MEONTOLOGIA DELLA LIBERTÀ (terza lezione) III, 6

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Se Dio è Atto puro, e lo è, così come lo dogmatizza san Tommaso d’Aquino, padre di tutti i catechisti, in Lui niente è Potenza, nulla è Possibile, perché tutto è sempre e per sempre attuato; se in un Atto puro fosse possibile considerare la presenza di una Potenza inattuata, subito cadrebbe la dignità di Atto puro, da che quella Potenza si realizza, si attua, com’è nel DNA dell’Atto puro. Come una minuscola crepa in una diga può far crollare tutto, così una minima possibilità di Potenza sita fuori dell’Onnipotenza attuale di Dio potrebbe, prima o poi, mandare tutto all’aria, cioè compromettere la buona infinità di quell’Atto. La teodicea come sforzo inaudito di difendere Dio da qualunque critica che possa comprometterlo ha in Luigi Pareyson uno strenuo paladino; sentite cosa tira fuori: «Se la scelta di Dio fosse stata una scelta negativa, non ci sarebbe stato un ‘Dio cattivo’: non ci sarebbe stato niente, cioè Dio non sarebbe venuto all’essere, non ci sarebbe stato Dio, ci sarebbe stata l’inesistenza di Dio (il Dio cattivo è l’inesistenza di Dio)». E allora lo vedete, che Dio non può scegliere? Non può scegliere come può scegliere l’uomo? Dio non ha scelta: deve Essere quello che è. Luigione, se dici che un Dio cattivo è la stessa sua inesistenza, fantastichi di un Dio che non potrebbe mai esistere nei termini del Catechismo della Chiesa Cattolica. Se scegliere il Male mette a rischio l’Esistenza stessa, allora come si può immaginare un Dio che sceglie il Male? Il Profeta l’ha detto chiaramente: solo se in Dio Essenza ed Esistenza non fossero la stessa cosa, Egli potrebbe correre il rischio di scegliere il Male come Essere esistente; ma Dio è esistente in quanto è essente, e quindi mai e poi mai Egli potrebbe rischiare di scegliere il Male: come Esistente che è, come esssere essente al di là della sua esistenza, Egli non può che scegliere il Bene, e se non può che scegliere il Bene non è in realtà veramente libero di scegliere il Male come può esserlo un essere che è esistente perché è stato creato, cioè come noi umani. Il Profeta ha sferrato un colpo mortale, al dubbio teologico di Luigino: il dubbio che Dio abbia potuto scegliere il Male; ‘abbia potuto’: in questa espressione verbale si può ravvisare un “perfetto” latinamente compiuto; ma il condizionale è fuori luogo. L’esistenzialismo, è noto, appiattisce ogni azione sul presente: è inutile chiedersi cosa uno avrebbe o non avrebbe fatto, perché, ciò che conta è solo e solamente ciò che egli ha fatto, quando l’ha fatto. Non c’è un’essenza che ci precede prima che noi si scelga quello che scegliamo.
Traggo da L’être et le néant di Jean-Paul Sartre questa domanda retoricamente scontata sita nella Introduction: L’être de l’apparition c’est son apparaître? Nell’Introduzione a L’essere e il nulla, Sartre dice che «La coscienza è coscienza di qualche cosa; ciò significa che la trascendenza è struttura costitutiva della coscienza, cioè la coscienza nasce rivolta a un essere che non è essa», La conscience est conscience de quelque chose: cela signifie que la transcendence est structure constitutive de la conscience; c’est-à-dire que la conscience naît portée sur un être qui n’est pas elle. L’esistenzialismo azzera la distanza fra Essere ed Esistenza, così come la teologia cattocristiana lo azzera quando parla del suo Dio; l’azzeramento schiaccia nella simultaneità anche le due facce della scelta riducendo la libertà a un atto che non ha precedenti, non ha antefatti: se uno sceglie il bene ha scelto il bene ed è vano stare a disquisire su cosa sarebbe stato se avesse scelto il male. Esistenzialmente, non c’è un Essere-Bene e un Essere-Male al di là della scelta: nell’istante stesso in cui un essere libero sceglie l’uno o l’altro, immediatamente cosa non ha scelto non è, semplicemente non è.
