CANZONATURA DESISTENZIALE: DEXISTENS CANZONA PAREYSON!
Luigi Pareyson parla di libertà e situazione. Magister Damnatus dice che libertà non è situazione. Libertà è desituazione. Una situazione, dal momento che è già situata, non è già più libera. Ogni situazione esistenziale è sita nel tempo e nello spazio, là dove si è liberi solamente sino a quando nessuna necessità ha ancora deciso l’esistenza di fatto. Se un fatto esistenziale è già stato situato, la sua libertà è solo quella di impedire altre dislocazioni esistenziali, altre situazioni ontologiche: l’esistenza dell’uomo sulla terra non è necessariamente un fatto eterno. Nel libro che Dexistens sta mettendo desistenzialmente in discussione, Ontologia della libertà, si legge che
«la scelta esistenziale, cioè la scelta di sé, coincide senza residuo con la scelta divina, con l’essere scelti da Dio. Nel livello profondo dell’esistenza non v’è né opposizione né separatezza fra lo scegliersi e l’essere scelti; e nell’esperienza religiosa come può esserci dilemma o alternativa fra scelta esistenziale e scelta divina? Nell’esperienza religiosa libertà divina e libertà umana coincidono, e iniziativa divina e iniziativa umana sono così incorporate l’una nell’altra ch’è difficile distinguerle e impossibile separarle».
[Luigi Pareyson: Ontodicea della libertà – Einaudi (Paperbacks Filosofia 253), Torino 1995 – pag. 126]
Poche righe dopo il nostro Luigi cita una frase latina tratta dalle Epistole a Lucilio (107,11,5) di Seneca, il quale a sua volta cita un verso del filosofo stoico Cleante:
«Duc, o parens celsique dominator poli,
Quocumque placuit; nulla parendi mora est.
Adsum inpiger. Fac nolle, comitabor gemens
Maiusque patiar; facere quod licuit bono.
Ducunt volentem fata, nolentem trahunt».
In Ontologia della libertà l’ultimo verso suona: fata volentem ducunt nolentem trahunt. O con le buone o con le cattive, il fato va fatto. Questi versi di Seneca contengono bene quella ambiguità della libertà che spesse volte Pareyson tira in ballo per legittimare l’esistenza. L’Essere è il Duce che conduce con le buone coloro che sono disposti a seguirlo e trascina con le cattive quelli che non vogliono stargli dietro: chi oppone resistenza si fa del male da solo e al dolore già di per sé insito nell’esistenza aggiunge quello della sua stessa resistenza; ricorda un po’ certe torture raffinatissime del passato, questo supplizio esistenziale. Il calice amaro va bevuto fino all’ultima goccia: tanto vale buttarlo già d’un solo fiato senza perdere troppo tempo per cercare di farselo piacere? Amor Dei amor fati?
Appare chiaro, che l’identità assoluta di scegliere ed essere scelto può essere compresa ed accettata solo in un’ottica fideistica; è lo stesso Pareyson a dirlo, che «solo nel riconoscimento puramente religioso dell’arbitrio divino appare che la coincidenza dei due termini è originaria…». In poche parole, noi siamo liberi di scegliere la nostra vita perché libero fu il Dio che ce la impose quando liberamente la scelse per noi, la scelse al posto nostro? Il vostro Profeta, o desistenti, ha più volte canzonato questa ingiuria ontoteologica. Oracolo del Profeta:
Dio chiese all’uomo:
«Quando ponevo le fondamenta della terra, tu dov’eri?
Dimmelo, se sei tanto intelligente!»
L’uomo chiese a Dio:
«Quando ponevi le fondamenta della terra, io dov’ero?
Dimmelo, se sei tanto intelligente!»
Il vostro Profeta, o desistenti, così canzonò desistenzialmente Giobbe 38,4. Se da una parte Dio umilia l’intelligenza dell’uomo ricordandogli che l’uomo non c’era, quando Dio creò la terra, d’altra parte l’uomo desistente fa lo stesso con Dio ricordandoGli appunto che l’uomo non c’era, quando Dio creò la terra; proprio questo non esserci ancora dell’uomo sulla terra, quando la terra fu creata, rende ingiusta ed odiosa la libertà che Dio si prese di creare la terra. Silenzio-assenso? No! Il silenzio dell’uomo è il silenzio di chi non poteva dissentire, il silenzio di chi non essendoci ancora non poteva che tacere. L’uomo così rinfaccia a Dio una libertà che Egli non avrebbe dovuto prendersi. Chi tace acconsente solo se è in grado di parlare, ma il silenzio dell’uomo ai tempi in cui Dio creò la terra fu il silenzio forzato di un essere senza parola. La Parola di Dio creò quando ancora il creato non aveva voce in capitolo. Oracolo del Profeta: la mia parola contro la tua – disse Dexistens. Quel ciarlatano di Agostino predicò nei Sermones ad populum (CLXIX, n. 13):
Qui fecit te
sine te,
non te iustificat
sine te.
Qui creavit te
sine te,
non salvabit te
sine te.
Ammettiamo per un momento che esista un Dio e che questo Dio abbia creato l’uomo: resta fermo che l’uomo non c’era ancora, prima che Dio lo creasse. Ha poco da fare il gradasso col povero Giobbe, quel Dio megalomane dell’Antico Testamento: Egli crea lui senza di Lui e solo per questo pretende che stia zitto? Egli crea la nostra esistenza senza di noi e noi non possiamo salvarci dalla nostra esistenza senza di Lui? Ma vaffanculo! Noi possiamo eccome salvarci senza di Lui! Basta che facciamo nostra la canzonatura del Profeta della Desistenza:
Il fatto che Lui abbia fatto me senza me
non significa che io possa fare altrettanto:
Lui ha creato le sue creature
senza le Sue creature?
Noi non procreeremo le nostre creature
senza le nostre creature!
Che Lui lo voglia oppure no.
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@ILLUS. by MAGUDA FLAZZIDE feat. JOHNNY PARADISE SWAGGER, 2020