete e il cibo quando si ha fame, per esemplificare brutalmente – il désir è, invece, una ricerca costante ed incessante, mai soddisfatta, di un eccesso, pur immanente, che abbracci il mondo nella sua totalità. È desiderio di pienezza, di completezza impossibile.
La natura del bisogno è costitutivamente intermittente, poiché il besoin può essere facilmente soddisfatto procurando al corpo fisiologico l’oggetto della mancanza, e provocando, in tal modo, un piacere che corrisponde alla cessazione del dolore, laddove il désir è costante, incessante, non c’è desiderio autentico che si estingua e che si spenga. Il bisogno si manifesta, dunque, attraverso il corpo fisiologico, è anonimo e impersonale, si esaurisce in un insieme di funzioni meccaniche e causalistiche, mentre manifestazione del desiderio e sua incarnazione è il corps propre, il corpo non oggettuale ma intenzionale, in esilio dal mondo eppure nel mondo, scisso e separato da se stesso per sempre, e costantemente volto a una riconquista ontologica, che avviene, necessariamente, nel mondo del sensibile, dei fenomeni di fronte a cui, pur immerso, è capace di meravigliarsi.
Che è significato primo della fenomenologia secondo Merleau-Ponty, di una filosofia intesa come double étonnement, doppia meraviglia, doppio stupore: il primo, di aristotelica marca, provato di fronte ai fenomeni stessi, al mondo, mentre il secondo, successivo ma eclatante, è lo stupore dello stupore, è, cioè, la meraviglia che si prova nel momento in cui ci si rende conto di potersi meravigliare di fronte al mondo quotidiano e di essere, dunque, in grado di rompere la relazione di familiarità che si ha con il quotidiano, per riflettere su di esso e stupirsene, attimo rivelatore, intensificazione della percezione, epifania joyciana, e – se si vuole osare – nausea sartriana, perché è attraverso l’esperienza della nausea che Antoine Roquentin rompe il rapporto di immediatezza con le cose e comincia a percepire la propria estraneità ad esse, al mondo, a se stesso. È attraverso la nausea che, pur sofferente e disgustato, Roquentin riflette sulla realtà, rivoluzione conoscitiva ed esistenziale. Il double étonnement fenomenologico è, dunque, costituito da un doppio mistero: la presenza del mondo e la possibilità della riflessione di fronte al mondo stesso. Mi stupisco, insomma, che io possa stupirmi, che io, corpo gettato fra i corpi, possa prendere le distanze dalle cose brute e rompere il rapporto di immediatezza irriflessa che mi lega ad esse.
Questo, dunque, il presupposto di un ritorno alle cose stesse, di una filosofia che rifletta sul fenomeno nel suo apparire, nella convinzione che esso non sia il velo che copre un mondo di essenze che sta al di là, che il sensibile non sia l’ostacolo che impedisce l’accesso a una presunta realtà sovrasensibile, ma che il fenomeno sia, in se stesso ed esso stesso, il significato unico e ultimo della realtà e che, di tale realtà, il corpo sia protagonista.
La rielaborazione grafica nel corpo del testo è tratta da M. C. Escher, Drawing Hands, litografia, cm. 28,5 × 34, 1948.
@ILLUS. by PATRICIA MCBEAL, 2020
@RIELABORAZIONE GRAFICA NEL CORPO DEL TESTO by AI STYLE TRANSFER, 2020