«Fenomeno è ciò che si manifesta», Le phénomène est ce qui se manifeste, scrisse Sartre all’inizio del secondo paragrafo della Introduzione a L’essere e il nulla trattando Il fenomeno dell’essere e l’essere del fenomeno. Sartre nota giustamente che il primato dell’essenza, rispetto all’esistenza, non può che essere dogmaticamente ineludibile solamente se si crede a un Dio creatore, il quale avendo in “testa” il concetto puro di uomo, crea gli uomini secondo questo paradigma; le creature sarebbero così, esistenzialmente, il progetto – der Entwurf – ontologicamente gettato nel getto – der Wurf – del loro Creatore. Il progettare di entwerfen si coniuga con il gettare di werfen solo nella poiesi creaturale di un Demiurgo divino. Il concetto del progetto che funge da modello esemplare per la produzione quasi artigianale della creazione è «una preliminare tecnica di produzione»: une technique de production préalable. Qui Sartre non perde l’occasione per lanciare la solita frecciatina sinistroide al sistema capitalistico tecnocratico, la cui catena di produzione procedente dal capitalista-(pro)getto al proletario-(og)getto ricalca quella discendente dal Creatore-Padre-Padrone alla creatura-figlio-schiavo. Ma, l’esistenzialismo ateo rappresentato da Sartre sostiene che «se Dio non esiste c’è almeno un essere in cui l’esistenza precede l’essenza, un essere che esiste prima di poter essere definito da alcun concetto: quest’essere è l’uomo»: si Dieu n’existe pas, il y a au moins un être chez qui l’existence précède l’essence, un être qui existe avant de pouvoir être défini par aucun concept et que cet être c’est l’homme.
Insomma, prima di esistere – dice Sartre – l’essere umano semplicemente non è: il suo essere non esiste, prima di esistere; così come, dunque, la sua sostanza individuale non esiste prima della propria essenza universale. «Così non c’è una natura umana, poiché non c’è un Dio che la concepisca»: Ainsi, il n’y a pas de nature humaine, puisqu’il n’y a pas de Dieu pour la concevoir. Solo un Dio potrebbe essere prima di esistere, perché il suo exsisto deriverebbe dal suo stesso sisto, laonde per cui solo Lui potrebbe dire: exsisto ergo sisto. Se l’essenza è, aristotelicamente, quod quid erat esse, esistenzialmente essa è quod quid erit esse: ciò che sarà essere; «l’uomo non è altro che ciò che si fa»: l’homme n’est rien d’autre que ce qu’il se fait.
«L’uomo si fa; non è qualcosa di bell’e fatto in partenza; egli si fa scegliendo la propria morale, e la pressione delle circostanze è tale che non può non sceglierne una. Noi non definiamo l’uomo che in relazione a un impegno», L’homme se fait; il n’est pas tout fait d’abord, il se fait en choisissant sa morale, et la pression de circonstances est telle qu’il ne peut pas ne pas en choisir une. Nous ne définissons l’homme que par rapport à un engagement.
Gli esistenzialisti dicono che «l’uomo si sceglie», l’homme se choisit, ma i desistenzialisti ribattono che l’uomo non si sceglie nella opzione fondamentale che primariamente sta a monte di ogni scelta: la nascita. Quindi, se da una parte «ciascuno di noi, scegliendosi, sceglie per tutti gli uomini», en se choisissant il choisit tous les hommes, dall’altra, ciascuno dei due genitori, scegliendo di procreare, sceglie per tutti i figli che genera.
