CRITICA DELLA RAGION “IMPURA” (Parte III)

La ragion pura di Socrate dice a Teodoro che «non è possibile che i mali (τὰ κακὰ) scompaiano – perché è necessario che ci sia sempre qualcosa di opposto al bene – (ὑπεναντίον γάρ τι τῷ ἀγαθῷ αεὶ εἶναι ἀνάγκη) e non è possibile che essi risiedano presso gli dèi; si aggirano invece necessariamente (ἐξ ἀνάγκης) intorno alla natura mortale e a questo luogo» [176a].
Questo passo è sostanziosissimo. Troneggia il necesse est dell’ ἀνάγκη (-ης, ἡ /ᾰα/): la necessità di un destino ineluttabile; ma anche la necessità di pena fisica, angoscia, sofferenza, sventura… lo spettro semantico dell’ ἀνάγκη è piuttosto ampio. Il fato è necessitas? Curioso, che ἀναγκαῖον (-ου, τό) sia la prigione ed anche la parte genitale del corpo! Già: ἀναγκαῖος (-α -ον /ᾰα/) è ciò che è urgente e τὰ ἀναγκαῖα sono i “bisogni” corporali: cosa c’è di più urgente? Ma qui urge notare che l’istinto di conservazione (o di sopravvivenza) è in natura quanto di più urgente ci sia: la parentela espressa dall’ ἀναγκαιότης (-ητος, ἡ) rimanda alla latina sudditanza implicita nel sinolo:
- părens (= genitore)
- pārens (= sottomesso)
Una «a» breve piuttosto che lunga fa la differenza dell’identità (!) tra esse e necesse. Siamo tutti soggetti all’essere prima ancora che soggetti dell’essere. La stringa inferenziale della necessità ontologica si dipana così:
- ὑπεναντιολογία (-ας, ἡ) = ὑπεναντίος + λόγος = discorso che è sotto-op-posto
- ὑπεναντίος (-α –ον) = ὑπό + ἐναντίος = sotto-op-posto
- ἐναντίος (-α –ον) = ἐν + ἀντίος = op-posto
e si finisce con l’illazione di ἀντίος (-ία -ίον) = che sta di contro (o di fronte). Protagonista e antagonista della dialettica polemica sono
- τὰ ἀγαθά & τἀγαθά = i beni
- τὰ κακὰ = i mali
Bene e male, tuttavia, non hanno pari opportunità, nel senso che non sono né coetanei né pari grado: il bene viene prima ed è più forte; questo è il dogma della fede prima platonica e poi cristiana. Socrate lo dice chiaramente, nel passo sopraccitato, che i mali non risiedono presso gli dèi: essi abitano solo questo nostro mondo; abitano la terra ma non il cielo. Chissà perché?
Il locus classicus della teologia e della ontologia da Platone in giù, vuole che la nĕcessĭtās dell’ ἀνάγκη sia entrata nel mondo con il “peccato”, per dirla con il catechismo cristiano cattolico: la ἁμαρτία (-ας, ἡ) è errore secondo la filosofia prima di Cristo e peccato secondo la teologia dopo Cristo. In ogni caso, sia la sacra scrittura giudeo-cristiana sia la profana scrittura socratico-platonica difendono a spada tratta la divinità, assolvendola da ogni responsabilità circa l’origine del male, cioè dell’errore e del peccato.
La teodicea platonico-cristiana è ben espressa, per esempio, nella Repubblica di Platone, là dove, nel II libro, Adimanto chiede a Socrate «quali sarebbero i modelli da seguire quando si parla degli dèi» e Socrate risponde che «bisogna sempre rappresentare la divinità qual è veramente» e la divinità «è realmente buona»: ἀγαθὸς ὅ γε θεὸς. Ciò che è realmente è anche veramente, come ben dice l’avverbio ὄντως che vuol dire appunto sia realmente sia veramente: “in realtà” è sinonimo di “in verità”. Vale la pena leggere tutto lo scambio di battute che in tema di teodicea seguono nella Repubblica platonica tra Socrate ed Adimanto a 379b-c:
SOCRATE: «Ora, se la divinità è realmente buona (ἀγαθὸς), non va definita in questi termini?»
ADIMANTO: «Come no?»
SOCRATE: «Ma nulla di ciò che è buono è dannoso (βλαβερόν). O no?»
ADIMANTO: «Mi pare di sì»
SOCRATE: «Quindi ciò che non è dannoso non arreca danno?»
ADIMANTO: «In nessun modo»
SOCRATE: «E ciò che non arreca danno compie qualcosa di male (κακόν τι ποιεῖ)?»
ADIMANTO: «Neanche questo»
SOCRATE: «E ciò che non compie alcun male può essere causa (αἴτιον) di un male?»
ADIMANTO: «E come potrebbe?»
SOCRATE: «Ma ciò che è buono non è forse utile (ὠφέλιμον)?»
ADIMANTO: «Sì»
SOCRATE: «Ed è causa di benessere (ἐυπραγίας)?»
ADIMANTO: «Sì»
SOCRATE: «Dunque ciò che è buono non è la causa di tutto (πάντων αἴτιον), ma è responsabile (αἴτιον) solo del bene, non del male (ἀναίτιον)»
ADIMANTO: «Precisamente», disse.
SOCRATE: «Quindi la divinità», proseguì, «essendo buona, non sarà la causa di tutto, come dice la gente, ma sarà responsabile di poche vicende umane, non di molte, perché i beni che noi possediamo sono molto minori dei mali; e mentre la causa dei beni non va ricondotta ad altri che alla divinità, per i mali si deve ricercare una causa diversa»
Colpisce l’itinerario semantico del sostantivo αἰτία (-ας, ἡ), dal senso fisico di causa al sovrasenso metafisico di responsabilità: il testo greco lo evidenzia nel trapasso continuo di colpevole [αἴτιος (-ία –ιον)] e incolpevole [ἀναίτιος (-ον)]. L’uomo è causa del suo mal, non Dio. Dio causa il bene [τὸ ἀγαθόν] e qualcun altro il male [τὸ κᾰκόν]; dal platonismo di Repubblica 379b-c al cristianismo di Matteo 13:
«Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. 25Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. 26Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. 27Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. 28Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”.
Ἐχθρὸς ἄνθρωπος τοῦτο ἐποίησεν. Inimicus homo hoc fecit. Il nemico in greco è ὁ ἐχθρὸς e in latino ĭnĭmīcus. Dice il testo sacro che cum autem dormirent homines, venit inimicus ejus, et superseminavit zizania: la zizzania [ζιζάνιον (-ου, τό)] è quella che il nemico malvagio sparge per seminare odio nel campo in cui il buon seminatore aveva seminato solo καλὸν σπέρμα: bonum semen.
La ragion pura del dio platonico e cristiano non accetta critiche e imputa ad una ragion impura a Lui del tutto estranea la causa di ciò che non è bene che sia: essere è bene in quanto benessere; del malessere disputandum non est. L’ εὐπρᾱγία (-ας, ἡ) è una azione buona perché ha avuto una buona riuscita e a Dio nessuno se la sente di imputare un qualsiasi fallimento: Lui è l’ εὔπρακτος (= che ha successo) che agisce sempre bene e non sbaglia mai.
Quindi, ciò che dipende da Dio va a buon fine e ciò che dipende dal suo avversario va a… mal fine: l’Inferno è il luogo che raccoglie tutte le azioni finite male insieme a coloro che le hanno agite. Ma, andare a buon fine è solamente “giungere al fine” o “finire”, alfine?
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