Dati tutti questi presupposti esistenziali, non stupisce che Lugi Pareyson abbia potuto concepire per il suo Dio un’ontoteologia della libertà viziata da un vizio di forma sostanziale. «E se l’uomo avesse scelto il bene? Anche in questo caso, cosa possiamo dire? È inutile attardarsi a esaminare che cosa ne sarebbe potuto conseguire, perché prima di tutto non ci sarebbe stata storia: la storia è nata con la caduta». Su questo Luigione segue il Catechismo pedissequamente. Purtroppo, la teoria cattocristiana spiega il Male e la Morte nel mondo come effetto del Peccato originale, che è l’atto con il quale l’ermeneutica del mito edenico dice che Eva scelse il Male e lo fece scegliere anche al suo partner Adamo: il Male, le sue Malattie, ogni forma di Ontalgia e infine la Morte, sono conseguenze di quel Peccato detto originale in quanto origine di tutti i mali. Certo che, però, dire che la nostra storia è cominciata con una caduta, è a dir poco opprimente, deprimente. Bisogna presupporre un essere umano creato senza peccato, poi farlo peccare con una volontà malcerta, gettarlo su questa terra e, nella peggiore delle ipotesi, una volta morto mandarlo anche all’Inferno qualora la Grazia divina non sia stata adeguatamente usata per salvarsi.
Coerentemente con la sua vocazione filosoficamente esistenzialista, Pareyson non avrebbe dovuto poter accettare, nemmeno in sede teologica od ontoteologica, la natura di un essere umano ancora immune dal Peccato, come fu l’Uomo edenico prima che la Donna gli desse da mangiare la Mela del Male: il n’y a pas de nature humaine, puisqu’il n’y a pas de Dieu pour la concevoir. Due nature ? Una natura prima del Peccato ed un’altra dopo ? Esistenzialisticamente questo non regge: non può darsi una natura umana pura ed una macchiata, una in grazia di Dio ed una in sua disgrazia, pena il decadere del credo esistenzialista, il quale ultimo rifiuta rigorosamente ogni apriorismo, sia esso un Essere non ancora esistente oppure un uomo non ancora peccatore. E invece «la libertà è insieme potere di originazione (e quindi inizio assoluto), e scelta negativa o positiva, e questo in assoluto, ovunque c’è libertà», dice Pareyson. Detto così, siccome le conseguenze della prima scelta, quella del Male della Mela, sono a tutt’oggi la causa della nostra esistenza, almeno secondo il catechismo cattocristiano, la nostra esistenza è il frutto di una scelta relativa a uno stato che non è più il nostro: la scelta fatta in un primo stato determina le scelte che facciamo in questo secondo stato? L’homme se fait; il n’est pas tout fait d’abord… ?
Nell’ultima parte della sua terza lezione di Onto(te)ologia della libertà Pareyson si lancia in divagazioni teologiche letteralmente a rischio Inquisizione: ivi si dice che il Male, di cui l’essere umano s’è ammalato peccando, non può essere qualcosa che s’è inventato lui. «Bisogna che l’uomo abbia trovato l’idea del male, uno spunto di male, e che lo consideri come una possibilità da tradurre in realtà. E dove l’ha potuta trovare, questa possibilità? Cosa c’è prima dell’uomo? Non c’è che il suo creatore, cioè Dio. Non ha potuto trovarla se non in Dio». Attenzione, pericolo di eresia! Sarebbe lo stesso Creatore ad aver messo la “pulce” nell’orecchio alle sue due creature migliori? Il Male, dice il buon Luigi, per poter essere scelto doveva già far parte delle opzioni in lizza: se non ci fosse stato, nemmeno avrebbe potuto essere scelto; il che non fa una piega. Peccato che, per poter dire che il Male non l’ha creato l’Uomo bisogna dover dire che l’ha creato Dio, e questo non è bene.
L’uomo si sceglie, dice il portavoce dell’esistenzialismo, Sartre, l’homme se choisit, e il suo seguace Pareyson dice adunque che Dieu se choisit: Dio si sceglie, ha scelto di essere com’è, perché, se non avesse potuto scegliere, nemmeno avrebbe potuto esercitare la Sua Libertà, e di Lui si sarebbe potuto pensare che non è Libero. François Varillon, gesuita e scrittore francese (1905-1978) disse infatti Dieu se choisit: il n’est pas ce qu’il est, il est ce qu’il veut. Dio si sceglie: egli non è ciò che è, egli è ciò che vuole. La sottolineatura della scelta, la salvaguardia della libera iniziativa riportano Varillon nell’alveo di quei pensatori esistenzialisti che devono per forza presupporre un’Alternativa che consenta la possibiltà di scelta; Dio non deve fare eccezione. Ma se Dio non fa eccezione, Dio essendo eterno è sempre costretto ad eternare la propria scelta del Bene, e questo è l’unico vantaggio che Egli ha sull’uomo; il quale ultimo, invece, dovrebbe sempre poter riaffermare la propria scelta, per poter essere coerente, sempre uguale a se stesso. Perché l’uomo non si sceglie mai allo stesso modo? Perché la sua volontà non è come quella di Dio: perfetta; la Volontà perfetta di un Essere che è Bene non può che tendere al Bene; la Libertà di un Essere-perfettamente-Bene è una Libertà che in fondo non viene mai esercitata sul serio. Affinché la libertà possa dirsi tale occorre un’alternativa sufficientemente appetibile, desiderabile al punto di diventare una tentazione degna di tal nome: se l’alternativa del Bene è il Male, e se un Essere è Bene assoluto, come potrebbe questo Essere essere veramente tentato dal Male? Perché ci sia esercizio della libertà ci vogliono due possibilità attraenti almeno allo stesso modo: la libertà di scelta deve essere sofferta, indecisa, travagliata, altrimenti tutto converge a senso unico verso una sola scelta optata senza difficoltà. Che merito c’è, a scegliere ciò che non si può non scegliere? Considerando la questione da un punto di vista meritocratico, certo questo Dio pareysoniano sarà anche libero, ma non ha nessun merito: non Gli è costato niente, scegliere il Bene e non il Male, scegliere di Essere di contro al Nonessere. Può, una scelta, considerarsi libera senza merito? Una libertà che non può nemmeno entrare nel merito della scelta non è meritata!
In Romani 7,15-20 Paolo di Tarso lamenta di conoscere il Bene ma di non riuscire sempre a farlo:
Non riesco a capire ciò che faccio: infatti io faccio non quello che voglio, ma quello che detesto. Ora, se faccio quello che non voglio, riconosco che la Legge è buona; quindi non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene: in me c’è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me.
Potrebbe Dio non compiere il Bene che vuole compiere, per fare il Male che non vuole fare? No! Non lo potrebbe mai, per forza di cose. Paolo, constatando sconcertato la sua incapacità di fare ciò che vorrebbe, conclude fatalisticamente che ciò che gli fa compiere il Male è il Peccato. CATECHISMO MAGGIORE:
945. Quante sorta di peccati vi sono?
Vi sono due sorta di peccati: il peccato originale ed il peccato attuale.
- Qual’è il peccato originale?
Il peccato originale è quello col quale tutti nasciamo, e che abbiamo contratto per la disubbidienza del nostro primo padre Adamo.
- Quali danni ci ha cagionati il peccato di Adamo?
I danni dei peccato di Adamo sono: la privazione della grazia, la perdita del paradiso, l’ignoranza, l’inclinazione al male, la morte e tutte le altre miserie.
- Come si cancella il peccato originale?
Il peccato originale si cancella col santo Battesimo.
- Qual’è il peccato attuale?
Il peccato attuale è quello che l’uomo, arrivato all’uso della ragione, commette con la sua libera volontà.
- Quante sorta di peccato attuale vi sono?
Vi sono due sorta di peccato attuale: il mortale ed il veniale.
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@ILLUS. by JOHNNY PARADISE SWAGGER, 2020
MEONTOLOGIA DELLA LIBERTÀ – SLIM EDITION
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